Svizzero, no, gianduiotto senza latte come si fa a Torino dal 1806
Chi avrà la meglio nella disputa dolce-amara del gianduiotto?
Lindt, la multinazionale svizzera del cioccolato che controlla Caffarel di Luserna San Giovanni, storico produttore del cioccolatino piemontese, ha dichiarato guerra alla ricetta tradizionale del gianduiotto. Gli svizzeri chiedono a gran voce l’aggiunta del latte.
Il motivo per cui Lindt, attraverso Caffarel, si oppone al riconoscimento di Indicazione geografica protetta (Igp) per il gianduiotto piemontese non è chiaro.
Il gianduiotto con il latte in polvere come lo vuole Caffarel
La multinazionale svizzera contesta il nome, “gianduiotto di Torino”, e gli ingredienti, chiedendo l’introduzione del latte in polvere oltre a un passaggio dal 30 al 26% della percentuale di nocciola.
La richiesta di Lindt è stata respinta dagli altri produttori italiani, come Ferrero, Venchi, Domori. Secondo i quali il vero gianduiotto è fatto solo con i tre ingredienti della ricetta originale: nocciola, zucchero e massa di cacao.
Il latte, infatti, è solo un’aggiunta della produzione industriale di massa, che altera il sapore e la consistenza del gianduiotto.
Ciò che sappiamo con certezza, e che assicura la primogenitura piemontese del gianduiotto, è la sua data di nascita.
Una dolce storia d’amore con Torino
Il gianduiotto, con il suo impasto delizioso e inconfondibile, nasce nel lontano 1806. Quando i cioccolatieri torinesi sostituiscono il cacao, reso raro e costoso dal blocco continentale di Napoleone, con la nocciola tonda gentile delle Langhe.
La forma è caratteristica, a barchetta rovesciata, lo avvolge una carta dorata o argentata. Il sapore è inconfondibile grazie al perfetto equilibrio tra dolcezza e astringenza. Quando si scioglie in bocca, il gianduiotto lascia un retrogusto persistente e piacevole.
Il nuovo cioccolatino viene presentato al pubblico nel 1865, durante il Carnevale di Torino, dalla maschera Gianduja, che da lui prende il nome.
Distribuendo per le strade della città i nuovi cioccolatini, Gianduja conquistò il favore della gente, che da quel momento in poi chiamò i cioccolatini gianduiotti.
Da allora, il gianduiotto è diventato uno dei cioccolatini più amati in Italia e nel mondo, e ha dato origine a numerosi prodotti derivati, come la crema spalmabile e il gelato.
La battaglia del gianduiotto tra Italia e Svizzera non è dunque una semplice questione di qualità. Anche di identità.
Tutti sono coinvolti, non solo le aziende dolciarie, anche i consumatori e le istituzioni.
Il gianduiotto di Torino Igp
Il Comitato del Gianduiotto di Torino Igp è nato nel 2017 per chiedere il riconoscimento europeo Igp del Gianduiotto di Torino.
Nel 2022 I presidenti, Giorgio e Bruna Peyrano, oltre a Guido Castagna, tutti noti maestri cioccolatieri piemontesi, hanno presentato la proposta di disciplinare.
Con l’approvazione di Regione Piemonte, ministero delle politiche agricole e Commissione Ue, il vaticinio di quattro facoltà universitarie e il sostegno di aziende quali Ferrero, Venchi, Domori e Pastiglie Leone, ma anche di esponenti del migliore cioccolato artigianale italiano come Guido Gobino.
Nessuno si è opposto alle proposte del disciplinare tranne Caffarel – Lindt.
Per quale motivo si dovrebbe dare la possibilità al gruppo svizzero di far naufragare il progetto dell’Igp per il gianduiotto, che oggi vale 200 milioni di euro all’anno?
Poi, oltre a quello economico, il gianduiotto ha anche un valore identitario che merita di essere tutelato.
Come diceva il poeta Cesare Pavese, “il cioccolato in Piemonte è una cosa seria”.