Giardino di Giada, vero ristorante cinese a Milano: è buono e costa poco
Sono stati i cinesi a cominciare. “Che cosa?” direte voi maliziosi. Ma la tradizione delle cucine orientali qui da noi, dài! A Milano, i primi ristoranti cinesi veri, con cucina cantonese e imperiale, sono apparsi poco prima o poco dopo gli anni ‘70. Come il Giardino di Giada di cui stiamo per dirvi, giacché con Emanuele Bonati siamo andati a cenare cinese.
Questi primi locali avevano nomi in italiano, poetici e un po’ naïf – quanti di voi si ricordano La Muraglia? La Pagoda? Molti sono spariti, riconvertiti e fusi in altre cucine e direzioni creative o lucrative.
Cucine orientali. Mode che vanno, vengono, tornano
Tutti abbiamo fatti in tempo a imparare voci come “nuvole di gamberi” “involtini primavera” o “anatra laccata”. Poi, chiosa Emanuele, “C’è stato un momento in cui il ristorante cinese diciamo tradizionale aveva perso il suo appeal. Si era quasi cristallizzato in piatti di maniera, gli involtini primavera, il pollo con le mandorle, il maiale in agrodolce. Standard ‘facili’, occidentalizzati quasi, accessibili a poco prezzo, di una cucina ben più ricca e complessa.
Solo negli ultimi anni si è andati alla ricerca di una cucina diversa, che da una parte puntasse alla scoperta delle cucina regionali, dall’altra esplorasse le possibilità del fine dining“.
La cena cinese comme il faut al Giardino di Giada è stata dunque un po’ per nostalgia e un po’ per curiosità e ha avuto questi personaggi e interpreti.
Chi scrive aka Daniela Ferrando, Emanuele Bonati e Gigi Chin, che gestisce il ristorante in questione, figlio e nipote d’arte, una laurea in ingegneria con indirizzo in sostenibilità e una specializzazione alla Tsinghua University di Pechino. Più, dietro le quinte, lo chef Zhao, erede del precedente chef Dong che per 25 anni ha firmato i sapori del Giardino di Giada.
Dal 1980 all’ombra della Madonnina
Via Palazzo Reale 5 è l’indirizzo, praticamente dietro il Duomo, vetrine su strada, un dehors per la bella stagione e comunque un interno disposto su tre livelli. 110 i posti, attualmente ridotti a 60 causa pandemia.
È amato dagli italiani, dagli stranieri e da una solida clientela cinese, habituée di questo locale storico. Certo l’ubicazione lo facilita.
Accanto c’è un locale spin-off, gestito dalla sorella di Gigi, che Emanuele ha incidentalmente conosciuto: “Meno male che sono di famiglia: quando sono entrato, sbagliando clamorosamente, mi ha gentilmente indirizzato verso l’insegna a fianco”.
La proprietaria, madre dei due ragazzi, è nota a tutti i clienti come Carmen fin dal 1980, anno in cui il Giardino di Giada nasce, figlio del ristorante di famiglia, La Muraglia, già nel 1976 a Milano come primo locale di cinesi provenienti dalla Cina continentale con tipici menu cinesi.
Menu cinese: due cose da sapere
A proposito di menu, Gigi Chin ci ha detto un paio di cose che noi non sapevamo – forse neanche voi.
Che per esempio il bao in un menu pranzo-cena è un po’ un corpo estraneo: “Sarebbe come mettere in carta una brioche” ha spiegato. D’altronde, il bao piace. Agli italiani, ai milanesi. Ai clienti di Gigi. Il bao è un attrattore. Infatti ha rilievo nel menu, e così sia.
Che le grappe cinesi sono bevute durante il pasto e non in chiusura, come facciamo noi.
La nostra cena cinese al Giardino di Giada
Solita cena cinese? No. Tradizionale, ma con qualche differenza ben consigliata. Che ha fatto la differenza. E il bisticcio di parole è voluto.
Premessa che è anche un consiglio: noi abbiamo cenato al Giardino di Giada rigorosamente usando le bacchette. Che, se ci pensate bene, è anche un accorgimento per non divorare tutto senza nemmeno gustare. A meno che non siate allenatissimi, le bacchette impongono un diverso approccio al cibo – più attento e minuzioso, con tempi più dilatati.
E via allora con ravioli al vapore assortiti – rispettivamente ripieni di verdure, carne, gamberi – belli panciuti e sottili, ben accompagnati da salsa di soia all’aceto.
Broccoli saltati. Croccanti, perfetti, superabbondanti e con un pizzico di aglio. Li ho amati talmente che sono venuti a casa con me in una doggy bag.
Riso cantonese. “Cosa c’è di più classico, e abusato? Qui lo chef del Giardino di Giada riesce a far perdere ogni sentore di già visto o già mangiato, rinfrescandone quasi la classicità”. Qui Emanuele mi è diventato quasi lirico…
Seguito dalla Pancetta stufata con verdure essiccate in scodella. “Ottimo piatto, che ho dovuto finire, visto che – grazie al cielo – le carni non sono propriamente nelle corde di Daniela”.
Ci siamo divisi invece il branzino al vapore in salsa di soia, con zenzero e cipollotti – un piatto leggero, cavallo di battaglia del locale, richiestissimo. Con lo zenzero tagliato fine, finissimo “come dei capelli” ha sintetizzato Gigi. Immagine che mi è piaciuta tantissimo.
Gamberoni con pepe selvatico. Davvero –ONI. Commenta Emanuele «In che senso? Di gamber-ONI o di bu-ONI bu-ONI? (PS purtroppo i gamber-ONI sono davvero nelle corde di Daniela…)» che però ha avuto il dessert tutto per sé.
Quale dessert? Gelato alla crema fritto, vero piatto-nostalgia, che ricorda e conclude la tipica esperienza del ristorante cinese a uso dei non cinesi. I cinesi, nel caso, consumano zuppettine dolci.
Uno sguardo al menu del Giardino di Giada
Il menu del Giardino di Giada spazia da portate semplici, come il branzino al vapore, fino ai piatti della cucina imperiale come l’anatra alla pechinese o le numerose pietanze piccanti sapientemente proposte dallo chef.
Gigi ha un piatto preferito, che fa da signature dish del locale in qualche modo: è il galletto croccante della foto sopra. Non è facile far passare il messaggio che la cucina imperiale può anche essere semplice. Ma di quella semplicità nobile, artistica, dico io.
Qui di seguito, invece, il commento-suggerimento di Emanuele:
“Il menu è sufficientemente ampio e variegato. Una summa della cucina cinese, come detto. È il pregio maggiore del Giardino di Giada, la sicurezza della classicità e della tradizione. Una conferma: avevo già assaggiato alcuni dei loro piatti in versione delivery (NdR: disponibile sulle piattaforme Mymenu, Deliveroo e GuuaNow), e li ho per così dire ‘riconosciuti’. Ma è anche il loro, piccolo, difetto: l’idea di già visto e mangiato. Difetto che può frenare chi non conosce il Giardino di Giada: ma vale la pena di provarlo, prima di dire ‘non mi ispira’. È il corrispondente cinese della cucina di casa nostra, quella che ti piace proprio perché è così, perfetta nella sua costanza, della quale ti viene voglia così, all’improvviso.
Proprio per questo, mi chiedo se potrebbe essere il caso di arrischiare qualche cauta ‘innovazione’ nella carta, o meno – due o tre piatti con una patina gourmet. Potrebbero forse attirare un pubblico nuovo, abituato al fine dining. Ma sarebbe davvero necessario”?
Sì, ma quanto si spende al Giardino di Giada?
Per capire come e quanto si spende da Gigi, basti dire che lo scontrino medio, vini esclusi, del Giardino di Giada è sui 15-20 € a pranzo e sui 30-35 € a cena: cifre molto benvenute per mangiare con soddisfazione.
I menu speciali per le ricorrenze sono molto attesi dalla clientela, come per esempio i menu per il Capodanno cinese o per la festa della Luna. Molto richiesti sono anche tavoli per feste di famiglia. Per momenti felici.
E, a proposito di felicità: da ragazzo, Gigi credeva che il lavoro più bello del mondo fosse il gelatiere, perché con i tuoi gelati puoi rendere felici le persone. Poi crescendo ha capito che anche avere un bel ristorante affermato e longevo non è mica male.
Giardino di Giada. Via Palazzo Reale, 5. Milano. Tel +39028053891
[Immagini: iPhone di Daniela, ufficio stampa Giardino di Giada]