2016, l’anno in cui Davide Scabin perse una stella Michelin e molti la testa
In principio fu #JeSuisCharlie un grido in difesa della libertà di stampa lanciato per primo dal giornalista francese Joachim Roncin -all’indomani dell’attentato terroristico alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo- e dal suo account cinguettante retwittato praticamente all’infinito (oltre 5 milioni di volte) in ogni angolo del mondo.
Oggi, rapidamente dimenticate le vittime della libertà d’espressione, c’è un altro hastag che impazza nel web #JeSuisScabin.
Eccolo, per la gioia degli internauti più determinati e battaglieri: un grido in solidarietà di un’altra vittima, caduta per mano degli ispettori della più temuta delle guide gastronomiche, la Michelin.
Si tratta di Davide Scabin, fascinoso padrone di casa del Combal.Zero, che invece di vedersi appuntare in petto una nuova stella, se n’è vista addirittura tagliare via una, andando, di fatto, ad ingrossare le fila di quell’esercito di monostellati (circa 300) che pure tanta gioia regalano agli italici palati.
Voci non confermate dicono che la decisione dei rossissimi ispettori sia da riferirsi al debito che lo chef ha con la proprietà del ristorante (oltre 200.000 euro) e nulla abbia a che vedere con fassona al camino o lasagne spaziali.
Ma quale che sia la ragione di tale inammissibile declassamento (ecco, appunto, qual è?), il popolo della rete ha deciso di stringersi a coorte intorno ad un deluso ma non vinto Scabin, e lanciare un hashtag che, con tutto il rispetto per il talentuoso chef, è abbastanza imbarazzante, ma soprattutto è vergognosamente irrispettoso per le vittime dell’attentato parigino. Un hashtag che racconta tutta la mediocrità di un popolo social che, parafrasando un vecchio proverbio, ‘attacca l’hashtag dove va il padrone’.
Dalle Alpi alle Piramidi è tutto un #JeSuisScabin, contro la violenza perpetrata ai danni di un maestro della cucina italiana, a lanciarlo un maitre à penser della nostra gastronomia, Bob Noto, trasformatosi in una manciata di minuti da pregiato foto-giornalista a pastore di un popolo bovino che parla di lobby, complotti, gastromafie, invocando che giustizia –social- sia fatta, con gli stessi strumenti utilizzati lo scorso 7 gennaio, quando a mietere vittime, morti veri, erano i terroristi e non gli ispettori della guida Michelin.
Nulla contro il maestro piemontese –al cui ristorante pure ho mangiato annegando nel fascino del Cyber Egg già nel 2008, – penso però che forse, prima di ingaggiare la guerra dei cancelletti un paio di domande bisognerebbe farsele.
Voi che ne dite?