Ho assaggiato la pizza Deep Dish Chicago Style a Milano
Arriva in Italia, per la prima volta, la Deep Dish Chicago Style Pizza, direttamente dal Mid-West degli Stati Uniti sulle tavole di Hamerica’s.
Nata a Chicago attorno alla metà del secolo scorso, è una specie di pizza dal bordo alto. Viene cotta in una teglia profonda (deep), praticamente una tortiera tonda e alta.
Ir-responsabile dell’importazione, Ivan Totaro, ovvero Hamerica’s, catena di fast food all’americana: hamburger e altro, compresa la pizza Chicago Style. Le pizze per tutta Italia vengono prodotte in un laboratorio centrale a Cremona, che si occupa anche della preparazione dei bun, i panini per gli hamburger.
Disclaimer: cosa non è la Deep Dish Chicago Style Pizza
- Non si tratta di una pizza margherita
- Nemmeno napoletana
- Né campana
- Ovviamente, non è neanche una pizza italiana – lo dice il nome, “Chicago Style”, preparata secondo lo stile di Chicago (Illinois, USA)
- Si tratta di una pizza diversa da quella New York Style, sottile, e da quella si San Francisco, cotta nel forno a legna
- Anche se ha un bordo estremamente pronunciato, non è una pizza col cornicione
- È nata a metà Novecento, quindi non è una pizza contemporanea
- Al più, potremmo definirla moderna, ma non siamo sicuri che sia la definizione giusta
- Nonostante le apparenze, non è una pizza gender
- Per i più palatalmente avvertiti: non è una quiche
- Mettiamola così: a rigor di logica, è una specie di torta salata, alta, fatta con una base di pasta tipo brisée
Che cos’è allora la pizza Deep Dish?
È una variante della pizza classica – quella portata in America dagli immigrati italiani fra Ottocento e Novecento. Anzi, precisiamolo – dagli immigrati Napoletani. Per strada si è un po’ “imbastardita”, perdendo il tradizionale impasto napoletano.
Nata a Chicago, è diventata una specialità tipica della cucina del Midwest statunitense. Tanto da convincere molti Americani che la pizza sia “cosa loro”, inventata lì a Chicago. Un po’ come il telefono, inventato da Antonio Meucci ma brevettato da Graham Bell.
Comunque, la nascita della pizza Chicago Style è avvolta nelle nebbie che spesso accompagnano la nascita di un piatto.
L’ipotesi più accreditata sembrerebbe quella secondo la quale la pizza deep-dish style nasce nel 1943 alla Pizzeria Uno di Chicago. L’idea dei fondatori di Uno, Ike Sewell e Ric Riccardo, era quella di creare una versione italo-americana della pizza. Tuttavia, un articolo del 1956 del Chicago Daily News afferma che a sviluppare la ricetta sia stato il pizzaiolo originale di Uno, Rudy Malnati. Comunque, Uno resta accreditato come la casa originaria della pizza Chicago Style; in seguito ha aperto una nuova pizzeria, Due. Oggi la catena conta 200 locali nel mondo, e la sede originaria è diventata una vera e propria meta turistica, con code e tutto quanto.
Da ultimo, Michele Mohr del Chicago Tribune riferisce che la pizza deep fried style era presente nel menu del Rosati’s Authentic Chicago Pizza dall’apertura, nel 1926. Ma ci sono molte altre pizzerie che rivendicano la paternità o l’originalità della ricetta. E le pizzerie che propongono la Deep Dish Chicago Style Pizza in città sono oltre 2000.
Con tutte le possibili varianti di topping – le pizzerie italiane insegnano. E – sì, c’è anche la variante ananas: ho trovato la foto di questa pizza Chicago Style eccetera “Ham&Pineapple” surgelata.
La pizza Chicago Style di Hamerica’s: l’assaggio
Assaggio in anteprima milanese (a Roma l’hanno presentata ieri, 7 marzo) di questa torta-pizza Chicago Style da Hamerica’s in corso di Porta Ticinese a Milano. Invitato da Ivan Totaro, che mi ha accompagnato alla scoperta di questa nuova aggiunta al menu del locale con Antonio Villani, Executive Chef e Responsabile F&B di Hamerica’s. I loro locali sono ormai 30, sparsi un po’ in tutta Italia.
La pizza sarà in vendita dal 9 marzo, in edizione limitata e fino al 28 marzo – e comunque fino a esaurimento.
La ricetta nasce dopo innumerevoli soggiorni e assaggi a Chicago di Ivan e dei suoi collaboratori. Per arrivare alla versione definitiva, che ho assaggiato io, ci sono volute 25 diverse ricette.
Quindi: una base di pasta brisée, con burro nell’impasto. Un ripieno di mozzarella, salsa di pomodoro, salsiccia e salame leggermente piccante (il pepperoni che tanto confonde e turba noi italiani).Spezie (origano…). In pratica, una torta salata, alta, che ricorda la pizza nella colorazione e grazie alla mozzarella filante.
Sembra piuttosto semplice, no? Vi confermiamo che lo è: Scatti di Gusto ci ha già proposto la versione Deep Dish della pizza Chicago Style con parmigiana di melanzane. Creata per Eataly Chicago da Davide Civitiello con Antonio Sorrentino, la ricetta è una variante sulla classica pizza di Chicago.
Il gusto? Buono, mi è piaciuta. Si tratta di un prodotto ben fatto, piacevole anche se non ha ingredienti particolarmente ricercati e “fighetti” (che sarebbero probabilmente fuoriposto). Il primo impatto è positivo, il profumo e l’aspetto sono gradevoli. Tagliandola, incontro qualche resistenza nel cornicione, com’è ovvio.
L’interno, con la mozzarella filante e tutto quanto, visivamente è un po’ un pasticcio, un po’ un pastrocchio. Ma all’assaggio tutto si combina al meglio.
Ecco, se proprio devo dire qualcosa, avrei preferito un po’ più di salsa di pomodoro, e magari leggermente più saporita.
Le dimensioni sono ridotte rispetto all’originale americano; il prezzo, 15,90 €.
Hamerica’s: una catena italiana di cucina americana
La catena Hamerica’s è nata un po’ per caso, partendo dall’idea di portare la cucina italiana a New York – idea presto trasformatasi in quella di importare da noi la cucina americana. Dalle hamburgerie 202 e 212, alla fusione nel marchio Hamerica’s, è una storia di successi. Partiti dall’idea, appunto, di far conoscere la “vera” cucina degli Stati Uniti: hamburger, barbeque, pizza Chicago Style.
Quindi? Benvenuta pizza Deep Dish secondo il Chicago Style. E prendiamo l’occasione per fare qualche riflessione sul sitema-Pizza e sul sistema-Italia, riprendendo quanto dicevamo tempo fa. Due anni fa partivamo dal fatto che Chicago si fosse autoproclamata Pizza Capital of the World, paragonandolo all’inanità della comunicazione della pizza napoletana e italiana. Non abbiamo fatto molti passi avanti, a quanto pare – siamo ancora a “la mia pizza è più tradizionale / contemporanea della tua”, “il cornicione l’ho inventato io”, “la pizza è solo questa”. E, ancora, vale il corollario “la pizza di Cracco non è una pizza” (sottocorollario: Bonati non capisce niente di pizze). A cui si è aggiunto lo slogan “no alla farina di grillo” – senza averla assaggiata, senza dire “non fa per me” ma solo “che schifo!” (altro corollario: Bonati morirai di un brutto male grillesco”).
[Immagini: Hamerica’s, iPhone Emanuele Bonati; per la Pizza della pizzeria Uno (c) Creative Commons License from yelp.com]