Ho assaggiato Nesos, il vino naturale che si faceva 2500 anni fa a Chio
Il vino come si faceva 2500 anni fa può piacere anche oggi? La risposta è sì, e Nesos ne è la dimostrazione oltre ogni ragionevole dubbio.
E’ prodotto a partire dall’Ansonica, vitigno a bacca bianca tipico dell’Isola d’Elba, che analisi genetiche hanno confermato essere parente stretto di due vitigni greci, il Rhoditis e il Sideritis, base dei vini che che dall’isola di Chio, sull’Egeo, navigavano il Mediterraneo fino all’Elba e a Portoferraio, luogo di scambi e approvvigionamento di materiali ferrosi.
Il vino di Chio era il più pregiato tra i vini greci, grazie al gusto e all’aroma particolarmente intensi e armonici, ed è per questo che le anfore destinate a contenerlo non erano oggetti qualunque, ma erano state disegnate niente di meno che dal grande scultore Prassitele (III secolo a.C.) e si riconoscevano facilmente. Era un prodotto ricercato e costoso, e quindi ghiotto: gli Etruschi videro l’opportunità di inserirsi in questo mercato e ne approfittarono, riuscendo dapprima a scoprire il segreto del vino di Chio, e poi a riprodurlo falsificando anche le anfore per poterlo rivendere come autentico.
L’ipotesi nasce proprio dalla quantità di anfore ritrovate sui fondali delle acque toscane, troppe – secondo gli archeologi – perché fossero tutte autentiche. Ricerche successive hanno confermato che la maggior parte dei manufatti erano ottime imitazioni … made in Italy: era nato il primo fake-sounding della storia.
Il vino di Chio custodiva effettivamente un segreto: le uve venivano immerse in mare per alcuni giorni, in modo che l’acqua salata assottigliasse lo strato di pruina che circonda l’acino (e in parte anche il sale penetrasse nell’acino per osmosi). Questo permetteva un raipdo appassimento, e manteneva integre le componenti aromatiche dell’uva.
Oggi quello stesso vino rivive grazie alla tenacia di un viticoltore toscano, Antonio Arrighi, che da molti anni vinifica in anfora nel territorio dell’Impruneta, e al professor Attilio Scienza, Ordinario di Viticoltura dell’Università degli Studi di Milano. Utilizzando l’Ansonica, che al pari del Rhoditis e del Sideritis ha una buccia spessa e croccante, sono riusciti a riprodurre – verosimilmente – il celebrato vino di Chio.
Le uve sono rimaste immerse in nasse di vimini per 3 giorni a circa 10 metri di profondità, e poi messe ad appassire al sole. Fermenta sui lieviti indigeni e resta in anfora senza aggiunta di solfiti, sulle bucce, fino a primavera. Se si chiude un occhio sull’intervento umano in fase di immersione è a tutti gli effetti un vino naturale. Dopo vari esperimenti, l’annata 2018 ha prodotto in tutto 40 bottiglie.
Le ultime 4 sono state stappate in occasione della presentazione del vino alla stampa, nel corso di Primanteprima: si tratta di un vino che può piacere anche al gusto contemporaneo, asciutto, con una personalità molto spiccata.
Colpisce la componente salina, che è importante, ma non prevarica. Il colore – un paglierino pieno, con sfumature dorate – denuncia la permanenza in terracotta senza scivolare nell’arancio, e di ossidazione non c’è nemmeno l’ombra. Il naso non è intensissimo, ma molto elegante e pulito, da cui arrivano note di frutta gialla e di agrumi maturi, con componenti balsamiche e salmastre sullo sfondo. Al gusto la parte fruttata resta più indietro, con note vegetali prevalenti, un sorso tondo, glicerico e persistente.
Nesos è un vino che sicuramente esce dai canoni cui siamo abituati, ma non li stravolge. L’esperimento prosegue, per cercare di rendere le operazioni di produzione realizzabili in dimensioni più importanti, con un occhio ai costi, che per ora sono molto alti.
E se l’annata 2019 di bottiglie ne farà qualcuna in più, una in cantina la terrei volentieri.
Azienda Agricola Arrighi. Loc. Pian Del Monte 1, Porto Azzurro. Isola d’Elba (Livorno). Tel. 335 6641793