Ho negli occhi mare e focaccia di Camogli. E la marmellata di kumquat
Fare un riassunto dei colori, odori, sensazioni e “orge” gastronomiche dentro cui ho fatto scorribanda in questo mese è difficile. La Liguria sarà pure una lingua di terra rubata al mare, detentrice dello scettro della cucina povera… Ma vorrei dire: alla faccia! Pensate se avesse avuto quello di cucina ricca!
Di sicuro è figlia del “fare di necessità fa virtù” ma il declinare la parola focaccia in tutte le modalità vi posso assicurare che non dà affatto l’idea di povero. Sta di fatto che io non le ho mica assaggiate tutte le focacce! Sono di vario tipo e quando sei lì sul bel bello, convinta di comprare la classica genovese, ecco che ti spunta la marinara!
Cos’è la marinara? Neanche io lo sapevo! Deduco sia la sorellina minore della genovese, più piccola, rotonda e un po’ più consistente. Droga pura, mi verrebbe da urlare, non saprei quale scegliere a questo punto tra le due… L’ho mangiata liscia, nel caffè e persino col gelato…. (A Roma dovrò fare un bel ripasso di Slow Burn Pilates, ho la pancia coi buchi… non di cellulite ma quelli della fügassa!)
Insomma… passeggiata a Camogli? E che fai, non mangi un frittino al volo? Il pesce di zona pare sia sincero e generoso, non dimentichiamo che sono paesi di pescatori. Ci lasciamo così sedurre da questo piattino degustato al Golfo Paradiso, tipicissimo ristorante proprio sulla riva del mare. E nel mentre si assiste all’assalto dei pirati durante una regata di beneficenza 😛
Si potrebbe poi passare all’argomento sagre. Si sa, l’estate ne è prodiga. Dopo la festa di S. Lorenzo sulla costa (ridente frazione di S. Margherita Ligure, in cui io risiedo), che propone km di asado e altre “tipicità” per 3 giorni consecutivi, ho avuto solo il “fegato” di assaggiare un po’ di focaccia a Camogli. Lo capite anche voi dalla foto… come astenersi?
Insomma, tra una nuotata e un’escursione, nemmeno nella ruvida terra ligure si riesce a rimanere a dieta. Fugassa is in the air potrei cantare, perciò ti viene fame.
E cammina, cammina, cammina… mi imbattei in un albero di kumquat. Insomma, l’albero in questione era stracarico di frutti che a detta del proprietario sono quasi molesti tutto l’anno per la quantità, visto oltretutto che lui non se ne fa nulla. Raccoglierli e portarli a casa per farne marmellata è stato un tutt’uno. Ma voi, la sapete la differenza tra marmellata e confettura ? Vado a spiegare…
La marmellata è a base di agrumi e contiene al suo interno una percentuale di frutta di almeno il 20%. Realizzata esclusivamente con arance, mandarini, limoni, pompelmi, cedri o bergamotto. Per confettura si intende invece un composto realizzato con un qualsiasi altro tipo di frutta, con una percentuale pari al 35% nel composto normale e del 45% nella confettura extra. Ciò detto la mia sarebbe stata una marmellata.
Il bottino era di 1 kg e mezzo e cercando e informandomi ho trovato molte notizie in merito. Ho cercato di stare nel mezzo. E qui di seguito trovate come ho fatto…
Ho tenuto in acqua fredda per circa 12 ore i kumquat, rinnovando spesso l’acqua. Pare serva a dilatare i pori della buccia e far venir meglio la consistenza. Mettiamoci pure che così son belli puliti poi…
Prima cottura con un po’ di acqua, circa mezz’ora. Ho spento e ho atteso per circa un giorno. Il giorno seguente mi sono dedicata al laborioso lavoro di togliere i semi. Noioso ma fondamentale: sono grandicelli! Ho scolato bene i frutti e ho passato la polpa che ho scartato con i semi con il passino. Ne rimane parecchia ed è bene non sprecarla visto che già i semi portano via un bel po’ di roba.
Ho ripresotutto, polpa e liquido e ho messo sul fuoco con circa 200 g di zucchero. Non amo le marmellate zuccherose. Attenzione! Bisogna aggiungerne poco alla volta perché fa subito effetto caramello. Non appena finito di aggiungere lo zucchero, ho lasciato cuocere lentissimamente, controllando che non si attaccasse sul fondo.
La marmellata è pronta solo dopo la prova “piattino”: occhio alla consistenza: deve staccarsi. Procedendo nel modo che ho descritto, la mia è venuta leggerissimamente più lenta. Credo di averla cotta non più di 40-45 minuti e qualche fruttino si vede ancora.
Ho cominciato a sbollentare i barattoli prima di spegnerla. A barattoli ancora caldi ho versato la lava di kumquat e ho chiuso. Ho ripongo a testa in giù finché non sono diventati freddi.
Se volete farne anche una versione piccantina tipo mostarda, non state a rompervi la testa con l’olio essenziale di senape: non si trova facilmente ed è un po’ tossico (consiglio molto spiccio: al momento di mangiarlo come mostarda uniteci un po’ di wasabi. Così modulerete anche il grado di quanto vi piace piccante). Metterla in cottura non dà grandi risultati. Ricordate? Avevo provato a fare la mostarda di frutta ma nel bollirla per il sottovuoto molto del “piccantino” è svanito.
Provate e poi mi raccontate… Adesso vi lascio che corro dal mio guru dei giardini… Ho notizie che bollono in pentola per il rientro dalle vacanze!!!