I nuovi mercatini | Prezzi, qualità, ambiente
Per gli amanti della filiera corta, gli appassionati del biologico, i fan del chilometro zero o i palati sensibili all’avvicendarsi delle stagioni gli appuntamenti con lo shopping non mancano davvero. La Penisola è tutto un fiorire di mercatini dove il produttore incontra il consumatore senza l’impaccio del grossista, del magazziniere o del trasportatore. Apparentemente niente di nuovo. Il mercato di quartiere c’è sempre stato. Ai banchi del contadino le massaie di città hanno cercato, da che mondo è mondo, prezzi convenienti, freschezza e qualche chiacchiera mattutina. Ma ora c’è di più. L’atto antico del comprare e del vendere si tinge di nuovo perché nel passaggio di mano in mano della merce, che sia un cesto di lattuga, una busta di agrumi o un taglio di carne, il produttore annette, e il consumatore cerca, un valore aggiunto. Economico, ecologico, gustativo e qualche volta persino politico. Perché nell’era dello shopping consapevole la massaia (o il massaio) compie ormai scelte da consumatore attivo quando decide di lasciare alla cassa la busta di plastica, di boicottare merendine e finte torte, di dare una mano al commercio dei paesi poveri, di dire no agli OGM, di protestare contro il ricarico della filiera lunga, di ribellarsi contro i pesticidi. O magari di andarsi a prendere frutta e verdura direttamente sul campo, associandosi ad un bel Gruppo di Acquisto Solidale.
All’estero comprare alternativo è una moda tempo. Negli Stati Uniti i farmers market, i mercati dove il produttore incontra il compratore, hanno raggiunto già quota 4.385 e sotto la spinta verde della coppia presidenziale c’è da scommettere che cresceranno ancora. Uno di questi lo ha voluto proprio Michelle Obama, su sollecitazione dello chef di famiglia, a due passi dalla Casa Bianca.
Che anche i nostri connazionali siano sensibili a modalità di acquisto alternativo lo confermano dati diffusi da Coldiretti secondo i quali due italiani su tre hanno acquistato almeno una volta direttamente dal produttore agricolo (in azienda o dal contadino al mercato) mentre tra cantine, frantoi e fattorie sono più di 63 mila le imprese agricole dove è possibile comprare direttamente. Il calendario degli appuntamenti con la filiera corta è piuttosto ricco. I più numerosi sono i farmers market di Campagna Amica della Coldiretti. 550 punti di raccordo di produttori nel 2009 (erano poco più di cento nel 2008) sparsi in tutt’Italia per un totale di 13,5 milioni di cittadini coinvolti (primi in classifica i Lombardi) e un incremento del valore delle vendite dell’11%, in controtendenza rispetto a negozi e ipermercati. Un successo che gli stessi frequentatori giustificano con la maggiore genuinità dei prodotti (il 71% degli intervistati), con il risparmio (40%) e con il gusto (26%). Su risparmio e freschezza Coldiretti non ha dubbi. L’abbattimento dei costi comprando in un farmers market può raggiungere il 30% e i prodotti ortofrutticoli acquistati direttamente dal contadino (spesso raccolti il giorno stesso) durano una settimana in più rispetto a quelli acquistato in un supermercato. La mappa dei farmers market di Campagna Amica è particolarmente fitta in Piemonte (82) e in Lombardia (80), dove ha aperto i battenti ad aprile il primo mercato chiuso a Milano, nel Mercato Agrario di Via Ripamonti ma comincia a diradarsi nel Centro Italia (33 nel Lazio) e al Sud (38 in Campania, 21 in Sicilia, 7 in Calabria). Nella capitale, oltre all’affollatissimo mercato del Circo Massimo, Campagna Amica organizza, presso il Parco Pensile dell’Auditorium, quattro domeniche all’insegna dello shopping biologico e a chilometro 0 (apertura alle 10,30 del mattino). L’iniziativa, avviata a marzo, proseguirà la sua attività domenica 16 maggio, il 6 e il 13 giugno per concludersi il 19 settembre.
Meno numerosi i Mercati della Terra di Slow Food, ma con il valore aggiunto dei prodotti provenienti dai suoi presidi, prodotti rari, di eccellente qualità e a rischio di estinzione. Undici in tutto sono i Mercati della Terra, compresi quelli di Tel Aviv, Beirut, Saida e Bucarest (in Italia Alba, Bologna, Cairo Montenotte, Milano, Montevarchi, San Daniele del Friuli e San Miniato). Veri e propri paradisi per golosi e ristoratori in cerca di idee. La formula è sempre la stessa: prezzi contenuti, prodotti locali, di stagione e ecologicamente sostenibili e filiera corta più qualche presidio, anche di paesi lontani. Come i datteri dell’oasi di Siwa o il caffè delle terre alte di Huehuetenango, acquistabili al Mercato della Terra di Milano. O il raveggiolo, in vendita al Mercato della Terra di Bologna. Per chi è alla ricerca di prelibatezze esotiche, la destinazione sono i mercati esteri di Slow Food. Come il Mercato della Terra di Beirut dove si può acquistare, oltre a frutta, verdure e conserve, la manhoushe, la focaccia tradizionale libanese. O l’Akr-Bursa Marfurilor di Bucarest, il palazzo restaurato della vecchia Borsa rumena dove sono in vendita le Confetture dei Villaggi Sassoni e il prelibatissimo formaggio rumeno Branza de Burduf.
Scontrino etico, equonomia, centri sociali, semi OGM terminator, sovranità alimentre dei popoli: a parlare il politichese al mercato sono i produttori di terra TERRA, un’associazione di contadini, artigiani e piccole aziende che nei mercati di Casal de’ Pazzi, San Paolo, Centocelle, Casalbertone e Quadraro, a Roma, vendono quello che resta dell’autoconsumo. Nei mercatini terra TERRA i prodotti sono biologici (ma senza certificazione), depurati di ogni forma di “violazione dei diritti umani”, la trasparenza è assicurata da schede di autocertificazione e dalla pratica, per gli associati, di visitare periodicamente gli altri produttori, l’igiene è un problema di responsabilità individuale, le indicazioni sul prezzo contengono anche le voci aggiuntive al prezzo sorgente, le borse della spesa usa e getta sono bandite. “Un mercato senza mercanti” dove affluiscono i prodotti di tanti ex cittadini convertiti alla campagna, convinti che “dal ventre del gigantismo industriale sia nato un lento esodo verso la campagna”, e che “la terra non è un supermercato, il cibo non è una merce” e il profitto è una parola imbarazzante. Proprio come nei mercati dell’associazione Campi Aperti, a Bologna.
Assaggiare per credere.
Foto di Michelle Obama: Win McNamee/Getty Images North America