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31 Dicembre 2012 Aggiornato il 31 Marzo 2019 alle ore 13:28

Il panettone di Gabriele Bonci è il modo migliore per iniziare il 2013

Quest'anno ho assaggiato diversi panettoni seguendo lo scorrere degli accadimenti di vita quotidiana piuttosto che con l'idea di stilare una classifica.
Il panettone di Gabriele Bonci è il modo migliore per iniziare il 2013

Quest’anno ho assaggiato diversi panettoni seguendo lo scorrere degli accadimenti di vita quotidiana piuttosto che con l’idea di stilare una classifica. Un passaggio a Eataly Roma (inserita stabilmente nei percorsi di visita di amici e conoscenti che transitano per l’Urbe), un test in un ristorante, un assaggio improvvisato con 4 panettoni, una cena a casa di amici non gastro-fissati. Avevo saltato per semplici ragioni logistiche il panettone di Gabriele Bonci sfornato nel nuovo panificio di via Trionfale. Ma sono riuscito a rimediare.

Ve lo dico in pieno conflitto di interessi perché Gabriele ha lasciato un commento sul post e sono andato al panificio. Quindi, non solo mi è stato offerto, ma c’era anche Gabriele Bonci al taglio e persino i fornitori della farina: gli instancabili fratelli Fausto e Fulvio Marino dell’omonimo Mulino.

Ma anche se non ci fosse stato alcun volto noto e se avessi pagato, il giudizio non cambierebbe. Perché il panettone di Gabriele Bonci vive di una vita propria nel senso che non è assimilabile al canone tradizionale milanese. In questo non differisce da quello di Alfonso Pepe e Pier Luigi Roscioli, ad esempio. “Il panettone di Pepe l’ho tenuto lassù per arrivarci”, dice. Ma l’occhio è anche al panettone di Roscioli, ovvero forno e storia. La verità, però, è che Bonci ha trovato ancora un’altra strada per il suo panettone.

Una strada lastricata di tentativi per arrivare a una ricetta che mettesse insieme la farina lasciata a ossidare da luglio “come si faceva negli anni ’50”, il burro francese e il lievito naturale. E potremmo scrivere un trattato sul lievito di Bonci, meglio, potrebbe scriverlo chi è addetto alla sua cura e ai rinfreschi. Lievito che vive sempre come molte altre realizzazioni di Gabriele.

E vive e respira anche questo panettone che al taglio diffonde repentino il suo profumo. Lo segui inspirando voluttuosamente la fragranza che percepisci netta. Anche se sei al panificio. Sembra ovatta o zucchero filato per come si allunga e si sfoglia leggera. E’ il risultato che Gabriele cercava e che ti spiega con questo allargare leggero e invitante. “Il burro e il lievito hanno lavorato bene insieme”, si inorgoglisce come vuole la sua passione sfrenata per il “cibbbo”. Bisognerebbe fare la tara, ma Gabriele ti coinvolge e se sei stato di notte a vedere pane e pizza che lievitano non sei insensibile. Il passaggio farina-impasto-pane ha sempre qualcosa di miracoloso.

Sensibile ma obiettivo. Diciamocelo, con Gabriele Bonci ci riesci facile quando azzecca la ricetta. E il panettone è andato oltre: riesce a farsi ascoltare mentre il crepitio della glassa (praticamente di polenta) ti accompagna nel contrasto morbido-croccante. E l’effetto burroso ti prende e continua lungo e dolce. Ecco, un dolce da fine cena, meraviglioso e suadente. Una terza via rispetto a Alfonso Pepe e a Pier Luigi Roscioli. Ti piace l’idea che si possa tenere a riferimento un modello per poi cambiare passo, sperimentare e arrivare a un prodotto nuovo. E’ così che nascono nuove eccellenze. Diciamo, da 9 +.

Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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