Il vino ruchè di Ferraris lancia la sfida a barbera e nebbiolo
Luca Ferraris, vigneron di terza generazione in Piemonte, ha creduto da sempre nelle potenzialità del vino Ruchè e ha deciso di dedicargli una linea produttiva particolare. Il Ruchè Opera Prima Riserva vuole smentire l’idea di vino di casa, semplice, immediato, giovane, e dimostrare che ha potenzialità ancora inespresse.
Studi recenti sul DNA hanno identificato il Ruchè come una variante locale di Croatina e Malvasia aromatica di Parma, oggi estinta. Non è quindi un vitigno d’importazione dalla Borgogna come si è ritenuto per lungo tempo. Ma ha trovato nel Monferrato territorio unico per la sua coltivazione.
Si ritiene che il vitigno del Ruchè sia coltivato nella zona da oltre un secolo, ma è solo negli anni ’80 che ha ottenuto il riconoscimento come vino varietale.
Del territorio di coltivazione del vitigno si comincia a parlare in termini di ‘Barolo del Monferrato’, a dimostrazione dell’attenzione e dei riscontri che il Ruchè negli ultimi decenni si è ritagliato nel panorama enologico italiano ed estero.
Nel 2010 il Ruchè di Castagnole Monferrato diventa la prima e unica DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) del vino Ruchè.
Il territorio del Ruchè
Da sempre vissuto nell’ombra dei piemontesi ‘fratelli maggiori’ Barbera e Nebbiolo, il Ruchè è rimasto confinato nella zona di produzione. Era utilizzato come uva da taglio o consumato localmente come vino da tavola di uso quotidiano e generalmente giovane.
Era comunque un gran bel bere quotidiano, il Ruchè . Rosso di corpo, di media gradazione, gradevolmente intenso all’olfatto, con bouquet di frutti rossi, fiori appassiti, note balsamiche e speziate. Dai tannini presenti ma non aggressivi e un finale mediamente lungo. Non una beva banale, anzi.
Eppure per credere nelle potenzialità di quest’uva è dovuto arrivare in Monferrato, negli anni Sessanta, un parroco originario del Roero, don Giacomo Cauda.
Dobbiamo a questo parroco di campagna la prima vinificazione in purezza del Ruchè , dalla vigna annessa alla parrocchia da lui recuperata e rimessa in produzione.
Ancora oggi è considerato, per questo, il padre del Ruchè come lo conosciamo.
La ‘vigna del parroco’, come è stata da sempre chiamata dal 2016 è entrata a far parte dell’azienda Ferraris, ed è l’unico cru riconosciuto di Ruchè.
Luca Ferraris e il vino Ruché Opera Prima Riserva
Ferraris e Ruchè sono nomi legati da molto tempo. Da quando Martino, nel 1923 acquistò, con i proventi di una fortunata corsa all’oro, nell’America dei primi del ‘900, 4 ettari nelle campagne di Castagnole Monferrato.
All’inizio si faceva vino sfuso, poi solo conferimento delle uve, fino a quando, nel 1999, la terza generazione di Ferraris, Luca appunto, non prende in mano la gestione.
Imposta la nuova linea produttiva sui criteri di qualità, abbassando le rese e imbottigliando con una propria etichetta. Dalle 5.000 bottiglie dell’annata 2000 si passa alle 60.000 del 2003, anche grazie alla partnership durata fino al 2007 con Randall Grahm, enologo californiano.
Dal 2015 inizia l’espansione e oggi l’azienda Ferraris conta 34 ettari di vigneti di proprietà. Tra le altre importanti acquisizioni: Vigna del Parroco, Cà Mongròss a Montegrosso d’Asti e Tenuta Santa Chiara a Monastero Bormida.
250 mila le bottiglie prodotte di cui più della metà rappresentate dal vino Ruchè.
Ruchè Opera Prima Riserva, l’ultimo arrivato
Opera Prima, l’ultimo Ruchè nel catalogo Ferraris, risponde, come si accennava, a una precisa volontà. Dimostrare cioè che il Ruchè può assurgere alla dignità di vino da invecchiamento, nobile ed elegante, alla pari dei fratelli maggiori piemontesi Nebbiolo e Barbera.
Un “supertuscan del Monferrato”, secondo le parole di Luca Ferraris, che alzasse il target di consumo fino a quel momento tipico del Ruchè , e la relativa conquista di fette di mercato più ricche di quanto fino ad oggi fosse riuscito alla denominazione.
“Con Opera Prima Riserva siamo entrati a pieno titolo nel mercato internazionale”, ci ha spiegato Luca Ferraris, “e oggi la piazza principale è costituita da Giappone, Cina e Usa”.
Com’è il vino Ruchè Opera Prima Riserva di Ferraris
Ad Opera Prima sono dedicati i 6 ettari del vigneto Bricco della Gioia, che fa parte del nucleo originario dei terreni della tenuta, a Castagnole Monferrato.
Qui le uve Ruchè beneficiano di terreni sciolti, ricchi di calcare e molto poveri, così da non portare troppo vigore alla vite. L’altitudine (286 metri, è il più alto della denominazione) e l’esposizione a sud ovest permettono di sfruttare al meglio l’energia solare per avere vini di grande concentrazione e struttura, e insieme eleganti.
Rese basse, intorno ai 40 quintali/ettaro, conduzione della vigna di tipo tradizionale, grande attenzione alle maturazioni fenoliche e zuccherine tenute sotto stretto controllo.
Al vino Ruchè Opera Prima è stato dedicato un protocollo a parte. Dopo un lieve appassimento, il mosto fermenta in acciaio e rimane a contatto con le bucce per circa 20-25 giorni.
Poi passa in tonneau per almeno 3 anni e successivamente in bottiglia a riposare per altri 12 mesi.
La verticale di Ruchè Opera Prima Riserva
Quattro le annate in assaggio, dalla 2017, la più recente, alla 2010, la più vecchia nonché la prima edizione dell’etichetta.
2017
E’ stata un’annata particolare, con un’estate calda ma caratterizzata da una gelata a metà aprile che ha compromesso le nuove gemme. Le rese per questo motivo sono state anche inferiori alla media, assestandosi sui 32 quintali/ettaro.
Il colore rosso scuro fa presagire già alla vista una profondità che poi si riscontra sia all’olfatto che al palato. Il bouquet è ancora molto fruttato, con le ciliegie nere e le more di bosco che aprono la strada a sentori mentolati, note di spezie e foglia di geranio ancora non troppo armonizzati, data la gioventù.
Sensazione confermata da un sorso caldo, alcolico (con Opera Prima siamo mediamente sui 16,5%), e decisamente tannico. Espressione potente che dovrà evolversi con qualche anno ancora di bottiglia.
Il vino Ruchè del 2016
Una stagione fresca e piovosa in questo caso ha contribuito a una certa eleganza anche in assenza di lunghi periodi di affinamento in bottiglia.
Il ruchè Opera Prima dell’annata si presenta già nel calice come un vino molto diverso dal precedente. L’impatto olfattivo nel calice è più sottile, discreto, con maggior dialogo tra tutte le componenti aromatiche. I petali di viole e le rose appassite, la ciliegia ancora fresca, le bacche rosse di bosco, la balsamicità che riscontreremo in tutte le bottiglie in degustazione.
Anche il sorso regala una beva già elegante, amaricante sul finale dovuta, dice Ferraris, a una maturazione fenolica non perfetta. Ma persistente e gratificante, con tannini ancora percepibili.
Il vino Ruchè del 2015
Più simile alla 2017 l’andamento della stagione che si ritrova pienamente all’assaggio di questa bottiglia. Di nuovo potenza e corpo, colore e materia nel calice.
Al naso spiccano subito alcune note evolutive, con la frutta che diventa sotto spirito, balsamicità da fernet, e sentori di incenso, lampone, spezie, fiori secchi.
Potente il sorso, caldo, vibrante, sostenuto da tannini ben percepibili ma in via di risoluzione. Torna la nota amaricante sul finale, comunque piuttosto lungo e coerente.
2010
Dodici anni di affinamento e l’annata fresca, fanno capire le potenzialità del vino Ruchè Opera Prima Riserva. A parità di gradazione (alta, da Amarone), qui corpo e profumi si affacciano con un’eleganza fascinosa.
Ben armonizzato il naso, in cui emerge una nota di cipria delicata sulle spezie dolci e le marasche, i fiori scuri ma non secchi, cui l’eucalipto dona freschezza.
La beva è setosa, i tannini ben risolti, pur con la struttura tipica di questa referenza. Piacevolmente tondo il sorso, sostenuto dalla giusta acidità, e persistente, con sfumature di caffè e tabacco sul finale. Tra le annate in degustazione sicuramente la più completa e armonica.
La nuova era del vino ruchè
Con il Ruchè Opera Prima Riserva Luca Ferraris ha voluto dare una scossa all’idea del vitigno, troppo incardinata sulla tradizione, e poco attento alle evoluzioni del mercato, soprattutto estero.
Anche l’etichetta, volutamente ‘vintage’ nella grafica e con capsula rossa in ceralacca strizza l’occhio all’Oriente e agli Usa, dove – per usare parole sue “il nonno tira moltissimo”.
Si può essere d’accordo o meno, ma il risultato è obbiettivamente un vino nuovo per il territorio, molto legato alle singole stagioni negli esiti, di carattere e identitario. L’annata 2017 in commercio è disponibile al prezzo medio di 25 €.
Ferraris Agricola. SP14, Località Rivi, 7. Castagnole Monferrato (AT). Tel. +390141292202