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26 Febbraio 2018 Aggiornato il 16 Febbraio 2024 alle ore 20:30

Kebab. 5 buoni motivi per non mangiarlo

Lo spunto sul kebab me lo fornisce inconsapevolmente lo chef turco Maksut Askar del Neolokal di Istanbul, intervenuto a Care’s 2018, la manifestazione
Kebab. 5 buoni motivi per non mangiarlo

Lo spunto sul kebab me lo fornisce inconsapevolmente lo chef turco Maksut Askar del Neolokal di Istanbul, intervenuto a Care’s 2018, la manifestazione ideata da Norbert Niederkofler (se non sapete cos’è andate a leggere qui, dove ne avevamo parlato).

Lì ha raccontato di cucine “lontane”, di Anatolia, di lotta agli sprechi, di stagionalità. Ha parlato delle nonne, delle loro tecniche, dei loro ingredienti e dei sapori che ne venivano fuori. Lo ha fatto preparando un semplice hummus e parlando, in un’intervista concessa alla redattrice di Munchies, in termini non proprio positivi di döner kebab – diventato “ormai” il nostro simbolo nel mondo – dice.

Ecco. Se a lamentarsene è un turco, o comunque uno di quelli che dovrebbero averlo “nel sangue”, mi sento meno solo. Sì, avete letto bene, quel panino che è diventato il loro simbolo nel mondo a me non piace. Affatto. Sì lo so, sono “merce rara”. Statistiche alla mano a Milano dovrei essere in compagnia di dieci/dodici persone, superando a stento il migliaio in Italia.

Sia chiaro, la mia non vuol essere una battaglia, non ce l’ho con nessuno.

Ma provo a spiegarvi che non devo per forza mangiarlo e perché, il loro simbolo “obtorto collo”.

Cos’è il kebab

Lo scrivo così, per chiarire a quei pochi che non ne sanno nulla, semplificando al massimo.

La parola kebab si traduce letteralmente in “carne arrostita”.

Sappiate che solo in Turchia ne esistono oltre cinquanta varianti (se siete curiosi leggetevi un po’ di wikipedia). Noi ne conosciamo solo un paio di versioni, presumibilmente anche piuttosto italianizzate.

Il döner kebab (in arabo, in turco kebap), più o meno “kebab che gira“, con riferimento allo spiedo verticale rotante nel quale la carne viene infilzata e fatta cuocere lentamente, che è affiancato spesso al dürüm kebab (all’incirca “kebab incartato”), con tutta probabilità, la variante più conosciuta e consumata in Italia.

Mentre il primo è di solito preparato in un panino, il dürüm kebab è preparato in una pane sottile come una piadina, e sono entrambi accompagnati da verdure e salse apposite per insaporire la carne kebab.

1. Il pane

Pochi, pochissimi sanno che il “pane arabo” l’abbiamo inventato noi occidentali.
Non esiste nella loro millenaria cultura un panino con crosta soffice, bianca, sottile e rugosa, con quella spolverata appena accennata di farina.
E a quelli che si ergono a maestri, indicando nella piadina il vero pane del dürüm kebab, ricordo che chi prepara lo yufka (yufka ekmeği, per pessere precisi, il pane turco per eccellenza, più simile alla pasta fillo) o il pane lavash (pane armeno a base di farina, acqua e sale), non sa neanche cosa siano il lievito, lo strutto o il bicarbonato.
E a questo punto datemela una bella michetta, che mi fate più felice!

2.la carne

Più di una volta mi sono appostato (con accuratezza tale da far sembrare James Bond un onesto mestierante e nulla più) all’esterno di locali con l’insegna doner o durum e via discorrendo ben visibile. La missione? Scoprire il perché del piattume più assoluto, ovvero come mai in qualunque punto cardinale dell’intera provincia meneghina provassi ad addentare “il panino” il risultato gustativo lato carne fosse sempre lo stesso.

Arcano che giunge nel giro di pochi giorni a soluzione:grossista, spesso lo stesso, che consegna sempre dei grossi cilindri, a volte congelati. Ergo, uguale prodotto, uguale sapore.

P.S.:alcune voci di corridoio riferitemi da fidati amici narrano dell’esistenza di almeno un paio di “kebabbari” milanesi dove la carne infilzata nello spiedo viene lavorata in loco, arriva lì 2 volte a settimana, viene tagliata a fettine sottili e messa a marinare in frigo per un giorno in una salsa fatta con spezie, sale e limone.

Bene se così fosse, sarò ben lieto di testarla. Altrimenti, visto che musulmano non sono, preferirò una milanesissima salamella.

3. Le verdure

Su questo punto si potrebbe aprire una diatriba infinita.

Melanzane d’inverno? E dei pomodori ne vogliamo parlare? Zucchine e peperoni, tra l’altro, non li voglio neanche nominare. Diamine, sarà che vengo da una regione del sud, dove la ciambotta si coniuga in mille modi diversi, ma si fa sempre d’estate. Io un peperone ‘mbuttunato d’inverno non l’ho mai visto, e la parmigiana, quella salernitana con le melanzane ‘ndorate e fritt’, solo d’estate mamma’ la faceva. Debbo continuare? Ma se pure il nostro amico turco s’arrabbia sulla mancanza di stagionalità, vista la costante presenza in molti menu di pietanze tipiche, che preparate con prodotti di serra o addirittura importati di tipico hanno davvero ben poco.

Beh, quasi quasi preferisco un bel “quattro salti in padella”, non si dovrebbe scandalizzare nessuno.

4. Le spezie

Qui siamo ad un bivio: sono indispensabili per marinare la carne, permettono di dare quel tocco personale al kebab, dovrebbero essere la firma di chi lo realizza.

Però, come vi ho raccontato prima, si contano sulle dita della mano quei “kebabbari” che si prendono la briga di scegliere accuratamente i pezzi e marinarli prima della preparazione del “cilindro”.

E invece no, piattume generale, nulla di riconoscibile, addio a origano, menta, peperoncino, cannella, cumino, coriandolo e chi più ne ha ne metta, anche se ci sono, v’assicuro.

Insomma, come mangiare un Big Mac, sempre uguale.

5. Le salse

Ultima nota dolente, per vari motivi. Ci dovrebbero essere, in un particolare e personale mix di chi lo “confeziona”, con varianti legate alla provenienza della ricetta, svariate salse. Dalle più tradizionali come la harissa piccante, l’hummus a base di ceci e tahini (pasta di sesamo) e lo tzatziki fatto con yogurt e aglio. Ma la verità la vogliamo dire? Spesso si tratta di autentiche, alluvionali, coperture. Servono a nascondere, che a volte da esaltare c’è ben poco, carni asciutte, esauste, senza sapore.

Calo poi il più classico dei pietosi veli su salse come la barbecue, la maionese o il ketchup, autentico obbrobrio di stampo occidentale che fa il paio con il panino “arabo” prima citato.

Bah, io penso sempre più di andare al Mc Donald’s.

Eppure noi v’avevamo raccontato a più riprese che mangiare un buon kebab è possibile, però quello che v’ho detto vi potrebbe far cambiare idea, o no?

[Link: Munchies]

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