La carbonara di Pipero e l’abbinamento clamoroso con il Picolit
Nella delicata fase del wine pairing c’è chi preferisce andare sul sicuro e chi osa. Alessandro Pipero ha osato e ha spaccato.
Ovviamente con la mitologica carbonara.
Ma seguitemi.
Tutto inizia con una bella degustazione dei vini Ronco Dei Tassi, azienda di circa 30 ettari vitati distribuiti sui dolci pendii delle colline di Cormons.
Enrico Coser (a destra), uno dei due figli del titolare ha presentato l’annata 2018 delle principali referenze aziendali, Malvasia, Friulano e Ribolla, e una magnum dell’unico rosso in produzione (un uvaggio di Cabernet Sauvignon e Merlot) presso il ristorante Pipero, che ha curato la scelta dei piatti in abbinamento.
L’unico outsider dell’occasione, uno champagne pas dose Drappier burroso e rotondo ha rotto il ghiaccio accompagnando piccoli gustosissimi sfizi offerti dal padrone di casa per antipasto: ciauscolo in cialda a forma di maialino, bruschettine al pomodoro, bun con coda alla vaccinara.
Fuori programma, voluta da chef Ciro Scamardella, la vellutata di ceci, funghi cardoncelli e nocciola, che nel Drappier trovava un partner molto affiatato.
Poi, siamo entrati subito in argomento.
Che la prova abbia inizio
L’antipasto di Alici, Origano e Pomodoro viene proposto con Collio Malvasia 2018 ma anche 2012: bella l’idea di presentare due diverse annate dello stesso vino, il confronto con il piatto esalta le differenze dovute all’evoluzione e rende il gioco ancora piu stuzzicante. Malvasia che affina in acciaio e in bottiglia, come tutti i bianchi Ronco dei Tassi, che prima della fermentazione trascorrono 7/8 ore in macerazione carbonica, che esalta al meglio le caratteristiche varietali.
Naso molto intenso e verticale, per una varietà classificata aromatica, in cui è la parte balsamica che si impone anche sulle note di pompelmo e arancio amaro, con sentori di timo e maggiorana. Che tornano anche nella 2012, ma più morbide e incalzate dall’agrume che è più caldo, un bergamotto maturo, con lievi ricordi di vaniglia. Tanta roba, troppa anche per le alici, crude, che non riuscivano a tener testa a un naso e una bocca così intensi e rotondi. Meglio l’annata più giovane, al limite, con cui riuscivano a farsi sentire, ma con fatica. Soprattutto, ne risultava esaltata la parte amara.
Con il secondo vino, Collio Friulano, Pipero e Scamardella hanno proposto la Zolla, una tartare di manzo affumicata con mandorla e acetosa. Manzo e un bianco fresco e minerale? Curiosa, lo assaggio con l’annata 2018. Ottimo il piatto, equilibrato tra dolcezza e freschezze vegetali; ottimo il vino, anche qui molto verticale, di agrumi aciduli, sapido e persistente.
Ma non è questa l’annata giusta: con la 2011 è tutta un’altra storia. L’evoluzione di questo Friulano – parliamo di un bianco che ha già otto anni – è nella direzione della morbidezza, richiama con grazia i sentori fumé della tartare, e li arrotonda con intense note di frutta secca, la nocciola su tutte. Un abbinamento molto riuscito, che mi ha spiazzato, che rompe i classici schemi da manuale, e dimostra che non c’è nulla di schematico nelle bottiglie ben fatte.
Con Collio Ribolla Gialla arriva uno dei cavalli di battaglia di Ciro Scamardella, i ravioli di genovese di polpo. Un piatto intenso, mediterraneo, marino. L’involucro di pasta, molto sottile, cede subito al ripieno, quasi liquido, che invade il palato, se ne impadronisce. Una bella sfida per un vino reggere tanta potenza.
Forse l’ardore giovanile della 2018 potrebbe farcela con quel naso di percoca e basilico, avvolgente, e la sua spiccata sapidità… Ma non se la cava bene come la 2014, elegante e intensa, in cui note di melone e di mango si accompagnano a quelle speziate e balsamiche in un sorso molto lungo. Che resta, alla fine, su tutto.
Torna il manzo, ma stavolta con un abbinamento più classico: un taglio bordolese, il Cjarandon Riserva 2015 Magnum, vino di bella beva, cui il legno non ha minimamente intaccato la freschezza.
Bacche rosse e prugne fresche, sentori di geranio e aromatiche delicate, si sposavano bene con il manzo arrostito al ginepro, accompagnato dalla salsa di cavolo.
La coppia perfetta
Ma è con la carbonara che salto dalla sedia: Scamardella prepara uno zabaione salato di rosso d’uovo, con cui manteca i rigatoni, conditi con guanciale tagliato non troppo fino, e molto ben appassito. Si sente sotto i denti, presenti il pepe, la tostatura, il dolce dell’uovo.
E nel calice? Collio Picolit 2013! “L’abbinamento l’ha fatto Pipero“, si schermisce il produttore, in risposta alla mia sorpresa, che diventa stupore alla prova! Credo il miglior abbinamento di sempre, carbonara e Picolit, una coppia davvero bene assortita. Intensità aromatiche bilanciatissime, il piatto e il vino si completano a vicenda, l’acidità del Picolit che spazza via l’opulenza dell’uovo, lasciando un ricordo di dolcezza sfumata da una nota leggera di nocciolina salata.
La carbonara di Pipero e il Picolit Ronco dei Tassi; da oggi c’è un nuovo capitolo nel mio personale manuale di sommellerie.
Pipero Roma. Corso Vittorio Emanuele II 250. Roma. Tel +39 68139022