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21 Febbraio 2011 Aggiornato il 17 Settembre 2020 alle ore 09:11

La Milano da mangiare e la moda da Andrea Berton al Trussardi alla Scala

Da quel lontano tempo, nella cosiddetta o sedicente Milano non ci son più stato. E quando sento, per esempio: "Lei dove scende?". "A Voghera; e lei?". "Io
La Milano da mangiare e la moda da Andrea Berton al Trussardi alla Scala

Da quel lontano tempo, nella cosiddetta o sedicente Milano non ci son più stato. E quando sento, per esempio: “Lei dove scende?”. “A Voghera; e lei?”. “Io vado a Milano”, rido sotto i baffi. Milano, è evidente, non esiste. (Tommaso Landolfi)

Arrivo  col buio, in una piazza della Scala dechirichiana e avvolta dalla nebbia. Poche macchine che passano, pedoni sparuti, sembra di essere in una scenografia. Le sole luci natalizie di design di palazzo Marino,  con la loro intermittenza, ci ricordano che natale è passato e la tristezza diventa ancora più struggente.

Milano è una strana città, un poco metropoli, molto paese. Con quel senso di eleganza barboso e molto piccolo borghese proprio della operosità nordica. Piazza della Scala ne è il simbolo, io mi sento un poco a casa, come mi accade in buona parte dello stivale. Qui dietro ad un passo viveva mio nonno, in via del vecchio politecnico, ed ancora ricordo la solida casa borghese dove spendevo alcune vacanze. L’ultimo giorno della kermesse Identità Golose, arrivo in questa piazza, con grande curiosità e trepidazione. Conosco la cucina di Andrea Berton da tanto tempo, so a memoria la sua storia da Marchesi in poi, ho anche mangiato la sua cucina in varie manifestazioni. Ma se si escludono un paio di eventi pubblici, che per me contano poco, non mi sono mai accomodato a questa tavola da cliente. E sono molto curioso di provare una cucina che in molti mi raccontano golosa ed insieme tecnica.

L’ambiente è molto Milano da bere, cosmopolita e contemporaneo, anche un pizzico convenzionale. Le sedie di Verner Panton sono il solo segno iconico, in un ambiente che spicca per compostezza e sobria eleganza. Le luci mi colpiscono, sono più da negozio che da ristorante. La sala è illuminata a giorno, tutto è nitore e bagliore, tranne le sedie marroni testa di moro. Il servizio è da subito caldo e accogliente, anche se un poco asettico. Mi sembra persino di intravedere i camerini di prova… Avvertono subito che lo Chef non è in sede, cattiva notizia, ma debbo dire la verità che tutto funzionerà ugualmente alla grande.

Il tavolo a cui ci fanno accomodare è delizioso, in finestra. Quasi un bow-window con affaccio magico sulla piazza. Arrivano i menù, sia per la tavola che per il bere. Ordiniamo il menù degustazione e una bottiglia di Trebbiano Pepe 2007, che andrà bene a tutto pasto, intanto la cucina moderna prescinde dal vino rosso! Ma prima cediamo alla lusinga di due cocktail deliziosi: Margarita di grande scuola e un piacevole Mojito, accompagnati da un divertente croccante di riso aromatizzato in varie maniere. Non male penso tra me e me, fanno bene anche le “code di gallo” e questi chips sono simpatici nel loro tono di festa delle medie 😉

Benvenuto. Una serie di amuse bouche seducenti e fragranti. Sui vari assaggi spicca la sferificazione della parmigiana:  un gioco delizioso su un archetipo ripensato in chiave moderna, dalla intensità notevole. La focaccia di Lecco è intensa e gagliarda. Delizioso

L’insalata di frutti di mare  e teste di gambero fritte. E’ un piatto già visto, intenso e goloso, rischiarato da una materia prima da urlo. Ma nulla che mi ricordi la freschezza della insalata di mare che avevo in testa. Più che mediterraneo, sembra un piatto nordico. Goloso

Lingua di vitello con mela cotogna e salsa al brodo di manzo. Una portata succulenta dalla cottura millimetrica, i germogli vestono di clorofilla la grassezza della carne, la salsa di brodo è corroborante e intensa. Un gran bel piatto che fonde tecnica e pancia. Succulento

Risotto alla milanese all’olio extravergine e midollo. signori e signore… Milano! Ma una Milano attuale e contemporanea, riletta in chiave gentile e contaminata: intensità, lunghezza, brodo e zafferano, insomma Un gran piatto. Glocale

Merluzzo al nero con zuppa di pesce e asparagi di mare. (Foto in apertura) Impenetrabile e profondo, la carme bianca si staglia sul nero della crosta e la zuppa di pesce veste il tutto. Dolce, sapido, vegetale e succo… Un piatto dalla dialettica impressionante che non smette mai di evolvere in bocca. Fenomenale

Spalla d’agnello arrosto con crema di ricotta e cipolle. Un piatto scolastico, dalla cottura e materia prima encomiabili. Andrea ci dimostra che ci sa fare, ma non ce n’era bisogno… Molto tecnico e abituale, ma tutto sommato dimenticabile. Tecnico

Pomodoro gelato al lime. un predessert estremamente piacevole, caratterizzato da una grandissima dinamica e freschezza. Intenso

Irish Coffe. È divertente e di grande scuola. Forma e sostanza un dessert molto bello ed estremamente buono. Magistrale

Arancia, cioccolato e gelato alla mandorla. Un dessert notevolissimo che vive di contrappunti tra acidità dell’arancio, morbidezza del cioccolato e dolcezza della mandorla. Il gelato di mandorla poi è incredibile, dalla lunghezza dolomitica.  Dinamico

Chiudiamo con la piccola pasticceria da urlo, una cena che è stata sicuramente notevole, ma sempre molto composta e senza guizzi eccessivi. Tutto solido, borghese e misurato. La grande tavola che ci aspetteremmo al centro di questa città, che come dice Landolfi, forse non esiste ed è solo un concetto!

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