Come fare la amatriciana classica che solo a Roma sanno fare
Dopo la matriciana più gastrofighetta che non si può, ecco la amatriciana classica, quella che tutta Roma si fregia di saper fare. Che sfama da generazioni romani e turisti, allegramente e senza troppi pensieri. Quella che commuove la sciagurata Julia Roberts in Eat, Pray and Love. Insomma un poco come se Stipe decidesse di cantare My Way, come se gli Ardecore provassero a suonare Barcarolo Romano, così noi ora proveremo a cucinare la matriciana classica.
Di nuovo al taglio, il guanciale di Paolo Parisi a tocchi più grossi dovrà reggere il grasso che perde. Poi in padella a soffriggere. Si toglie, qualche pezzo resta ad insaporire il pomodoro pelato che si strama nel soffritto. La solita mezza cipolla a donare il suo afrore gagliardo. Pepe e sale solo quel che serve. La fiamma è ora bassa per consentire al pomodoro di farsi sugo e raccogliere tutta la forza.
Le narici si riempiono dell’aroma di cucina. Di sugo che si sta cuocendo, piano piano, senza fretta. Quando i filetti si sono sfaldati è il momento di aggiungere i tocchi di guanciale, così doneranno ancora di più quel delizioso profumo di maiale che è la cifra più bella di questo piatto ancestrale.
L’acqua è già sul fuoco, bolle placida, poi più nervosa. Bisogna scegliere la pasta. Il pacco di Atmosfera Italiana mi occhieggia da un’angolo della cucina. Per un piatto classico, ci vuole un classico e mi ricordo che la dispensa di Atmosfera contiene alcuni pacchi di spaghettoni Cavalieri. Più classico di così? Andrea inizia a fremere, il profumo lo sta solleticando. Persino quella vecchia volpe di Vincenzo ha smesso di scattare foto. Apro il pacco e la solita confezione azzurra già mi fa salivare. La apro e tuffo gli spaghettoni ritorti nell’acqua.
Come preparare la matriciana classica
Ora viene il difficile. Bisogna aspettare che cuocia e si sa lo spaghettone pugliese si lascia aspettare. Un occhio all’orologio, sono quasi le sei. Oramai lo spuntino delle cinque è in fase digestiva. Il tempo di cambiare il long playing sul piatto, è il momento di Leonard Cohen. Rassicurante e perfetto per questa pasta antica e moderna.
Scoliamo la pasta, l’odore di grano è intenso, la padella sul fuoco, scalda il condimento. Il tempo di un rapido salto nel sugo, la classica per me chiede di essere mantecata, poi il pecorino intenso e sauvage. Spengo la fiamma, una girata di extravergine intenso e manteco energicamente, per inglobare quanta più aria possibile. I piatti sono già pronti, magicamente si sono palesati sul tavolo di servizio, quasi da soli…
Le porzioni vengono impiattare, e non c’è niente da fare, lo spaghetto sparge allegria contagiosa. Lo addento e mi struggo al sapore antico e consistenza rassicurante. Riconosco il morso gagliardo del grano e dell’amido generoso che è la caratteristica più bella di Benedetto Cavaliere, non posso fare a meno di pensare quanto sia giusto su questa pasta un poco mignotta e molto mamma.
Alzo gli occhi e guardo Andrea che avidamente si avventa, mentre Cohen canta The Future!
Ingredienti (per 6 persone)
1/2 chilo di spaghettoni, pastificio Benedetto Cavalieri
300 g di guanciale Paolo Parisi
300 g di pecorino riserva di gregorio Rotolo
400 g di pomodoro fresco a filetti
sale qb
pepe qb
mezza cipolla bianca
olio extravergine
2. continua
Me ne frego di quello che combinate, ma se non fai degli accertamenti ricapiterà ancora.
Complice del paziente: Che cosa ?
House: Questo. [House dà con il bastone una botta al lettino e il paziente cade] Fico.
(dr House, la strana coppia)