Le Fooding tra spaghetti, pizza e panni stesi. A Milano!
Le Grand Fooding, a Milano è una vera festa dell’unità per la cucina italiana nel mondo. “Il trionfo dello spaghetto gigante”, così l’ha lanciato Alexandre Cammas, critico gastronomico e fondatore dell’evento.
La tappa milanese di questa manifestazione internazionale, alla quale hanno preso parte chef italiani, francesi, brasiliani, americani e inglesi, si è svolta in Via Tortona, in una zona di Milano famosa per il design e per l’organizzazione di grandi eventi.
La serata era divisa in tre parti: ‘Le grand preludio’, ‘Le grand banchetto San Pellegrino e Acqua Panna’ e ‘Le grand tabu’. Gli appassionati della gastronomia hanno iniziato ad arrivare verso le 19. La prima sorpresa della serata è stata l’aperitivo all’aperto. Fortunatamente, le bollicine di un bicchiere o due di Mumm Cuvée privilege hanno riscaldato per venti minuti l’attesa di un assaggio di pizza.
Bisogna riconoscere che l’attesa è stata ripagata. Il primo assaggio è stato di una pizza sottilissima con polpette di vitello, prosciutto, panna e salvia, preparato da Jon Pollard (Pizza East, Londra). Davvero strepitosa.
Al lato accanto, i pizzaioli Jed Cote e Charlie Hallowell rappresentavano un approccio californiano alla tradizione italiana con la sua pizza ai calamari, aioli e pomodorini. Senza dubbio buona, ma non offriva niente di particolarmente speciale rispetto alla prima. Al minimo, dimostrava che anche gli Americani sanno fare la pizza.
Un campanello è suonato alle 8,30 e lo staff di Le Fooding, vestito in nero con delle luci posizionate su un cappello, ci ha guidati dentro per la cena. Grandi tavole comunali e panni bianchi stesi da sopra ricreavano l’identità dell’Italia conosciuta e amata in tutto il mondo. Ma insieme alle vecchie tradizioni del Belpaese vi erano dei segni di un Italia con una creatività gastronomica moderna.
Ho già detto che abbiamo mangiato al buio?
Il primo atto della cena era un buonissimo crudo di pesce dello chef Mauro Colagreco (ristorante Mirazur, Menton) abbinato con sapori freschissimi del lime, cetriolo, mela verde e radicchio rosso.
Il secondo atto, molto atteso, era un piatto (ovvero un bicchiere) di Massimo Bottura chiamato “Milano da bere… o da mangiare”? La reinterpretazione dei sapori della tradizione milanese era una riduzione di ossobuco, midollo e zafferanno cui andava aggiunto il riso soffiato a tavola. Il fatto di servire una creazione cosi a centinai di persone richiedeva che il riso soffiato fosse distribuito fra diverse persone in un solo bicchiere, presentando una sfida sulle giuste proporzioni. La grande anticipazione ha sollevato pareri discordanti ed un pizzico di delusione. Ma la partecipazione di Bottura, con un’idea innovativa e creativa, era simbolo di un’Italia che sta emergendo come punto di forza della cucina moderna nel mondo.
Rappresentando il Sud Italia, lo chef Pino Cuttaia (ristorante La Madia, Licata) ha preparato il terzo atto: baccalà all’affumicata di pigna, patata schiacciata e condimento alla pizzaiola. Niente di rischioso, ma il pesce, morbido e molto saporito, era buonissimo ed è riuscito a convincere tutti.
Il quarto atto era una creazione fushion brasiliana-italiana con tagliolini di pupunha al pesto di rucola e seppioline, preparato dallo chef Pier Paolo Picchi (Picchi restaurante, Sao Paulo). Piatto interessante ma che mi ricordava quanto io stimi i tagliolini… quelli all’italiana.
Dopo cena è arrivata l’ora de “le grand tabu”, naturalmente offerto da le grand sponsor”. Oltre alla bomba di gelato Haagen-Dazs (proibito dalla polizia) e Havana rum cocktails (proibito dagli americani) c’erano degli assaggi di carne cruda (proibito dai vegetariani) della Macelleria Cazzamali a Romanengo.
Quest’anno, grazie anche al suo aspetto bizzarro, Le Fooding non ha deluso. Divertente e sorprendente, l’evento ha messo insieme gli aspetti vecchi, nuovi e sempre amati dell’onnipresente cucina italiana nel mondo.