Pettole tarantine, ricetta del dolce fritto più buono da ora a Natale
Quando leggete di una ricetta che è semplicissima, povera, con pochissimi ingredienti, state pur certi che eseguirla a regola d’arte è tutt’altro che facile. E siccome ormai al prossimo Natale manca davvero poco, mi piace parlarvi delle Pettole tarantine, quelle che si preparano a Santa Cecilia in tutte le famiglie della città.
Anzi, a dirla tutta, all’alba tra il 21 e il 22 novembre, per iniziativa di alcune pasticcerie, si frigge agli angoli di strada in nome di un’antica tradizione tutta tarantina.
La leggenda narra che i pastori d’Abruzzo durante la transumanza passassero da Taranto di notte “portando la Novena” al suono delle zampogne e che le donne, già sveglie per impastare il pane quotidiano, scendessero in strada incantate dalla celestiale musica natalizia.
Come nascono le pettole tarantine
Al ritorno a casa però l’impasto del pane, triplicato di volume, non essendo più utilizzabile sarebbe finito in padella a cucchiaiate. Se la leggenda abbia un minimo di fondamento non ci è dato sapere, ma che a Taranto le bande cittadine suonino la Novena per strada durante la notte di Santa Cecilia (patrona dei musicisti), e che vengano accolte con pettole fumanti, è una tradizione che ogni anno si rinnova almeno da quando, mia nonna e mia madre ne avevano memoria.
Mamma impastava le pettole durante la notte. Alle prime luci dell’alba, quando la musica della banda ci svegliava tutti, la trovavamo già in cucina a friggere le pettole e con la moka del caffè pronta sul fornello.
Le pettole tarantine e gli errori da non fare
Potete perciò immaginare quanto sia irritante per me leggere ricette di pettole tarantine scritte da chi non sa neppure cosa siano, accomunate ad altre frittelle tradizionali di differenti luoghi d’Italia, definite “palline di pasta da pane” fritte in olio di semi (!!!).
In realtà si tratta di un impasto di farina, acqua e lievito, molto molle e idratato, tra il 70% e il 90% rispetto al peso della farina; simile per struttura ad una pasta choux, nel senso che deve ricadere a nastro su sé stessa, atrappandosi a fatica.
Mia madre diceva che la dose di lievito prevista nelle ricette canoniche era il doppio del normale (almeno 25 grammi di lievito di birra su 1 Kg di farina). Oggi sappiamo che non è necessario usare tanto lievito: l’impasto cresce benissimo ugualmente ed è anche più digeribile.
È dunque un impasto povero, molto lievitato, fritto in olio fumante? Vi starete chiedendo dove siano le difficoltà. Innanzitutto la tecnica di impasto e la giusta idratazione, poi la frittura. Se sbagliate i passaggi vi ritroverete pettole intrise di olio oppure “intufate”( dure e poco gonfie): una vera porcheria, insomma.
Andiamo alla ricetta tradizionale di Taranto va’, che è meglio…
La ricetta perfetta delle pettole tarantine
Ingredienti
500 g di farina 00 ( possibilmente con un valore proteico maggiore di 9)
7 g di lievito di birra fresco
mezzo cucchiaino da caffè di zucchero
2 cucchiaini di sale fino
½ bicchiere d’acqua per il lievitino
350 ml circa di acqua tiepida per l’impasto
Olio extravergine per friggere
Zucchero semolato per la finitura
Come prepararle
In mezzo bicchiere d’acqua tiepida sciogliete il lievitino con lo zucchero e un cucchiaio di farina preso dal totale. Coprite con un piattino e aspettate circa 15 minuti.
In una pentola alta (quella dove cuocete gli spaghetti) mettete tutta la farina, il sale e il lievitino.
Sedetevi comodi, prendetevi la pentola ’nzine ( in grembo) e poco a poco aggiungete l’acqua mescolando con la mano in senso circolare. A questo punto con la mano sinistra tenete la pentola per il manico mentre con la destra impastate con un energico movimento dal basso verso l’alto per incorporare aria. Mamma diceva ”lo devi battere”.
Dopo circa dieci minuti otterrete un composto liscio (senza grumi), elastico e appiccicoso che in superficie comincerà a fare le bolle quando lo lasciate ricadere. Ecco, quello è il segno che l’impasto è pronto. Ponete la pentola coperta al tiepido, oppure nel forno spento insieme ad un pentolino di acqua bollente e lasciate lievitare fino a che il composto non avrà quasi triplicato il suo volume. Adesso si potrà friggere poco alla volta.
Attenzione alla frittura
La frittura delle pettole tarantine va fatta a immersione in un tegame a bordi non troppo bassi e colmo di olio. Scaldate l’olio fino a che non fa le prime bollicine; bagnate un cucchiaio in una ciotola d’acqua e usatelo per prelevare l’impasto a cucchiaiate e spingerlo nell’olio con l’indice della mano sinistra.
Le pettole si gonfieranno subito. Muovetele e giratele in continuazione nell’olio; gradatamente aumentate la temperatura per farle dorare; scolatele su carta fritti.
Rotolatele in un piatto con zucchero semolato e servitele calde.
Se le vostre pettole tarantine saranno così, potrete dirle perfette.
Buon divertimento per stanotte.
RicettaPettole Tarantine
Ingredienti
- 500 g di farina 00 ( possibilmente con un valore proteico maggiore di 9)
- 7 g di lievito di birra fresco
- ½ cucchiaino da caffè di zucchero
- 2 cucchiaini di sale fino
- ½ bicchiere d’acqua per il lievitino
- 350 ml circa di acqua tiepida per l’impasto
- Olio extravergine per friggere
- Zucchero semolato per la finitura