Raccolte 2 milioni di firme e ora il verdetto finale per l’arte dei Pizzaiuoli patrimonio Unesco
Ce la farà la pizza napoletana o, meglio, l’arte dei pizzaiuoli napoletani a diventare patrimonio immateriale dell’Unesco? Lo deciderà la commissione che si riunisce a Seoul, in Corea, dal 4 all’8 dicembre 2017.
L’ultima spinta di moral suasion l’ha dato la mobilitazione della Coldiretti che ha raccolto le firme a sostegno della candidatura sul lungomare di Napoli, negli stessi luoghi del Napoli Pizza Village da cui tutto è partito 3 anni fa.
Una galoppata durata due anni che ha portato a raccogliere 2 milioni di firme di altrettanti sostenitori dell’abilità artigianale dei pizzaioli.
A Parigi si è tenuto l’incontro “L’arte della pizza napoletana: storia e tradizione di una passione” che la Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’UNESCO, la Fondazione UniVerde, Coldiretti e l’Associazione Pizzaiuoli Napoletani ha promosso nella sede centrale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura che ha anticipato la Settimana della Cucina nel Mondo e la decisione dell’ONU di dedicare il 2018 al cibo italiano nel mondo.
Sul tavolo ora ci sono anche le tante firme raccolte in giro per il mondo a sostegno della candidatura e vedremo cosa decideranno i membri dell’assise che si riuniscono in Corea del Sud, appunto lunedì 4 dicembre.
La candidatura della pizza è l’unica italiana delle 34 che saranno esaminate del Comitato Intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio immateriale dell’Unesco.
La pizza napoletana – sottolinea dalla Coldiretti – dal 4 febbraio 2010 è stata ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita dall’Unione Europea, ma ora l’obiettivo è quello di arrivare ad un riconoscimento internazionale di fronte al moltiplicarsi di atti di pirateria alimentare e di appropriazione indebita dell’identità. Una necessità anche per difendere i consumatori dalle pizze realizzate con farina proveniente da grano dell’Ucraina, mozzarelle ottenute da cagliate lituane, extravergine tunisino e concentrato di pomodoro cinese.
La candidatura della pizza a patrimonio immateriale dell’umanità tutela un settore che vale 10 miliardi di euro con almeno 100 mila lavoratori fissi nel settore della pizza ai quali se ne aggiungono altri 50 mila nel fine settimana, secondo i dati dell’Accademia Pizzaioli. Ogni giorno solo in Italia si sfornano circa 5 milioni di pizze nelle circa 63mila pizzerie e locali per l’asporto, taglio e trasporto a domicilio. Non è un caso che oggi il 39 per cento degli italiani ritiene che la pizza sia il simbolo culinario dell’Italia secondo un sondaggio del sito della Coldiretti e che la pizza sia la parola italiana più conosciuta all’estero, seguita dal cappuccino, dagli spaghetti e dall’espresso, secondo un sondaggio on line della Società’ Dante Alighieri.
La passione per la pizza è diventata planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci, che con 3,3 chili di pizza pro capite annui chiudono questa classifica.
L’arte dei pizzaiuoli napoletani sarebbe il settimo “tesoro” italiano ad essere iscritto nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco.
L’elenco tricolore comprende anche l’Opera dei pupi (iscritta nel 2008), il Canto a tenore (2008), la Dieta mediterranea (2010) l’Arte del violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013) e la vite ad alberello di Pantelleria (2014).
Accanto al patrimonio culturale immateriale, l’Unesco – continua la Coldiretti – ha riconosciuto nel corso degli anni anche un elenco di siti, e proprio l’Italia è lo stato che ne vanta il maggior numero a livello mondiale. Significativamente però – evidenzia Coldiretti -, gli ultimi elementi, ad essere iscritti negli elenchi, dallo Zibibbo di Pantelleria alla Dieta Mediterranea, fanno riferimento al patrimonio agroalimentare made in Italy, a testimonianza della sempre maggiore importanza attribuita all’alimentazione.
“Il riconoscimento dell’Unesco avrebbe dunque un valore straordinario per l’Italia che è il Paese dove più radicata è la cultura alimentare e la pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “è chiaro che garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale”.
Incrociamo le dita, il 4 dicembre è arrivato.