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3 Giugno 2016 Aggiornato il 7 Aprile 2019 alle ore 16:58

Casa Barone spiega perché Slow Food sbaglia a cancellare il presidio del pomodorino del piennolo

Il pomodorino del piennolo non c'è più. O meglio non c'è più nella mappa dei presidi di Slow Food, cioè in quel paniere di prodotti meritevoli di
Casa Barone spiega perché Slow Food sbaglia a cancellare il presidio del pomodorino del piennolo

pomodorini piennolo

Il pomodorino del piennolo non c’è più. O meglio non c’è più nella mappa dei presidi di Slow Food, cioè in quel paniere di prodotti meritevoli di attenzione e di tutela perché potrebbero sparire da un momento all’altro.

Abbiamo anticipato la lettera ufficiale di Gaetano Pascale, Presidente di Slow Food che ne annunciava la chiusura.

E oggi riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di Giovanni Marino di Casa Barone, probabilmente l’azienda che maggiormente ha fatto conoscere il piennolo al grande pubblico, che offre ai lettori di Scatti di Gusto la sua interpretazione sul punto.

conserva-piennolo-san-marzano-Casa-Barone

Spettabile redazione,

premesso che a Slow Food va riconosciuto un enorme merito per avere nel lontano 2001 creato un Presidio per la salvaguardia e la valorizzazione del pomodorino “al piennolo” che ha aiutato aziende come la mia a muovere i primi passi per far conoscere questo prodotto oltre i confini napoletani e campani (ma credo che altrettanto merito vada riconosciuto a quelle imprese che in questi ultimi 15 anni hanno materialmente e mediaticamente investito per far conoscere questo prodotto nel mondo, agli operatori della ristorazione come ai consumatori), non ho difficoltà ad ammettere che le ragioni esposte nella lettera di chiusura del Presidio Slow Food del Pomodorino del piennolo del Vesuvio dop, sono in buona parte condivisibili:

il pomodorino del piennolo non è più a rischio di estinzione (se mai lo è stato), la DOP è in crescita costante (dal 2010 al 2015 si è passati da 7 ha a 30 ha iscritti alla dop, ma si tenga presente che la produzione iscritta rappresenta forse un terzo della produzione totale in area vesuviana ), il disciplinare di produzione è serio e rispecchia fedelmente le tecniche di coltivazione tradizionali, i controlli ci sono anche se vanno affinati e potenziati (e lo stiamo facendo elaborando di concerto con l’organismo incaricato dal Ministero un nuovo piano di controllo più severo con alcune misure che partiranno già da quest’anno), la DOP è anch’essa uno strumento importate di valorizzazione quanto il Presidio, se non di più.

Poteva rimanere in vita il Presidio? Con quale valore aggiunto?

Secondo me poteva, sulla base di un progetto i cui cardini dovevano essere la SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE (ogni Presidio ha un disciplinare interno di produzione), la TRASPARENZA con i consumatori e la SOLIDARIETA’ tra i produttori della associazione (ogni Presidio presuppone l’esistenza di una associazione di produttori affiliata a Slow Food).

Come produttori, con grande difficoltà e ritardi, ci eravamo incamminati su questa strada da circa un anno elaborando un nuovo piano di autocontrollo aperto alla partecipazione dei consumatori (autocontrollo non significa nessun controllo), anche come reazione ad alcuni problemi avuti al nostro interno a questo riguardo; un nuovo regolamento, con un meccanismo di affiancamento iniziale, per l’adesione al Presidio di nuovi produttori; nuove modalità di stare insieme e di promuovere il Presidio passando dall’essere una somma di individui unicamente interessati a sfruttare i vantaggi commerciali del marchio dei Presidi ad una vera associazione che fa sviluppo territoriale. Ebbene tutto questo non solo non è stato assecondato dai dirigenti di Slow Food Campania ma è stato ostacolato, perché i produttori devono stare zitti e buoni e parlare solo se richiesti e non possono, dico non possono, eleggersi il proprio responsabile senza che questo sia gradito a Slow Food, non possono, dico non possono, permettersi di sindacare se il produttore tizio o caio segnalato da Slow Food sia idoneo o non idoneo a entrare nella associazione dei produttori, non possono, dico non possono, sollevare dubbi sul sistema dei controlli interno richiamando anche Slow Food alle sue responsabilità di supervisione e, in generale, non possono rompere troppo le scatole e dire la loro perché Slow Food già ci fa un favore e, insomma, se vi sta bene, bene … Ragion per cui il Presidio del pomodorino del piennolo era diventato, come si dice nella lettera, una ulteriore struttura burocratica che si aggiungeva alla DOP …

E’ questo un forte limite dell’azione di Slow Food, un forte limite del progetto dei Presidi, un progetto peraltro assolutamente meritevole e geniale:

si è molto capaci di proporre all’attenzione dei media e della opinione pubblica un determinato prodotto (o qualche produttore particolarmente gradito) ma non si è in grado (anche perché non lo si vuole) di essere accanto ai produttori per farli crescere economicamente e socialmente rispettando e anzi incoraggiando la loro autonomia di pensiero e azione.

Un conto è supervisionare la coerenza dei comportamenti rispetto ai principi di Slow Food e il rispetto delle regole (quando ci sono), un altro è voler decidere al tuo posto.

Il discorso sarebbe ancora molto lungo da fare e complesso, ci dovremmo chiedere cosa è oggi Slow Food, quali interessi si muovono al suo interno, quali categorie di operatori sono più influenti, dove finisce l’associazionismo e dove comincia il business, ma mi limito a queste considerazioni e spero di aver dato a chi legge qualche elemento in più di riflessione.

Un’ultima considerazione. Non concordo con l’affermazione secondo la quale la scomparsa della coltura dell’albicocco vesuviano sia da mettere in relazione con la ripresa della coltivazione del pomodorino del piennolo.

La crisi di mercato dell’albicocco è di vecchissima data ed ha ragioni sue proprie. Che oggi qualche agricoltore preferisca espiantare vecchi albicoccheti per fare posto alla coltivazione del pomodorino non è che una conseguenza.
protesta pomodorino piennolo

P.S.

La bella foto da voi pubblicata che mi ritrae con quello striscione al Salone del Gusto del 2010(mentre a Terzigno andava in scena la guerra civile tra polizia e manifestanti che si opponevano alla apertura della discarica) mi costò feroci polemiche con l’allora responsabile regionale di Slow Food, Gaetano Pascale, perché quello striscione “non era stato concordato” e l’indomani era atteso l’assessore regionale Amendolara, che non avrebbe gradito l’associazione mentale discariche/prodotti della Campania.

Giovanni Marino

membro della associazione dei produttori aderenti all’ex Presidio Slow Food del pomodorino del piennolo del Vesuvio Dop

presidente del Consorzio di Tutela del pomodorino del piennolo del Vesuvio Dop

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