Attenzione, la pubblicità nativa accredita Marianna Vitale?
Pubblicità nativa. O native advertising. È quella che ha fatto la fortuna di Monocle e di Tyler Brûlé, l’editorialista del Financial Time conosciuto per il suo stile di vita lussuoso.
Ha venduto una quota alla Nikkei per 10 milioni di dollari. Monocle è stato valutato 115 milioni di dollari ed è stato lanciato nel 2007.
Sul web è un riferimento per quanti guardano a un certo modo di fare pubblicità. Che non vuol dire fare “marchette”, a scanso di equivoci.
Uno sguardo alla voce corrispondente su Wikipedia cancella ogni dubbio.
… il Native Advertising è un metodo pubblicitario contestuale che ibrida contenuti e annunci pubblicitari all’interno del contesto editoriale dove essi vengono posizionati (sia dal punto di vista grafico sia dal punto di vista della linea editoriale), indicando chiaramente chi è l’inserzionista che ‘sponsorizza’ tale contenuto. È distante dal Pubbliredazionale, che invece cerca di mascherare contenuti pubblicitari come articoli editoriali su prodotti o servizi
Il comparto del food, ovviamente, non è nuovo a questa tendenza. Monocle ha addirittura il suo Caffè a Londra.
Ma mi è piaciuto molto la campagna studiata da Vanity Fair per la BMW Active Tour. Sono state scelte sei donne e tra di loro una chef: Marianna Vitale.
Lo scopo del “contenuto promozionale” è di posizionare la vettura presso il pubblico femminile.
Ma Marianna Vitale non dice mai “quanto è bella questa vettura”.
L’auto l’accompagna al mercato del pesce di Porta Nolana a Napoli e scopriamo che per Marianna vive a Baia e che la stella Michelin è stata accordata anche perché il progetto di Sud era molto molto giovane.
C’è anche il momento di autopromozione: “Marianna viene qui perché è la più bella pescheria di Napoli”. Ma lo dice il pescivendolo.
Scopriamo anche che Marianna ha bisogno del navigatore e dell’iDrive. Per sapere del traffico, dai. Mica per tornare a casa.
Ma volete mettere tutto questo con la diffusione di un messaggio di qualità, legata al mare, di fantasia e sostanza.
C’è anche Pino che spiega la reinterpretazione della fresella. Un occhio al passato e uno sguardo al futuro. La cucina come la tecnica di un’auto. Mica male, vero?
La scelta di Marianna e Pino è stata di restare e di investire. A Quarto e su un ristorante.
Investire anche sulla propria immagine che farà conoscere a potenziali acquirenti di BMW la realtà di un ristorante di cui forse non avevano ancora sentito parlare.
Vogliamo demonizzare per questo il Native Advertising o tirarne fuori gli ingredienti (e i piatti migliori) migliori come fa Marianna Vitale nel suo ristorante?
Non è che dopo questo post non vi piace più? Insomma, la pubblicità nativa accredita o discredita?