Roma. Cacio e pepe Secondo Tradizione, ma piatti fusion al bistrot di Anthony Genovese
A Roma è partita una collaborazione tra Il Pagliaccio (ristorante 2 stelle Michelin) e La Tradizione, storica bottega gastronomica di via Cipro.
È un progetto che si propone di rilanciare Secondo Tradizione, il bistrot che vuole valorizzare i piatti della tradizione romana, rivisitati con garbo e fantasia, affiancandoli a prodotti di piccoli artigiani selezionati dall’affermata pizzicheria capitolina.
Lo chef Anthony Genovese ha scelto la brigata. Il suo fidato sous chef Francesco di Lorenzo, fil rouge tra Il Pagliaccio e Secondo Tradizione, guida il bistrot insieme allo chef Piero Drago e al suo braccio destro Jacopo Ricci, entrambi nel locale di Via Rialto dopo 3 anni trascorsi al Pagliaccio.
Nel menù, oltre ai classici della cucina romana, ci sono piatti del giorno e di stagione che, inutile dire, cambiano spesso.
Adesso trovate chicche come uova, parmigiano e tartufo pregiato (22 €), fettuccine al tartufo o con anatra e propini (entrambi a 20 €) o vacca vecchia, patate e carciofi (30 €).
Molti i primi della tradizione romana (burro e alici, cacio e pepe, carbonara, amatriciana, gricia, tutti 12 €), saltimbocca (16 €) o abbacchio a scottadito (18 €).
Ogni giorno dalle 18 parte l’aperitivo e c’è da divertirsi con i taglieri di salumi e formaggi, italiani e non, e le immancabili bollicine.
Ho assaggiato alcuni piatti creati dalla brigata “di origine stellata” e sono rimasta piacevolmente colpita.
Iniziamo con un fritto misto alla romana, composto da carciofi, broccolo romanesco, foglie di borragine, baccalà e animelle (12 €). Non ricordo quando ho mangiato l’ultima volta il cervello fritto in un locale. Ci vuole coraggio per proporlo con animalisti e vegani in agguato.
Un altro antipasto è una fusion romano-piemontese: tartare di manzo con salsa di bagna cauda, alici e puntarelle. Deliziosa, delicata, dietetica. Me ne mangerei un bel po’ (in fondo, sono crudista anch’io).
Poi l’artiglieria pesante: cannelloni di cotechino, stracchino e cavolo nero. Buoni, si sciolgono in bocca, ma ho la sensazione che il cotechino si depositi direttamente sui miei fianchi. E per fortuna che questa è una mezza porzione!
La guancia di vitello è tanto tenera che “si taglia con un grissino”: cottura perfetta. È accompagnata dal purè di patate alla vaniglia (abbinamento insolito, ma conquista all’istante) e dalla lattuga arrosto.
Il dolce sembra uscito da un’altra cucina, pensata com’è per ragazze attente alla linea: miglio soffiato, lampone e granita di caprino (7 €). Senza un grammo di zucchero. Ideale per pulire la bocca e terminare la cena.
La carta dei vini di Secondo Tradizione è piuttosto interessante: non mancano bollicine, bottiglie di valore e etichette laziali. La cena è stata accompagnata dai vini di Merumalia, azienda biologica dei Castelli Romani.
Pronti alla fusion bistrò-stellata?
Secondo Tradizione. Via Rialto 39. Roma. Tel. +39 06 3973 4757