Roots, le radici del cibo secondo sei chef
![Roots, le radici del cibo secondo sei chef](https://www.scattidigusto.it/wp-content/uploads/2015/06/chef-roots-768x512.jpg)
Sei chef sono stati chiamati da David Rossi e Roberto Burroni, i titolari di Toscobosco, un’azienda specializzata in tartufi, per presentare una nuova linea di prodotti, legati alla memoria della famiglia.
È stato chiesto di interpretare la propria visione delle radici della terra. Un mondo non solo crudo.
La storia parte dalla nonna di David che ai tempi della Seconda Guerra Mondiale è fuggita nei boschi, portando con sè dodici bambini per salvarli dai nazisti. Sono rimasti nascosti per 15 giorni e sono sopravvissuti, nutrendosi con le radici e i frutti della terra.
Oggi, per ricordare la nonna e il “cibo primordiale”, sono stati creati le nuove specialità “Roots” in barattolo, tra cui topinambur , tartufo bianco e nero, zenzero, daikon mediterraneo e scorzonera, che gli chef hanno tradotto in piatti particolari e raffinati.
Questo singolare raduno si è tenuto nel cuore della Toscana, in mezzo al bosco secolare di Val di Chiana, che svela all’improvviso una radura con un’antica chiesa e uno spazio elegante e naturale, tra giardini e vecchie serre. Proprio qui dopo il tramonto è stato ambientato uno spettacolo con tanti effetti speciali, la partecipazione degli ospiti alla fiaccolata e con gli chef a fare gli attori protagonisti, presentati da Luigi Cremona.
Simone Cipriani. Figlio d’arte, ha però fatto una scelta coraggiosa trovando un suo percorso autonomo lontano dal ristorante paterno. Ora è lo chef al Santo Graal di Firenze, un laboratorio di cucina, dove riesce a imporre il suo stile, usare ingredienti poveri e riprendere la tradizione. La sua proposta: “Le mie radici” (daikon, tartufo nero, polvere di funghi e germogli)
Michelino Gioia . Approda al The Cesar nel 2003, dopo aver lavorato al Baglioni di Bologna, al Four Seasons di Milano e all’hotel Eden di Roma. La sua combinazione armonica di sapori e colori, segue due regole fondamentali: valore per l’aspetto naturale del prodotto e rafforzamento del legame con il territorio. I piatti preparati seguono le stagioni e la maggior parte degli ingredienti vengono coltivati nell’orto del ristorante. La sua proposta: “Crema di carote con zenzero e ricotta”.
Sara Preceruti. Lomellina di nascita, comasca d’adozione, cuoca per passione e convinzione. Cresce nella cucina de La Locanda del Notaio di Pellio Intelvi fino a diventare chef a soli 27 anni. Ora è in un momento importante della sua vita: la guida della cucina de L’Antico Crotto a Porlezza, una storica locanda sulla parte italiana del lago di Lugano che con lei probabilmente troverà il rilancio che merita. La sua proposta: “Carpaccio di carne marinato con strega al peperoncino e spuma di scorzonera”.
Fernando del Cerro. E’ lo chef del ristorante Casa Josè di Aranjuez, località a circa 40 Km a sud di Madrid . Un luogo particolarmente privilegiato, perché già dal XVI secolo la famiglia reale lo scelse come sede per stabilirvi la propria residenza estiva. Proposte elaborate con tuberi e radici non mancano mai nella carta con uno sguardo rivolto in particolare alla tradizione gastronomica orientale, soprattutto giapponese, per la quale il nostro chef ha una vera e propria predilezione. La sua proposta: “Crema di topinambur con spuma di civet di cacciagione”.
Erika Bergheim. Erika Bergheim, chef nell’albergo Schloss Hugenpoet, 37 camere e suite di grande confort in un ambiente suggestivo che risale al XVII secolo. È una tra le migliori cuoche tedesche, ama il green, ha il proprio orto, predilige i prodotti freschi e le verdure, ha scelto da tempo la strada del bio. Cosa rende la sua cucina così particolare? “Il mio scopo è quello di mettere in risalto il sapore proprio di ogni singolo ingrediente o meglio di trasformare questo sapore in unione con altri ingredienti in una esperienza di gusto armoniosa”. La sua proposta: “Daikon, sesamo, crescione e sashimi di branzino”.
Tomohiro Uido. Chef per caso che per arrotondare lo stipendio finisce in un ristorante indiano di Tokyo. Però si appassiona alla cucina ed eccolo in Francia a fare esperienze in cucine molto famose. Come quelle de “La Côte Saint Jacques” (3 stelle Michelin) a Joigny, “Le Trèfle à quatre feuilles” (2 stelle Michelin) a Genval, come “La Terrasse” (2 stelle Michelin) a Saint Juan les Pins. Nel 1994 ottiene il suo primo posto di chef nel ristorante di Saint-Léger-en- Yvelines “La belle aventure”. Qui incontra Nadine, la moglie, e nel 2001 mettono mano a un ristorante nel villaggio di Marly-le-Roi “Le Village”. Nel 2011 Tomohiro riceve la prima stella Michelin. Le sue ricette rappresentano l’unione tra la gastronomia francese e le tecniche asiatiche. La sua proposta: “Sogno di sei radici in ratatouille” (scorzonera, daikon, barbabietola e topinambur con l’uovo e perle di tartufo)”
Posso dire la mia? Creazioni scenografiche, bellissime, alcune davvero buone, altre “da comprendere”. Ma io, da profana, preferisco il buon vecchio ovetto al tartufo. Sbaglio?