Breve storia di Santa Lucia, pastificio di Garofalo ora conosciuto per un milione di chili di spaghetti sequestrati
Diciamolo pure: è stato un duro colpo leggere che il marchio Garofalo era stato associato a un sequestro di pasta.
La pronta smentita della storica azienda, che ha sede a Gragnano ed è stata acquistata dagli spagnoli di Ebro Foods, ha fatto conoscere un altro suo marchio: Santa Lucia.
La notizia del sequestro di circa 1 milione di chili di spaghetti è vera ed è anche datata di qualche mese. E infatti la Garofalo non smentisce questo passaggio. E parliamo di prodotto finito, non di grano.
Il grano sarebbe quello tenero contenuto nelle confezioni di pasta sequestrata che per una pasta napoletana è come una bestemmia. La pasta si scuoce solo ad aprire il pacco come ben sanno i connazionali alle prese con paste di grano tenero vendute nei market dell’Europa Centrale.
Ma cos’è Santa Lucia? Lo spiega Massimo Menna, AD della Garofalo nella sua nota di precisazioni.
2) Il prodotto di cui si parla fa parte della linea Santa Lucia, storico brand di proprietà del pastificio nato quasi quarant’anni fa appositamente per il mercato africano, a cui è tutt’ora destinato, e non raggiunge pertanto gli scaffali italiani né di altri Paesi europei.
Lo leggiamo sul retro dell’etichetta in cui è riportato il Country of Origin che avrebbe dovuto tranquillizzare gli addetti ai controlli nel porto di Genova.
Forse sono tratti in inganno dal marchio e dal sito della Santa Lucia che, ovviamente, ha tutto l’interesse a chiarire che Santa Lucia è relativamente giovane ma può contare sull’esperienza centenaria della Garofalo che è a Gragnano, cioè la capitale della pasta.
Insomma, è come se a Genova avessero preso il marchio per etichetta leggendo Made in Gragnano invece che Made in Turchia dove la pasta viene prodotta.
È sempre Menna che spiega i motivi della scelta di produrre in Turchia: costi e competitività.
4) La scelta del Pastificio di produrre tale linea in Turchia è stata presa, in accordo e nell’interesse anche della clientela africana, con il preciso obiettivo di mantenere vivo il brand sul mercato, perseguibile solo attraverso l’abbassamento dei costi per arrivare ad un prezzo adeguato rispetto a quello dei competitor stranieri, ed in particolar modo turchi. La qualità del prodotto non è inferiore a quella dichiarata e alla nostra azienda non sono mai stati notificati i risultati di presunte analisi
Un orientamento che viene spiegato benissimo dallo spot che reclamizza Santa Lucia.
Siamo più preoccupati dalla sifonata di salsa viola che il ragazzino impone al piatto di spaghetti, e che – scommettiamo – diventerà oggetto di esame visivo degli appassionati di pasta, piuttosto che della possibilità che questa pasta finisca sulle tavole italiane come d’altronde ha escluso Menna.
E allora ci chiediamo come mai da alcuni mesi questa pasta turca che è transitata a Genova solo per essere trasbordata e consegnata è stata sequestrata?
Non il Made in Turkey, ma l’indicazione pasta di grano duro (e le percentuali di grano tenero sono state oggetto delle analisi, che però non sono state comunicate all’azienda) ha fatto scattare il provvedimento come se dovesse essere venduta in Italia e sottostare al comma 8 dell’art. 6 del DPR 9 febbraio 2001, n. 187 ?
[Immagini: sito Santa Lucia, vietnamese.alibaba]