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8 Maggio 2024 Aggiornato il 8 Maggio 2024 alle ore 14:51

Trattoria del Ciumbia: la recensione negativa più dura di sempre?

Alla Trattoria del Ciumbia di Milano non va bene niente, la dura recensione negativa boccia design, clientela, piatti e prezzi assurdi
Trattoria del Ciumbia: la recensione negativa più dura di sempre?

La recensione negativa, un atto d’accusa spietato contro la Trattoria del Ciumbia di Milano, arriva dal Gambero Rosso. 

Leonardo Maria Del Vecchio, 29 anni, quarto figlio dello scomparso fondatore di Luxottica, patrimonio di 4,7 miliardi di dollari, possiede 5 ristoranti. 

O meglio, proprietaria è la società Triple Sea Food, di cui Del Vecchio detiene il 78%. Gli altri soci sono Davide Ciancio, Marco Talarico e Carlo Ziller.

Con un investimento vicino ai 4 milioni di euro, Del Vecchio e soci hanno da poco acquisito due nuovi ristoranti, Vesta Portofino e Vesta Mare. 

Ne possedevano altri tre, aperti in 14 mesi nel quartiere Brera, a Milano, tutti nel cuore del distretto degli artisti, in via Fiori Chiari. Investimento stimato: 10 milioni di euro.

Del primo dei tre ristoranti milanesi, la Trattoria del Ciumbia, raccontata con una cronaca che è insieme pamphlet, recensione negativa e psicodramma, il Gambero Rosso non salva niente. 

Non il nome né il design, figurarsi la clientela, per non parlare dei prezzi assurdi, fino alla qualità dei piatti.  

Il ristorante milanese viene etichettato vieppiù come “il posto meno autentico in cui mi sia capitato di mangiare”, un “mangificio finto-popolare”, un “posto per stranieri talmente rimbambiti da non saper riconoscere il vero dal fake”. 

Ma analizziamo una delle più dure critiche mai lette, parlando di ristoranti, paragrafo per paragrafo. 

Trattoria del Ciumbia: la recensione negativa parte dal nome

Leonardo Del Vecchio jr ama i ristoranti

Andrea Cuomo, caposervizio del quotidiano Il Giornale e collaboratore del Gambero Rosso, inizia dal criticare l’uso improprio della parola “trattoria”, descritta come un “lapsus” o un “ossimoro”. Utilizzata nel nome del locale per evocare un’immagine che non corrisponde alla realtà . 

Anche il termine “Ciumbia”, esclamazione milanese simile al romanesco “me cojoni”, usato per esprimere sorpresa e ammirazione, è considerato un “contenitore lessicalmente vuoto”, perché il ristorante non riesce a generare le reazioni che il suo nome vorrebbe evocare.

Male anche il design, malgrado i soldi spesi 

Trattoria del ciumbia interno

Nonostante l’apparente ricchezza e cura nell’arredamento – parliamo ora di estetica e atmosfera del ristorante – secondo la recensione negativa del Gambero Rosso la Trattoria del Ciumbia non garantisce l’esperienza autentica che il nome e la storia di Brera promettono. 

Il design del ristorante viene descritto come un tentativo di richiamare l’epoca d’oro degli anni ’60 e ’70 del quartiere considerato il vero centro storico di Milano. 

Ma è uno sforzo vano, anzi, per essere precisi: “un’illusione ottica”. Perché nel locale milanese, anzi, in questo “mangificio finto-popolare”, niente è come sembra. 

A nulla servono i “colori sul rosso scuro”, i “materiali di pregio”, i “pezzi di design”, i “quadri optical” e il “pavimento mondrianiano”. Nonché un bancone che ricorda lo stile di Wes Anderson, il regista ispiratore del Bar Luce alla Fondazione Prada. 

Sono tutti elementi di una messinscena che non riesce a trasmettere le emozioni genuine attese da una vera trattoria. Al contrario, per la rivista romana: “la Trattoria del Ciumbia è il posto meno autentico in cui mi sia capitato di mangiare negli ultimi tempi” . 

Più recensione negativa di così: Trattoria del Ciumbia è un posto per stranieri

Arriva il momento di guardarsi intorno per giudicare la fauna del locale. 

La clientela local è elitaria (“milanesi di quelli con il golfino di cachemire e un nostalgismo stilizzato”) e temporanea (“giovani di buona famiglia senza problemi di paghetta che vanno nel posto à la page e tra sei mesi si recheranno altrove”). Comunque apatica verso l’esperienza culinaria proposta.

Duro e definitivo il giudizio di Andrea Cuomo sull’immagine stereotipata dell’italianità che il ristorante cerca di proiettare, senza riuscirci. 

La Trattoria del Ciumbia viene bollata dal Gambero Rosso come “posto per stranieri”. Peraltro: “talmente rimbambiti dall’oleografia italiana della trattoria da non saper riconoscere il vero dal fake”. 

Bello, ma non ci vivrei

Trattoria del vecchio recensione negativa

Il Gambero Rosso torna, in un altro paragrafo della recensione negativa, alla critica dettagliata degli interni della Trattoria del Ciumbia. E del suo stile retrò all’insegna del bello ma, certo, non del confortevole. 

Le sedie, che evocano gli anni ’70, hanno schienali così bassi da rendere scomodo l’appoggio di una giacca. Tutta forma, niente sostanza.

Sui vasetti che ornano i tavoli, definiti senza mezzi termini “cringe”, siamo alle battute cabarettistiche: “soprattutto se pensi che sei in via dei Fiori Chiari e non dei Fiori Finti”. 

La bottiglia vuota con la candela, elemento caratteristico delle trattorie, diventa un cliché buono al massimo per una “scena disneyana in cui Lilli e il Vagabondo mangiano gli spaghetti con le polpette”.  

Non solo, la bottiglia viene rimossa dal tavolo del recensore, che cenava da solo. Ma allora ditelo: questa è una discriminazione bella e buona verso chi non mangia in coppia o in gruppo. 

Peccato che a causa della scarsa illuminazione, corra l’obbligo al giornalista recensore di usare la luce dello smartphone per leggere il menu. Pratica comune ma in contrasto con l’immagine di raffinatezza che il ristorante cerca di proiettare.

Ciumbia che prezzi: alla faccia della trattoria

Un paragrafo decisamente avvelenato della recensione negativa si concentra sui prezzi esagerati della Trattoria del Ciumbia. 

Il menu, incentrato per lo più sui piatti classici della cucina milanese, è condito da prezzi astronomici per una trattoria. Non ci credete? Ecco alcuni degli esempi menzionati:

  • Mondeghili: 9 euro per quattro pezzi di numero.
  • Pane con acciughe e burro d’alpeggio: 17 euro.
  • Costoletta di vitello vestita (cioè con rucola e pomodoro): 37 euro, la più cara incontrata dal milanese Andrea Cuomo a Milano.
  • Fetta di panettone: 13 euro.
  • Acqua: 5 euro.
  • Birre: 10 euro per la piccola (diecieuro) e 18 euro per la grande (diciottoeuro).

L’aggettivo utilizzato per la carta dei vini è “disarmante”, con poche opzioni per chi vuole spendere meno 40 euro (solo tre). Una lista ampia, ma a giudicare dalla selezione delle etichette esclusivamente “per clienti ricchi”. 

Limitata la proposta di vini al calice, chi cena da solo è in difficoltà , non solo per le risicate possibilità  di scelta, anche per i prezzi. “Me la caverò con un calice di Lugana Ca Maiol Molin a 10 euro”, ci ha fatto sapere il giornalista. 

Non si mangia bene alla Trattoria del Ciumbia, sennò che recensione negativa sarebbe

Siamo finalmente ai piatti ordinati e messi alla prova. Anticipazione: neanche l’esperienza culinaria soddisfa il Gambero Rosso. Ma qualcosa ci suggerisce, a questo punto, che ve lo aspettavate.

  • Insalata di nervetti: Contiene più insalata che nervetti, senza contare che è esageratamente ricoperta di maionese.
  • Tagliatelle con ragù di coniglio e fave: Bene la consistenza della pasta, apprezzata. Il ragù invece è troppo liquido, lascia un fondo “fangoso”, nonostante il sapore sia buono.
  • Cotoletta: Si può scegliere tra alta o bassa, e la cotoletta nel piatto lancia buoni segnali. Ma non è certo all’altezza delle migliori di Milano, soprattutto considerando il prezzo (ricordiamolo: 37 euro).
  • Patate novelle arrosto: Cotte in modo irregolare, alcune risultano semicrude, altre bruciacchiate.
  • Zuppa inglese del Ciumbia: Ecco la mosca bianca, considerata una delle poche cose valide della cena.
  • Pane: Cinque fette in tutto appena riscaldate e poco attraenti.

Non va neanche il servizio: allora ditelo

Non è serata nemmeno per il servizio. 

I giovani camerieri sono volenterosi ma troppo zelanti, tanto da far sentire il cliente osservato. 

Nonostante la solerzia, ci sono stati ritardi nel servizio. Per esempio il vino arriva solo dopo un sollecito e l’antipasto viene servito “con il solo accompagnamento dell’acqua gassata”. 

La più dura stroncatura di sempre?

La Trattoria del Ciumbia, si legge nel gran finale della recensione negativa, è il simbolo di una tendenza più ampia nei locali milanesi moderni. Sono “meri atti di marketing”, privi di personalità , e incapaci di ispirare nei clienti una gioia autentica. 

La “Milano da bere” è l’ideale a cui ristoranti del genere aspirano? 

“Ciumbia che delusione”, chiosa il Gambero Rosso, il primo ristorante dell’impero gastronomico fondato da Leonardo Del Vecchio jr si rivela una versione sbiadita e superficiale del passato. 

Incapace di crearsi una clientela fedele, al massimo ricca e distratta, tanto da farsi spennare senza neanche lamentarsi.

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