Piacenza. La grande bellezza del Mercato dei Vini FIVI e delle etichette da ricordare
Dopo Verona, Piacenza. Come la presidentessa Matilde Poggi – vignaiola de Le Fraghe – ha dichiarato qualche giorno fa al Corriere della Sera, la Fivi è la fiera del vino che per numero di produttori presenti si piazza sul podio subito sotto il Vinitaly.
Una community di 15.000 appassionati di vino – 6.000 in più dell’anno scorso – si è ritrovata sotto un capannone. Immaginatevi un giorno di saldi. Ora immaginate un giorno di saldi con gli amici. Ora immaginate un giorno di saldi con gli amici, ad ascoltare commessi super preparati che producono e curano personalmente le cose che vendono in una sorta di disordine controllato. Un caos calmo. Riuscite a immaginare un pomeriggio migliore?
Perdonateci il taglio commerciale, ma era solo per sottolineare la credibilità crescente di un gruppo di più di 500 vignaioli che ci hanno messo la faccia anche quest’anno. C’è ancora qualcosa da sistemare? A livello di operato dell’Associazione, crediamo che le mosse dei soci stiano solo facendo bene al mondo del vino. Come la battaglia vinta sull’etichetta nutrizionale, una forzatura che avrebbe ridotto il vino a essere un clone di se stesso anno dopo anno, annullando per decreto la grandezza del lavoro dei vignaioli artigiani, figli della terra e del cielo.
Sul mercato una critica la facciamo volentieri. Sorvoliamo sull’imbottigliamento di carrelli e persone nei corridoi, quello fa parte di un festival di cui si annunciava il sold out e che l’ha fatto. Non sorvoliamo invece sulla disposizione dei banchetti. Dopo sette anni di riconosciuto servizio, confidiamo in un’evoluzione conservativa. Che preservi la casuale assegnazione dei posti all’interno della fiera, ma che in qualche modo faciliti la pianificazione di chi alla Fivi arriva con le idee se non chiare quantomeno filtrate. Suggeriamo un’assegnazione casuale-regionale, cioè che raggruppa tutti i produttori di una regione. I vantaggi ve li spieghiamo con un esempio molto semplice.
Il nostro equipaggio milanese aveva stabilito all’unanimità due focus. Il fiano per i bianchi e la Valtellina per i rossi. Le opzioni erano due: chiedere a Google Maps di sviluppare un tool percorso-più-breve per l’occasione, oppure saltabeccare come turisti che fanno le vasche in centro. Secondo voi com’è andata? Per vostra fortuna gli assaggi ve li possiamo raccontare senza troppi intralci.
Sul Fiano siamo partiti molto bene con il Pietraincatenata di Luigi Maffini. Il nome potrebbe far pensare a una serie di Rete4: in realtà è azzeccatissimo. I profumi sferzano con litchi e agrumi, in bocca è una lama di roccia bagnata dal mare. Gran beva, gran equilibrio fra acidità e mineralità.
Come veri American Ninja Warrior, dal corridoio 4 ci spostiamo al primo per assaggiare il Fiano di Case Bianche. Il Cumalè 2016, 100% Fiano, è una folgorazione, un essere snello, levigato e salmastro di impressionante lunghezza.
Anche sulla Valtellina abbiamo una doppietta da spendere. Il Sassella Terrazzi Alti è l’unico vino di Siro Buzzetti, un nebbiolo di montagna quasi opalescente, schivo come il suo padrone. Poi lo bevi e l’amicizia inizia la progressione che sfocia in un grande abbraccio.
Il secondo produttore valtellinese è Boffalora, un ex-carrozziere che ci ha offerto due gioielli. Il Rosso di Valtellina Umo, fresco e tempestato di piccoli frutti rossi e il Valtellina Superiore Pietrisco 2015, un vino che sinceramente ci ha dato le vertigini da quanto era sontuoso.
Le date per l’anno prossimo sono già state annunciate, 24 e 25 novembre 2018. Sarà il decennale. Saranno ancora di più? Sarà annunciata una nuova location? Siamo pronti a tutto, basta che il caos calmo non venga meno.
[Martino Lapini]