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7 Luglio 2022 Aggiornato il 7 Luglio 2022 alle ore 20:21

Se ai giovani non frega più nulla del vino la colpa è vostra

Se i giovani pensano che il vino sia roba per vecchi, giornalisti, critici, sommelier, produttori e ristoratori devono fare mea culpa
Se ai giovani non frega più nulla del vino la colpa è vostra

La colpa è vostra se ai giovani non frega più nulla del vino. E anzi, a differenza dei cocktail, lo percepiscono come noioso, pedante, roba da vecchi.

Voi che scrivete di vino (giornalisti, critici, blogger): la colpa è vostra. 

Se il vino viene percepito così dagli under 30 è “perché ne scrivete così”. Come dei maestri sì, ma di “sciatteria e borioso nozionismo che sta sui cosiddetti a tutti, figuriamoci ai giovani”. 

La vostra è tutta “una marketta pallosa, siete pesanti, al lettore cascano i maroni dopo due righe”.

E voi intenditori, se i giovani sono stufi del vino la colpa è vostra.

Di come vi atteggiate “non frega a nessuno” ma andate avanti comunque “annoiando tutti”. Roteando all’infinito quel bicchiere “facevate ridere già 20 anni fa”.

“Figuri” come voi “uno li guarda e pensa: mai nella vita”. 

– Sommelier, la colpa è anche e soprattutto vostra.

Perché oltre che sessisti, siete “tetri, seri e vestiti da becchini”.

Con i “modi ministeriali” che avete “allontanate le persone” dal vino, i giovani per primi. 

Non nascondetevi, produttori, anche voi ne avete di colpe.

“Didattici, lenti, e pedanti” come siete. Raccontate di “tannini, terre, graduazioni”, e lo fate “per quelle dieci ore di seguito con il ritmo di una che parla della riproduzione dell’orso polare”.

Infine, la colpa è vostra, ristoratori.

Che insistete ad aprire locali vetusti fuori tempo massimo invece di fare come “Carico”, a Milano, “ormai una case history”. E pensare che “la ricetta è semplice: “tapas e cocktail fanno incassi da paura”.

J’accuse

vino assaggio
Il vino alla prova degustazione

I virgolettati che avete letto finora, come l’attribuzione delle colpe sul poco feeling tra le nuove generazioni e il vino appartengono a Dominique Antognoni. Esperto di ristorazione, è solito vergare lunghi post provocatori su Facebook. 

La sua pungente riflessione segue un pezzo scritto giorni fa sul New York Times da Eric Asimov, critico e guru dell’enomondo americano. 

Succo dell’articolo: Houston, il business del vino ha un problema, gli under 30 non bevono abbastanza. Al contempo i principali consumatori di vino, gli ultrasessantenni boomer, sono entrati nella fase della vita in cui il consumo declina. 

Se i giovani preferiscono i cocktail al vino ci sarà un motivo

Tapas e cocktail
Tapas e cocktail

I giovani preferiscono i cocktail al vino. Li trovano “cool, veloci, immediati, freschi ed emotivi”. E l’Aperol Spritz impazza ovunque.

Va detto che, da alcuni anni, il mondo del bere miscelato affascina. Oltre al boom del gin artigianale c’è altro.

Per dirla con Antognoni “non si serve più acqua colorata”, davanti a certi aperitivi, davvero di spessore, ti si illuminano gli occhi. 

Non è neanche una questione di prezzo. Oggi una bottiglia di vino buono costa meno dei cocktail.

A Milano, da quando il Covid ha allentato la morsa e permesso la riapertura dei locali, un cocktail figo non lo paghi meno di 20 euro. Se ne prendi due in una sera spendi 40 euro. Con quei soldi si beve una super bottiglia di vino. 

Il problema è grosso e sembra complicato trovare risposte adeguate. Però non tutto è perduto.

Vero, il vino viene percepito dagli under 30 come un bene pretenzioso, ma in fondo i giovani di nessuna generazione sono nati sommelier. 

C’è poi il discorso dei vini naturali, che esprimono meglio di quelli convenzionali valori condivisi dai più giovani, come l’ambiente e l’attenzione al cambiamento climatico. 

Il vino è per sempre?

Vino naturale
Vino naturale da Barnaba a Roma

O forse ha davvero ragione Antognoni.

Nel caso è bene che giornalisti, narratori, intenditori, sommelier, produttori e ristoratori si diano una bella svegliata. Capire come far innamorare del vino i giovani e le generazioni a venire diventa cruciale.

Perché come “sono scomparsi i fax, le radio, le sveglie, non è detto che il vino dovrà per forza di cose essere una priorità nei secoli a venire”.

Parola di Dominique Antognoni. 

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