Pecorino d’Abruzzo. Cataldi Madonna vince e convince
Da qualche anno il pecorino è uno dei bianchi di maggior successo commerciale, soprattutto a Roma e nell’Italia centrale e pensiamo sia utile e interessante verificarne la qualità effettiva.
Il successo del vino nasce da una coincidenza di fattori: il carattere deciso e immediato del vitigno e il nome curioso sono senz’altro determinanti, la voglia di novità e di sapori locali hanno fatto il resto, permettendo a questa varietà di far dimenticare senza rimpianti la falanghina su tante tavole e nelle lavagne degli happy-hour.
La zona di produzione del pecorino comprende l’Abruzzo dalle montagne dell’aquilano fino alle coste chietine e pescaresi e teramane per poi passare nel Piceno e nella zona di Offida. Come potrete facilmente immaginare la paternità è contesa tra le due regioni e, a mio parere, si tratta di una disputa che non potrà essere risolta. Infatti il primo vigneto impiantato a pecorino venne realizzato da Cocci Grifoni a San Savino di Ripatransone nel Piceno ma le prime bottiglie messe in commercio furono quelle di Luigi Cataldi Madonna nell’annata 1996. Se è vero che nomina sunt numina il pecorino lo ha inventato lui, almeno nei termini in cui lo conosciamo oggi, l’origine della varietà non è del tutto chiara ma la teoria più accreditata iscrive il pecorino nella famiglia delle aminee gemelle originarie della Tessaglia anche se con morfologia un po’ atipica.
Noi abbiamo degustato solo vini abruzzesi, una batteria da dieci campioni rappresentativi della migliore produzione. Assaggeremo i pecorino delle Marche in primavera, quando uscirà la prossima annata.
I risultati sono stati buoni, abbiamo assegnato due premi speciali – i secchi – a vini che ci hanno colpito per gusto e piacevolezza, al di là del loro livello qualitativo che è comunque di livello assoluto.
Il migliore, non a caso, è proprio il 2008 di Luigi Cataldi Madonna, un vino ricco e intenso dalle chiare inconfondibili note agrumate che da un paio di annate sono esaltate dall’abbandono del legno e lo rendono un esempio di moderno bianco tradizionale. La sua qualità più bella è la straordinaria beva, vale un secchio letteralmente con la ola!
Quattro vini hanno tre scatti con stili e caratteristiche diversi tra loro: Faraone è quello che ci è piaciuto di più, aggiunge il secchio alla valutazione qualitativa per il suo carattere abruzzese molto ben delineato e definito, un vino che racconta la sua terra con autentico fascino contadino. Il Trend di Montori è molto varietale, nervoso e lineare, non richiestissimo ma con uno straordinario rapporto qualità-prezzo. Ulisse punta in alto e quasi ci arriva, il vino è ambizioso e riesce a armonizzare bene le note più terpeniche della varietà con un finale deliziosamente amarognolo, molto tipico.
Una bella novità e qualche mancata conferma tra i vini a due scatti. Torre dei Beati propone per la prima volta un pecorino e il risultato è incoraggiante anche se il legno è un po’ evidente e tende a sovrastare le note varietali soprattutto al naso. Anche il Sorab di Contesa viene delimitato dal legno che ingabbia la mineralità e l’integrità del frutto molto brillanti. Il Tullum di Radica è tipico e fresco all’assaggio, moderno nell’impostazione ma un po’ tecnico in alcune note olfattive. La Valentina è un’azienda che interpreta la varietà in senso terpenico, privilegiando il fascino moderno a scapito però di verve e piacevolezza.
[table id=15 /]
La scheda tecnica della degustazione.
Data e luogo: mercoledì 17 novembre 2010, Trimani il wine bar a Roma.
La commissione: Alessandro Bocchetti, Alessandro Spaziani, Paolo Trimani.
Legenda: G.R. = Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso (bicchieri); ‘E = Guida I Vini d’Italia de l’Espresso (punteggio in ventesimi); 2000V = Duemilavini Bibenda (grappoli) ; WA = Wine Advocate (punteggio in centesimi).