Buona la cucina “fuori porta” di Giovanni Milana a Olevano Romano
Comincio a provare un certo gusto nelle gite “culinarie” fuori porta; così dopo Albano e Tivoli, eccomi nella piccola Olevano Romano a caccia di sapori antichi. L’insegna all’esterno del locale riporta “Sora Maria ed Arcangelo dal 1950”; ma era il lontano 1923 quando la Sora Maria ed il suo compagno aprivano i battenti del ristorante “Primo”, nel quartiere “pigneto” di Roma. Costretti dalla guerra a trasferirsi nel paesino laziale, la gestione ai fornelli è passata, di generazioni in generazioni, alle abili mani di Giovanni Milana; che ha saputo mantenere salde le radici gastronomiche del ristorante, con la giusta dose di innovazione e ricerca.
La cura dello chef per le materie prime si evince appena scese le scalette della sala principale: in bella mostra pacchi di pasta “Setaro” e “Mancini”, selezione Affettati e Formaggi di “D.O.L.”, pomodori del Piennolo “Casa Barone” e l’olio extravergine di oliva Itrana di Americo Quattrociocchi (“Olivastro” miglior olio e.v.o. Biologico 2006). Carni esclusivamente da allevamenti locali, cioccolato griffato “Amedei” ed altre primizie territoriali completano un’offerta qualità/prezzo notevole.
La cucina di Milana inoltre, si rivela semplice nel più bel significato del termine. Quella semplicità rassicurante ed evocativa che ti fa venire la pelle d’oca a tavola e che, forchettata dopo forchettata, fa socchiudere gli occhi dal piacere. Una semplicità sincera e difficile da trovare, in grado di spingerti a tornare da Giovanni già il giorno dopo e quello dopo ancora senza stancarti… Insomma, avete capito cosa intendo no? 🙂
Il tutto impreziosito da un servizio giovane, competente e più che mai appassionato.
Buono il pane casereccio di un forno locale a fare compagnia nel cestino, così come il benvenuto a base di broccolo romano pastellato di ottima fattura.
Si parte con una stuzzicante insalta verde di stagione e mele annurche, crostini di pane caldo all’uvetta ed un patè “nostrano” di fegatini di cacciagione, aromatizzato con bacche di ginepro, scorza di arancia e tartufo nero.
Gli antipasti successivi cominciano a far apprezzare realmente la mano dello Chef: “Involtino di verza ripieno di Baccalà su cremolata di patate, cipolle e rosmarino con olio Quattrociocchi a crudo” ed una memorabile “Guanciola di vitella al cucchiaio con salsa verde, patate ratte, puntarelle, grani di Sal del Mon e olio Quattrociocchi all’arancia”. La guanciola viene cotta a bassa temperatura per 3 ore senza aggiunta di grasso, conferendo alla carne una consistenza strepitosa. L’equilibrio con gli altri ingredienti rende ogni boccone un concentrato di goduria spiazzante.
Stimolato e curioso, procedo con 4 assaggi di primi, 2 classici del ristorante e 2 proposte stagionali. Esecuzioni apparentemente essenziali gradevoli per cotture, condimenti ed intensità di sapori ben giostrati.
“Cannelloni della Sora Maria al pasticcio di vitellone, gratinati con pomodoro casalino e mozzarella dell’agro pontino”: Questa longeva specialità viene servita nel locale da oltre 60 anni. Un vero pezzo di storia, caratterizzato dalla cottura direttamente nel piatto di ceramica con cui viene recapitato a tavola, in un antico forno a pietra ollare. Sfoglia, ripieno e condimento sono legati in un matrimonio commovente e l’assaggio del cannellone vale da solo l’intero viaggio ad Olevano. Da mangiarsene una teglia intera!
“L’Amatriciana secondo Giovanni (Rigatoni Mancini, Pomodorini del Piennolo Casa Barone, Guanciale gran riserva di Bassiano, Olio e.v.o. Bio Quattrociocchi, Miscela di Pecorino stagionato in grotta della Tuscia e Pecorino Fiore di Rocca, profumo di Maggiorana)”. Sarò breve; da fan accanito di questa preparazione romana, reputo l’amatriciana di Milana una delle più buone mai mangiate fin’ora (ardua è la “sfida” con quella del Dandini)! In questa versione, l’acidità del pomodoro crea accoppiata vincente con il guanciale ed il mix di pecorini di qualità assoluta. Il tocco che fa la differenza? L’aggiunta della maggiorana in ricordo dei pastori che, secondo Giovanni (e non solo), aromatizzavano questo piatto con le erbe delle campagne a disposizione. Indimenticabile.
“Candele “Zituni” spezzati di Setaro, con ragù di castrato al coltello, pomodori del piennolo in conserva e ricotta salata al fumo di ginepro di Anversa degli Abruzzi”. Poco da dire anche in questo caso; la cottura millimetrica della pasta (amo questo formato) e la corposità del ragù, forgiano un primo di golosità e spessore unico. Piatto “solido” ed appagante.
“Spaghetti alla chitarra Mancini, salsa di broccolo romanesco, ragù di salsiccia nostrana al cesanese e pecorino fiore di Rocca”. Grande realizzazione per un abbinamento di ingredienti che adoro. L’assaggio parte quasi in “sordina” con la delicatezza del broccolo in crema, crescendo poi ad ogni forchettata, grazie allo sprint di salsiccia e formaggio sapientemente dosati. Sorprendente!
Per non farvi/mi mancare niente, cito anche il meritevole assaggio dal babbo degli “Gnocchetti di patate fatti a mano, fonduta di Fiocco della Tuscia, Prosciutto di Bassiano croccante e tartufo scorzone dei Simbruini”.
Tra i secondi, il “Maialino nostrano cotto a bassa temperatura al sale vanigliato, purea di mele annurche e cipolline artigianali agrodolci” è decisamente audace e diretto. La finitura in forno, dopo essere stato laccato con il miele, rende la cotenna di una croccantezza inaspettata e quasi “aggressiva”. Chi è abituato alle cotture “soft” sottovuoto potrebbe rimanere perplesso, ma per me lo chef fa nuovamente centro! 😛
Le emozioni in tavola non si fermano quì, proseguendo nel capitolo dolci: Dopo un “Tiramisù in coppa” di ordinanza ed un notevole “Parfait ai pistacchi di Bronte, canditi siciliani in crosta di cioccolato Valhrona (70%) su fondo di panettone tostato; la “corona” dei desserts spetta allo strepitoso “Strudel caldo in pasta fillo, pere, uvetta, pinoli ed amaretti fiuggini con gelato di banana e cannella”. Estremamente libidinoso.
La piccola pasticceria infine, riprende lo stampo più tradizionale del ristorante, e non potremmo capitare meglio:
“Panpepato della Nonna con canditi artigianali (da urlo!), noci ricoperte al cioccolato, Crostata alla ricotta di Giovanni (“drogosa”) e dolci tipici di un forno locale chiamati “bagherie”.
Giovanni si dimostra essenziale e diretto come la sua splendida cucina, ed una breve chiacchierata con lui a fine pasto non fà che coronare al meglio la mia esperienza magnereccia tra le campagne laziali.
Al termine di questo pranzo, posso solo confermare quanto valga la pena addentrarsi fino ad Olevano Romano, per comprendere come la semplicità ed il rispetto delle materie prime possa regalare vere emozioni a tavola… Spingetevi anche voi dalla “Sora Maria” dunque, a gustare una buona cucina di territorio della regione, rimasta inalterata nel tempo e nei sapori. 😛
Alla prossima gita nel Lazio! 😉