Come fare l’amatriciana gastrofighetta, ovvero con la cipolla
Prima session della nuova serie La Strana Coppia è l’amatriciana.
L’idea è semplicissima e insieme stramba, obliqua. Una cucina attrezzata, due uomini di età e professioni assai diverse, le ricette della cucina tradizionale e tanta passione per i fornelli.
La voglia di divertirsi non manca, così come la passione e l’appetito. Quindi si parte con una jam session, dove le sole cose certe sono la band e gli ingredienti.
Dunque, l’amatriciana nelle sue versioni, diciamo tre: 1) la classica 2) la gourmet 3) la bianca. Le paste in gioco sono famosissime: lo spaghettone Cavalieri per la classica, la candela liscia del pastificio dei Campi per la matriciana Gourmet ed in fine per la gricia, il fusilloro Verrigni.
Per il condimento guanciale di Paolo Parisi, semplicemente il migliore e pomodoro fresco di Pomarius e le conserve del mio orto Francavillese. Agli strumenti, un giornalista enogastronomico/imprenditore di una certa età e un giovane ingegnere/gourmet, “vecchia” conoscenza di Scatti, Andrea Sponzilli.
Iniziamo a scaldare gli strumenti, si affetta il guanciale e partiamo, dalla versione più gastrofichetta. La matriciana Gourmet, nel rito arcangiolesco e variazione monteverdina. Partiamo dal pomodoro, i coltelli a microsega corrono veloci, ci sono tre chili di datterini da spaccare, poi in forno per tre ore con solo un pizzico di sale ed olio a 150 gradi. In questo tempo i pomodori perdono liquidi, si caramellizano leggermente dando quel tocco proustiano che sa di mamma, casa e buone cose di una volta.
Al termine si frullano con il minipimer, fino ad ottenere una crema dolcissima e fragrante. Se è tanta, basta un barattolino sul fuoco a bollire e dura per tanto, anzi tantissimo. Il guanciale viene tagliato a tocchi, tanto perderà grasso in cottura. Diciamo una parte di magro rosso e una parte di grasso bianca e saporita, 2/1 circa la proporzione. Padella di ferro, rigorosamente, sul fuoco vivace. Un goccio di olio di oliva extravergine di quello buono. Un attimo, il tempo che diventi croccante fuori e fondente all’interno. Poi via dal fuoco a parte sulla carta assorbente, così resta croccante.
Nel grasso di cottura, una cipolla: di quelle buone, spaccata a metà, un rapido giro. Poi il pomodoro a filetti fresco e senza pelle. Pochi minuti, il tempo che si sfaldi e poi due o tre cucchiai della polpa di pomodoro. Due salti il tempo di amalgamare e aggiustare di sale e di pepe, e il sugo è pronto.
A parte in abbondante acqua bollente, bolliamo le candele spezzate, il profumo di grano che spandono è strepitoso, intenso e forte come i sette euro che mi sono costati il mezzo chilo. Scoliamo la pasta, la saltiamo in una terrina d’acciaio con abbondante pecorino, sempre di Gregorio, uno dei migliori, poi il sugo, con il guanciale croccante. Una spruzzata di olio Valentini a crudo per dare nerbo e saltiamo il tutto fuori fuoco. Non mantechiamo, perché odio le creme e i legami pesanti. E questa matriciana è un inno alla leggerezza e intensità che il fuoco rovinerebbe.
Porziono nei piatti, la pasta non ha ceduto un milligrammo di amido a sporcare il sugo. Il sugo è profumato e intenso, piacevolmente gaglioffo e con quel tocco da fichetto che non guasta. Sono le 17 e ci spariamo il primo piatto di pasta di un lungo pomeriggio di cucina e divertimento. Si gode molto in questa strana coppia e mi sa che ne vedremo delle belle, its only rock and roll…
La ricetta perfetta dell’amatriciana gastrofighetta
Ingredienti (per 6 persone)
1/2 kg di candele spezzate lisce (Pastificio dei Campi)
300 g di guanciale (Paolo Parisi)
300 g di pecorino (riserva di Gregorio Rotolo)
2 Kg di pomodoro fresco da cuocere al formo
400 g di pomodoro fresco a filetti
olio extravergine di oliva
sale qb
pepe qb
mezza cipolla bianca
Se hai qualcosa sul gozzo oltre al pomo d’Adamo, è meglio che la sputi fuori. (La strana coppia)
1. continua