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18 Maggio 2011 Aggiornato il 31 Marzo 2019 alle ore 15:51

Un marziano a Roma/33 Pronti per il matrimonio al Palazzetto dell’Hassler?

Trinità dei Monti, top of the Spanish Steps, bella sera di maggio, ultimi riverberi rosa sul Cupolone dalle terrazze a piramide del Palazzetto, la Roma
Un marziano a Roma/33 Pronti per il matrimonio al Palazzetto dell’Hassler?

Trinità dei Monti, top of the Spanish Steps, bella sera di maggio, ultimi riverberi rosa sul Cupolone dalle terrazze a piramide del Palazzetto, la Roma delle altane e delle chiese stesa sotto gli occhi (tranne lo spicchio negato da qualche stupida parabola). ‘Ma da voi su Marte per le nozze che si fa? Come funziona?’. Basta poco a far scaldare il Marziano. Che si appassiona a descrivere arredo e cambusa della navicella che va in orbita la sera del rito (telematico, via Weddbook, il loro Facebook nuziale: niente testimoni, solo password e MarsMastercard) e resta su due settimane, al termine delle quali gli sposi, volendo, possono rescindere il contratto (e anche cancellare l’altro dalla lista degli amici). Riflessione: ma che stiano più avanti, ‘sti Marziani?! Quanto ad appetito certo sì, visto l’entusiasmo con cui Qwerty si associa all’esperienza, per lui inedita, della prova generale di una cena di nozze, appunto, insieme ai futuri coniugi, per scegliere gli ultimi piatti e definire il menu nei dettagli. La contentezza sale quando gli spiego che avremmo, perciò, assaggiato due di quasi tutto, mixandoci i piatti; e per questo siamo quattro. Per far pari.

Gli sposi a venire, che nulla sanno di navi e usi spaziali, arrivano, come da nuzial copione, in lieve ritardo. Fin qui, prova perfetta… Applauso. Baci. E ci si accomoda nell’altana-ristorante dove amministra menu e fornelli Alessandro Stefoni, “braccio” fidato di Francesco Apreda, chef star dell’Imàgo Hassler, “casa” e patrimonio, oltre che della cosmopolita umanità che lo frequenta, del patron Roberto Wirth. Per il quale il Palazzetto è uno dei pezzi del tris dedicato al gusto (Imàgo e Garden gli altri) messo su in questi anni.

Prima che Qwerty finisca il pane (è famelico ‘sto ragazzo, ribadisco) si comincia. Dal bel (e buon) carpaccio insaporito con sesamo e zenzero, “scritto” con eleganza sul piatto e finito da teneri minigrissini al papavero. Gli sposi hanno scelto per la loro soirée (solo 25 invitati, esclusiva) una doppia entrée a rischio bilanciato: prima il crudo di mare con aspretto d’uva e uova di salmone, poi (o finalmente, per gli eventuali renitenti al raw fish) il carpaccio di cui sopra. Approvato all’unanimità e con lode.

E si passa all’eliminatoria dei primi: risotto mantecato alle erbe fini con petali di merluzzo alla liquerizia vs. fregola sarda ai frutti di mare, anch’essa molto profumata d’aromi e finita con delicata ricotta salata.

Vince la fregola. Più incisiva, in fondo, del pur delicatissimo risotto, dove l’allungo di liquerizia arriva, sì, in retrogusto. Ma quando il boccone più immediato della rivale sta già scalzandone dalla memoria la traccia. Per dopo, è già approvatissimo il gambero rosso di Sicilia abbinato, a conferma/contrasto, con pesca noce alla piastra.

Segue il secondo match: il millefoglie di vitello al timo, pomodori secchi e scamorza fumé, campione in carica (gli sposi pensavano a lui per una simmetria mare/terra, come per i crudi iniziali) affronta la sfida della sogliola su mattonella di patate, coronata da un crostino di mandorla. Che fa la differenza.

Esotizza il gusto del pesce, il piatto ha un che di orientaleggiante e contrastato che finisce col prevalere sul pur educatissimo, precisissimo millefoglie: che non ha colpe né difetti (una minima asciuttezza, forse… ma insomma…), ma cede alla personalità più dinamica dell’avversaria.

Si stabilisce di farla precedere da un sorbetto, che fa, sì, un po’ menu “solenne” di qualche anno fa, ma che, essendo a base di crodino (peccato non ci sia Parker…) e jagermeister con dadolata d’oliva verde e carpaccio d’arancia, diventa un divertente, fresco, sapido “giocattolino” a sé.

E si passa ai dolci. Ben quattro in lizza! E i gelati, che valgono uno (e sono buoni) sono tre! Il Marziano gongola. Assaggia tutto. Convince todos che “un” gelato, visto quanto sono buoni, ci vuole. E invece il “tris di cioccolato” (bianco, nero e al latte in zuppa) è perfetto come fulcro del dessert Avrà accanto un “freddo” di anguria e menta. No gateau marriage, dunque: solo mattonella a due piazze e da taglio per i felici protagonisti (e la gioia degli i-phone presenti).

Il bi-dolce sarà seguito e rifinito dalla piccola pasticceria ideata da chef Apreda in persona. E, volendo, dai liquorini della casa, tra cui spicca per drastica ma coinvolgente metallica aromaticità quello all’alloro.

E i vini? Mah… mistero. Sorpresa. Stasera, intanto, un sommelier abile, arguto e sorridente ci ha proposto nell’ordine Pigato Lupi, Capichera 2007 e Tunina 2006. A Qwerty (a tutti, ma a lui di più…) sono piaciuti assai, specie il Vintage. E si vede. Lo porto via prima che mimi e spieghi nei dettagli un gioco che si chiama “gli anelli di Saturno renversée” e che pare sia un must degli addii al celibato su Marte: che diamine, c’è pur sempre una (futura… anzi, imminente) signora…

Viva gli sposi. E buonanotte!

Il Palazzetto. Vicolo del Bottino, 8 00187 Roma. Tel. +39 06 699341000

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