Teatro dei Cuochi. Piastrino, Amerigo, Povero Diavolo, Spigaroli, Rigoletto
Il Teatro dei Cuochi è lo spazio dedicato alle performance degli chef. Il programma del lunedì riservato agli operatori ha in calendario gli interventi di Riccardo Agostini, Alberto Bettini, Pier Giorgio Parini, Massimo Spigaroli, Gianni D’Amato. Ecco, in progress, cosa abbiamo visto.
Riccardo Agostini del Piastrino di Pennabilli è sul palco del Teatro dei Cuochi. Bella la sua performance, veloce e ritmata.
Propone un gambero di fiume che si arricchisce mentre segue il corso d’acqua. Sapori dolci si fondono con le note terragne del bosco per un piatto moderno arricchito da finferli, bacche di prugnolo e pera.
Dedica al tricolore con marchigiana, salsa di pistacchi, perle di parmigiano reggiano e ganache di parmigiano. Al voto del pubblico risulta il più convincente. O forse il più immediato.
I vini proposti in abbinamento:
Monterè 2003 Ravenna bianco IGT da uve albana Vigna dei Boschi
Sette Pievi 2006 Ravenna IGT malbo e sangiovese Vigna dei Boschi
Tocca ad Amerigo. Se non siete mai stati a Savigno, arrampicato sull’appennino bolognese, sbrigatevi! Amerigo è una locanda da sogno, tra tradizione e modernità. Prodotti, sapori della memoria, una cantina da sballo, poche camere confortevoli e caldi, ma soprattutto una cucina convincente, che si nutre di storia e passione. Alberto Bettini ne è l’artefice ed oggi, in questo lunedì di enologica riservato agli operatori è al teatro dei cuochi.
Tre piatti per raccontare un mondo di sapori e profumi. Si comincia con un trittico: la tigellina con gelato di parmigiano, una boccata di Emilia, che parla di merende di campagna e tavole di legno, rinfrescato da un gelato al parmigiano al fulmicotone. Poi i “calzagatti” una polentina cotta in brodo con fagioli con un velo di lardo di mora romagnola, un piatto gagliardo e tipico, la battuta di bianca modenese al tartufo, che dire semplicemente un sogno, velluto al palato rischiarato dal nerbo terragno del tartufo emiliano.
Si continua nel solco della tradizione e della semplicità, con una lasagna verde, un inno al territorio, in un gioco di sapori e profumi intensi, che confortano cuore e palato.
Vini in abbinamento:
Pignoletto di Vigneto San Vito sui lieviti, quasi uno sfuso tappo a corona e grande sapore.
Il 500 della Zerbina, un sangiovese semplice ed efficace.
Ed ora si prepara Pier Giorgio Parini. Armeggia con patate messe sotto terra. E poi lavanda, maggiorana… Il Re delle Erbe sale sul palcoscenico!
Piergiorgio Parini dal Povero Diavolo, ormai non più una promessa, ma il nome del momento. La platea delle grandi occasioni, con Fausto e Stefania, i patron del Povero Diavolo. persino i genitori in sala. Appena arrivato, Piergiorgio ci dice “oggi vi faccio lavorà” e se la ride…
Arriva il foglio delle ricette. La seconda si chiama La Fatica, ma è in bianco. Ognuno la comporrà ed è il piatto dedicato al tema di Enologica 2011: la patria. L’altro piatto è legato alla tradizione della regione, tagliolini e vongole in cui c’è il cipresso, un succo centrifugato che finisce nell’impasto della pasta con l’uovo.
La patata, coltivata dai genitori, a km oltre lo zero va in forno in vasetti di terracotta, avvolta in una coltre di terra e odori, dalla lavanda al pino. Sniffarli è un’emozione, anche lo sguardo sornione di Parini è quello di chi dice so il fatto mio! Altro che patria, qui siamo più dalle parti del focolare…
I tagliolini in bianco con le vongole, del resto Rimini è li sotto, quasi la puoi afferrare… il colpo a la Parini è l’afrore del cipresso, vera coperta di Linus della cucina di Giorgio. Il piatto arriva, è il primo “mare e monti” che ci convince: la morbidezza del mollusco, lo iodio del mare e il profumo del bosco, sembra affacciarsi alla finestra del Povero Diavolo.
Nel frattempo la patata si è cotta, arriva con tutto il vasetto, bisogna lavorare e cercarla con le mani e pulirla, metafora del lavoro manuale. La patria, la Romagna interna e la fatica. Il profumo è arcaico, rischiarato da una maionese montata con un olio essenziale di felce. Sa di primitivo e originario, di terra e clorofilla, di fine e principio.
Ed ecco la filiera intera, dal produttore al consumatore: i genitori e coltivatori di Pier Giorgio Parini, lo chef, Fausto e Stefania, patron dell’Osteria del Povero Diavolo, e il “tenutario” di Scatti di Gusto nel ruolo di consumatore!
Massimo Spigaroli, l’uomo del Culatello più famoso e gustoso del mondo, sale sul palco di Enologica con la giubba da chef: oltre che allevatore e selezionatore, Spigaroli è, infatti, anche chef nel suo ristorante “Antica Corte Pallavicina” a Polesine Parmense.
Due i piatti presentati agli ospiti della manifestazione romagnola: la “di memoria verdiana” spalla cotta in chiave moderna, servita con torta fritta e tre salse, e la faraona cotta in creta, piatto antico ed aderente nella preparazione alla tradizione.
Per presentare il primo piatto servito Spigaroli proietta un cortometraggio che termina con la domanda:”Verdi, come l’avrebbe preparata la sua spalla cotta?”.
Il tema di enologica 2011 è i 150 anni dell’unità d’Italia che qui viene interpretato con le tre salse tricolori (prezzemolo, concentrato di pomodoro e parmigiano reggiano) abbinate alla spalla cotta. Il piatto vuole cercare la forma di snack, per tale ragione è montato in strati di spalla e salse, quindi avvolto da una sfoglia di Tosone ed ulteriormente “incartato” in una sfoglia di torta fritta che oltre ad essere garanzia di profumi ed umidità svolge il ruolo di divertire il fortunato assaggiatore.
Un piatto di notevole sostanza. Tanto che stupisca sia offerto come aperitivo agli avventori dell’Antica Corte Pallavicina.
Ma la filosofia di Spigaroli è un ritorno diretto, senza mediazioni, con il passato e con la tradizione del territorio che più a km 0 di così, allevamento e orto in casa, è difficile da immaginare. Le verdure sono state colte poco prima di partire. La Corte non ha frigorifero per le verdure: tutto è fresco, tutto è diretto dal campo alla tavola.
La faraona cotta in creta è un riassunto di questa logica. Con il pizzico in più dell’idea di mantenere il sapore primario dell’ingrediente. E la faraona sa di faraona. Sostenuta da grandi verdure.
La chiusura al Teatro dei Cuochi è affidata a Gianni D’Amato, il Rigoletto. Il tema della patria sarà svolto con il secondo piatto. Le ricette non sono dichiarate, ma D’Amato accelera a fondo sui sapori primari e su abbinamenti tutt’altro che scontati.
Il riccio con bergamotto, cachi e il gelato alle caldarroste affumicate è un piatto coraggioso e ben congegnato. Restituisce una nota di iodio forte e calibrata sul dolce del frutto invernale. Forse il bergamotto non riesce a correggere completamente la punta leggermente troppo dolce dell’insieme. Ma il riccio si fa valere sulla lunghezza e conquista la platea.
Potrebbe apparire più convenzionale il gelato alla mortadella che va a toccare il tasto patriottico dell’ingrediente basico del territorio sposato con la salsa di pistacchio e la spuma di prugna. La punta di panna permette di mantecare come un vero gelato. Un antipasto godibile.