L’oro di Napoli/11 La Taverna Estia è ‘locanda’ che vale il viaggio
“Ciuciù, certo che se non ti chiamo io, sto fresca…”
“Ciuciù non ti permettere di chiamarmi Ciuciù, quello è il mio marchio di fabbrica!” – è una puntigliosa Sofia quella che mi risponde dal suo smartphone ultima generazione: anche le pizzaiole ancien regime posso essere delle geek . “Allò, suppongo che mi vuoi invitare a cena fuori, arò iamm’ stasera?”
Quanta fretta Sofia, salta in macchina e lo scoprirai…
Quando vede che prendiamo la tangenziale Sofia si acciglia; all’uscita di Pomigliano d’Arco borbotta; all’ingresso di Brusciano si meraviglia.
“Neh, Ciuciù, ma che mi stai portando a sperdere?”
L’idea mi solletica, in effetti, ma per questa volta la risparmio, anzi, le voglio proprio offrire una cena che non dimenticherà tanto presto.
Andiamo da Mario e Francesco Sposito nella loro stellata Taverna Estia.
“Uh tiene una stella, vediamo ja, io mo’ mi sono abituata a questi cuochi un po’ chichettoni…”
Sofia entra baldanzosa e si guarda in giro con fare minaccioso: subito le si pronuncia un sorrisetto a mezza bocca, perfettamente disegnata in rosso, alta artiglieria stasera.
L’ambiente è caldo ed accogliente, pur essendo al tempo stesso elegante ma semplice.
I tavoli sono pochi e ben distanziati, noi siamo vicine al caminetto, che fa subito casa, anzi taverna.
Mario Sposito, fratello dello Chef Francesco, e figlio di Armando, fondatore di Taverna Estia, è cortese e professionale e ci accompagnerà con precise spiegazioni dei piatti per tutta la serata, insieme alla sorridente compagna.
Perché così come è nata Taverna Estia vuol rimanere: un luogo di casa, di famiglia. I due fratelli Sposito si dedicano cuore ed anima al loro ristorante.
Luogo di casa e di tradizione sì, però l’impronta autonoma e personale del giovane Chef, stella Michelin ad appena 25 anni, si sente e come, sin dall’aperitivo, accompagnato da bollicine Franciacorta Rosè.
“Mangiamo con le mani”: altro che finger food!
Questo è l’antipasto all’italiana al modo di casa Sposito: bonbon di friarielli e di latte fritto (‘na bontà!), tartelletta con stoccafisso, montanarina con pomodorini, ricotta e lardo di montagna (ahi l’acidità del pomodoro!), pane in cassetta con patè di quinto quarto.
E poi la cosa che più mi è piaciuta, probabilmente: chips di riso e lattuga di mare. Mario ci spiega il lungo procedimento con il quale si ottengono, ma io lo tengo per me! Dirò piuttosto che sorprendenti sono il profumo, la consistenza, il sapore ed anche il colpo d’occhio che hanno queste chips. Per non dire del piacevolissimo e persistente sapore di mare che lasciano al palato.
Selezione di pani, tutti fatti a mano e con il criscito, spaventosa: croissant salati, pane con noci, diversi tipi di pane bianco, pane con olive e capperi, focaccia, sfoglie di cracker esili e croccanti, grissini di friarielli.
Doppio antipasto per me e la buona Sofia: bigné fritto al nero di seppia con ricotta su coulis di peperoni (per me è un nì: apprezzo l’apparire, l’idea di fondo e anche la realizzazione tecnica del piatto, che francamente però non incontra al cento per cento il mio gusto); un eccellente astice cotto a vapore con vinaigrette all’aceto di ciliege, ne mangerei ancora!
La cucina di Francesco, continua a spiegarci Mario, è un omaggio alla tradizione, al territorio, quindi cosa farci provare di più tradizionale e territoriale della minestra maritata?
In questa versione sono presenti tutte le verdure e tutte le carni che la compongono: ma è una mille foglie, adagiata su una spuma di albume! Da emulsionare ad libitum con l’apposito brodo caldo servito in bricco.
Che ve lo dico a fare!
Doppio assaggio di primi piatti: pasta mista con patate, crostacei e frutti di mare con croccante di alghe (Sofia mi bisbiglia nell’orecchio, perché non vuole mai dare soddisfazione all’altrui – soprattutto ad uomo già accompagnato, poi – che è uno dei piatti migliori che abbia mai mangiato).
Io personalmente, invece, preferisco le caramelle di pasta all’uovo farcite con ragù di maialino su fonduta di parmigiano e acqua di peperone arrosto.
Il nostro vino a tutto pasto: Vertigo di Livio Felluga.
Giusto un assaggio di secondo: la variazione di agnello lauticada con salsa di aglianico al tartufo moscato. Un piatto presentato perfettamente, intanto. Alcune preparazioni poi sono davvero interessanti: il “macaron” di agnello, come la mia chicchissima Sofia l’ha prontamente ribattezzato, uber alles. Notevole anche la mini-costoletta.
Predessert (Sofia ed io ci guardiamo stravolte: queste cene stanno diventando un tour de force, o, più opportunamente, de trippe!): parfait di liquirizia su crema di zucca confit e croccantino alle mandorle. Fresco, profumato, piacevole.
Seguono i dolci veri e propri: il classico tortino di cioccolato ma al 75% e una gustosissima mille foglie, dalle cialde croccantissime ma friabili, al burro di Normandia con crema chiboste e caramello al latte.
“Ciuciù, tu mi vuoi vedere morta!” sbotta Sofia quando vede arrivare anche l’alzatina con la piccola patisserie.
No Sofia grassa, ti voglio vedere, grassa!
E così dopo due ore di soggiorno a casa Sposito, ci accomiatiamo dalla Taverna Estia: il nostro è stato un viaggio gastronomico decisamente apprezzabile.
Anzi direi che nonostante la stella sia (per il momento) solo una, la Taverna Estia vale sicuramente “il viaggio” da Napoli*, in realtà dista appena una ventina di minuti prendendo la tangenziale. Francesco Sposito, già miglior giovane chef italiano per il Gambero Rosso, ha un grande futuro davanti a sé, per me e Sofia.
Temo però non sia un futuro roseo: Sofia ha appena scoperto che è single!
*Come è noto, secondo la più risalente classificazione della guida Michelin, una stella equivale ad un’ottima tavola nella sua categoria, mentre solo le tre stelle rappresentano un ristorante che valga il viaggio per raggiungerlo.
Taverna Estia. Via Guido De Ruggiero, 108 80031 Brusciano Napoli. Tel. +39 081.5199633
(Foto: Renato Bevilacqua)