Come fare il sanguinaccio con il sangue di maiale
Cosa succede quando una giovane wannabe eno-gastronomica si mette in testa di trovare ed eseguire la ricetta originale del sanguinaccio con vero sangue di maiale?
La piccola bottega degli errori, direte voi. Ma se la wannabe ha la fortuna di avere un editore folle e amici incredibili, può succedere che si ottenga una ricetta molto verosimile, delle informazioni sanitario-legali inappuntabili, chicche per una realizzazione d.o.c.g., e scatti di gusto regalati nel suo giorno di “festa” da Marco Monteriso, fotografo di fama mondiale.
Del resto con le gastrofighette ci si diverte sempre, basta avere a portata di mano un ansiolitico, no?!
Ma non perdiamo tempo: la wannabe arriva con il suo fotografo preferito (un bell’armadio a tre ante sia detto: 1.93 di pura professionalità) presso l’abitazione di una signora bene.
Inizia il trucco e parrucco.
E fin qui il profilo eno-gastronomico è elevatissimo.
Si inizia, o si era iniziato ben prima, per la redazione della ricetta originale del sanguinaccio con il sangue di maiale, o porco, come diciamo noi.
Infatti, al di là del servizio fotografico che è alchemica presa in giro della sottoscritta (che s’adda fà per campà), le problematiche sottese alla preparazione del sanguinaccio al modo antico o a quello dell’entroterra dei paesi che vanno da Nord Napoli a tutta la zona del casertano sono numerosissimi, nowadays.
I profili contro cui sbattere la testa sono: sanitario-legistativo, o meglio regolamentari.
Da brava (sic!) giurista, assevero che le normative inerenti alla profilassi alimentare sono demandate:
alla normativa regionale nella parte operativa
a quella nazionale per lo schema nazionale
a quella internazionale-europea per i profili che riguardano più o meno i criteri di opportunità dell’uso a fini venali di un materiale così biologicamente rischioso come il sangue delle bestie – vuoi industriali, vuoi selvatiche.
Ad essere pratici ci soccorre, da un lato, un giovane Chef diplomato Alma: il solito Alessandro Teo del ristorante da Umberto che ci ha illustrato una più semplice ricetta di sanguinaccio senza sangue e una delle lasagne di tradizione, per restare in ambito carnacialesco.
Alessandro Teo racconta di camioncini atti al trasporto “bio-azard” della Asl della Regione che arrivarono alla Scuola, nonché dell’immediata cassazione di una Stella da parte della massima guida ai danni di uno Chef francese che osò commercializzare del sangue di oca.
La pratica in Regione Campania al netto di regolamenti che prevedono di tutto, dalla pena di morte a riti di trapasso per la povera bestia, e, particolarmente, la totale invendibilità e commercializzazione del prodotto di base e semilavorato, riserva come può ben immaginarsi sorprese.
Infatti gentile e dolce amico del Triangolo delle Bermuda, Marano, Giugliano, Melito sarebbe – dopo mille tristissimi pellegrinaggi – riuscito a fornire, a titolo di liberalità, l’attrezzo.
Per evitare sua/mia/nostra incarcerazione – dico a Te lettore di Terlizzi di Puglia – ho, però preferito far vedere ben più pratica passata al fine di ulteriore aggravio di energie emotive dei soggetti coinvolti.
Un vero e proprio dream team, invece, ha provveduto, in uno alle ciocche di parrucca nera della sottoscritta, a fornire la migliore ricetta auspicabile.
Questi i riferimenti: Apicio (file not found); cucina casereccia di M.F. (Napoli 1816, rieditato in testo a fronte napoletano-italiano da Voyage Pittoresque Napoli, ossia Gennaro e Vincenzo Regina); l’istituzionale Cavalcanti (libro dei monsù), riferimenti del cuore quali Lina Esposito, I Coloniali, personale madre in studio in tema cioccolata; antichissimo pasticcere in Napoli alla Via dei Tribunali di fronte a Napoli sotterranea; Mario – Stanza del Gusto – Avallone; nonché innumeri passanti Skype e, above all, il gastro-papà Vincenzo Pagano.
Il prodotto finale, senza sangue, chiaramente, è stato fornito da una pasticceria chiamata per caso, ma… era buono! La stessa , inoltre, ha fornito, sempre a pagamento, cedri canditi.
Le professionalità impiegate nell’articolo sono piuttosto ingombranti, ma il costo, vi giuro comprende solo i miei neuroni! (al netto dei prodotti comprati).
Per la realizzazione di questo articolo NON è stato guardato male alcun porco, porcellino, o maiale che dir si voglia!
Segue ricetta.
Metti sul fuoco dolcissimo (o bagnomaria) una casseruola se di rame – ed è senza tossico verde rame – è meglio.
Versaci nell’ordine e senza soluzione di continuità:
1 l di latte intero fresco insaporito con buccia di arancia o limone non trattato e in cui hai fatto sciogliere, setacciandolo 250 g di amido di riso (per sapore, luminosità e stemperare gusto sangue)
1 l di sangue di porco che, praticamente, non puoi e non devi avere, quindi… vergognati! nel quale avrai messo una puntina di sale (elimina sempre il ferroso)
250 g di cacao amaro precedentemente setacciato
450 g di cioccolato extrafondente – sopra il 75% – precedentemente spezzettato
1500 g di zucchero semolato (e non è un enormità)
Porta a cottura per 15- 20 minuti mescolando con cucchiarella e senza far bollire mai.
Prepara chiodi di garafano – pochi -, cannella in stecca, ok la mia era in polvere, shame on me, un bel po’ e ottima vaniglia sempre in stecca di cui prenderai solo i semini.
Butta e spegni rimescolando.
Fai raffreddare rimescolando.
Aggiungi cedro candito, stessa tavolettona tagliata con sadico coltellino.
Termina con del burro che sfiocchetterai e spalmerai equilibratamente sulla superficie.
Rende tutto più lucido.
Conserva in frigo e consuma in pochissimi giorni nonostante la presenza del tanto zucchero.
Noi, tifiamo Napoli e porci vivi e vegeti, tiè!
[Immagini: Marco Monteriso]