La carbonara di Roscioli alla prova della pasta, e del pane, monococco
Dici Roscioli, dici pasta e pensi carbonara. Una delle migliori di Roma, lo sanno anche i sassi.
E lo sanno anche i nutrizionisti come Vito Traversa, il “Dottor V” che sta cercando di fare apprezzare il Triticum monococcum, comunemente chiamato piccolo farro e storicamente il primo grano ad essere addomesticato dall’uomo. Che vuol dire, a occhio e croce, nel 7.500 a.C.
Questa graminacea consente di tirare fuori una farina che ha alto contenuto proteico e basso indice glicemico. È indicata quindi per la sua capacità antiossidante, per chi sta a dieta e per coloro che soffrono di scompensi della glicemia o di diabete.
La farina di monococco ha un solo gastronomico difetto che ha portato al suo abbandono proprio per il basso tenore di glutine (circa il 7%): la scarsa lievitazione.
In pratica, difficile fare il pane, complicatissimo tirare la pasta secca. Anche se ciò potrebbe significare riuscire nell’abbinamento surreale: carbonara e dieta.
E così è nato il confronto impossibile tra uno spaghettone “normale”, anzi il re degli spaghettoni, e la linguina del pastificio che sta provando a realizzare le specifiche di Traversa.
Una sfida a colpi di carbonara per vedere se fosse lontanamente possibile mettere sul piatto della bilancia la pasta con farina monococco Shebar che il “Dottor V” indica come alleato nella lotta ai chili superflui. E anzi si spinge a ricordare che “dalle prime analisi effettuate sembra non risultare nocivo per le persone affette da celiachia”.
Ci sarà tempo per approfondire gli aspetti della sperimentazione condotta nell’ambito della ricerca MONICA n 1018.
Allo stato attuale, la carbonara di Roscioli ci dice che lo spaghettone classico è insuperabile quanto a tenuta di cottura e mantecatura.
Il monococco sconta la fragilità, il tempo di cottura ridottissimo (3 minuti) e una resistenza a legarsi con una struttura complessa come quella della carbonara.
Abbiamo chiesto una prova d’appello larderellando semplicemente la pasta con un grasso spagnolo “risottato” in padella per mantenere una maggiore croccantezza. Ed è venuta fuori la consistenza e il gusto della pasta. Che si è confermata anche nel secondo non previsto abbinamento con minima base grassa e limone.
Ovviamente il manico di Nabil Hadj Hassen ha fatto il resto: prese le misure della salatura (la pasta è molto ricca di sali minerali), il miglioramento è stato netto.
Più che i formati lunghi, la farina monococco sembra adatta per realizzare maltagliati, mafalde, lasagne che consentono di mantenere una certa callosità.
Chi invece ha fatto centro pieno è Pierluigi Roscioli. Forte di una lontana sperimentazione sul monococco, ha sfornato alcuni pani chiarendo la possibilità di aggirare la caratteristica della scarsa lievitazione. E ha confermato l’alta reputazione del forno nelle classifiche nazionali.
In abbinamento con mozzarella di bufala, provola affumicata e, soprattutto, burro vanigliato di Saint-Malo e alici, il pane ha superato l’esame del confronto con la focaccia.
Tanto che, in attesa degli sviluppi di naming (il brand monococcodimamma è anch’esso in fase test) si potrebbe consigliare di acquistare farina di monococco per sfornare un pane casalingo. Ecco come lo ha fatto Pierluigi Roscioli che è convinto che questo pane sia la sublimazione del pane contadino intorno alla metà 700 quando non si usava nemmeno il farro.
Il pane monococco di Roscioli
- La partenza è la mia pasta acida con base di segale.
- In 5 kg di farina monococco vanno 5 grammi di pasta acida (il poolish è senza sale)
- 3,6 l acqua (quindi siamo oltre il 70% di idratazione)
- 25-28 g di sale (molto meno della dose abituale)
- La sera intorno alle 18 ho rinfrescato il poolish con farina monococco.
- L’impasto è stato tutta la notte a una temperatura compresa tra 26 e 30 gradi.
- Dopo 14 ore poco prima delle 8 avevo un poolish molto carico.
- Ho lavorato l’impasto e l’ho lasciato 40 minuti in puntatura
- Quindi, 3 ore di lievitazione in cassa d’abete. Sono particolari, molto strette, per dare sostegno e compattare il pane.
- Ho girato le forme con il telo.
- Ho infornato nel forno stabile e non acceso a 240°C per 40 minuti.
Alla fine le pagnotte si sono asciugate e cotte contemporaneamente tanto che sembrava un pane cotto a legna.
Il forno Roscioli potrebbe ritornare alla farina monococco? “In passato ho fatto qualche prova, ma l’ho dovuta abbandonare per una complicazione della lavorazione”, spiega Pierluigi Roscioli. “Va conservata sotto vuoto per evitare che la parte oleosa si deteriori, ma è una farina della memoria e della biscotteria italiana più antica”.
Glutine molto basso, difficoltà di lievitazione, costo più alto. Il monococco parte svantaggiato, ma se dovesse calibrare le voci benessere e gusto, la partita è tutta da giocare.
Ristorante Roscioli. Via dei Giubbonari, 21. Roma. Tel. +39 06 6875287
Antico Forno Roscioli. Via dei Chiavari, 34. Roma. Tel.: +39 06 6864045