Guida. Qual è il migliore olio per friggere
In Italia quello dell’olio è un tema davvero scivoloso. Immaginiamo che molti, come noi, hanno in cucina la bottiglia di extra vergine d’oliva e pace. Dall’insalata alla frittura è tutto un “non avrai altro olio all’infuori di me”. Ma facciamo davvero bene? Non secondo il giornalista e information designer David McCandless, che sul suo sito Information is Beautiful trasforma in infografica idee, nozioni e dati.
Stimolato dalla recente decisione della Food and Drug Administration di arrivare alla completa eliminazione dei grassi insaturi nei cibi industriali entro tre anni, McCandless ha subito sfornato un’infografica sugli oli.
I grassi sono elencati in ordine di punto di fumo, cioè la temperatura alla quale un particolare olio inizia a decomporsi, alterando la propria struttura molecolare. L’infografica ne raccoglie tantissimi da quello col punto di fumo più basso, l’olio di pesce, fino all’olio di avocado che fuma a oltre 230°, compresi anche i grassi più improbabili, come l’olio di fiori di cotone, quello di sego e quello di colza.
Il punto di fumo dell’extravergine d’oliva, se ve lo state chiedendo, è compreso fra i 200 e i 220°.
Sono gli oli con il punto di fumo più alto ad essere più indicati per cotture che richiedono temperature elevate come la frittura e la scottatura. Insomma, avete già capito, per McCandless NON è l’extravergine di oliva il migliore per friggere. Molto meglio, l’olio di avocado, quello di crusca di riso (molto usato nella cucina coreana), l’olio di oliva raffinato, l’olio di girasole, quello di cocco raffinato, l’olio di arachidi, quello di mais o il ghee (burro chiarificato tipico della cucina indiana).
La faccenda si fa più complicata quando si parla di benessere, non ultimo per il fatto che i nutrizionisti stanno ancora cercando di capire i reali effetti dei diversi grassi sulla salute dell’uomo. McCandles si limita a fornire numeri con qualche suggerimento. Indica per ogni olio le percentuali di grassi saturi (suggerendo che se è alta PUO’ essere dannosa). Poi quella di grassi polinsaturi, suddivisi in omega 3 (buoni se alti e i vegetariani sono avvantaggiati) e omega 6 (dannosi se alti), e il rapporto fra i due che più è basso meglio è. Infine riporta le percentuali di grassi monoinsaturi (che se è alta può fare bene) e quella di grassi insaturi da evitare.
L’olio con il rapporto più basso omega 3-omega 6 (1 a 0,2) è quello di lino, che fra l’altro non è neanche male come gusto. McCandless fa anche notare come molti grassi cambino caratteristiche una volta idrogenati, aumentando drasticamente la percentuale dei terribili grassi insaturi: quello di colza passa dall’1,8 al 27%.
Quali sono i numeri dell’olio extravergine d’oliva? La percentuale di grassi saturi è pari a 14, quindi ottima; il rapporto omega 3-omega 6 è 1 a 10, i grassi monoinsaturi sono al 73% e quelli insaturi assenti. Insomma, frittura a parte, sembra che possiamo tenerci stretta la nostra bottiglia.
E mi immagino che ognuno di voi ha la ricetta segreta per friggere meglio. Non dico di rivelare tutto, ma almeno l’olio che usate potete metterlo qui nei commenti? Sono curiosa di sapere se qualcuno ha mai provato a friggere con l’olio di avocado.
[Link: Information is Beautiful. Immagini: McCandless, med-cam, organicoilstore, ideegreen]