Stelle del Sud. Il baccalà di Avigliano e l’Aglianico di Elena Fucci
Questa del baccalà è una lunga storia. Iniziata con Federico II di Svevia che, insaziabile amante del merluzzo salato, se le fece mandare dal nord Europa nel Regno delle due Sicilie e nell’Italia Meridionale, dove si era stabilito.
E da lì, il baccalà non è più ripartito, diventando il piatto tradizionale di Avigliano, in Basilicata.
Infatti oggi lo troviamo sempre presente, in luoghi che ancora conservano una magia storica e antica, come la Trattoria Mauariedd (corso Nicola Coviello 69, 0971-81202).
Un locale semplice, tavoli in legno, nessuna insegna fuori ad indicarne l’esistenza: i veri cultori del baccalà aviglianese sanno dov’è, racconta il capofamiglia Claps. E per voi eterni foresteri, basterà chiedere indicazioni a qualche aviglianese.
Lo stesso vale per Tuccio, mentre l’Osteria Gagliardi è già per i più sofisticati.
La ricetta storica è quella che non transige sul sodalizio tra baccalà e peperoni cruschi di Senise, le patatine del Sud. Questi peperoni vengono raccolti ed essiccati al sole, legati tra loro con la ‘nzerta, un filo di cotone abbastanza doppio. Poi siamo pronti per la frittura in abbondante olio che darà ai nostri peperoni rossi un’aroma unico e una croccantezza senza eguali.
Per quanto riguarda il compare baccalà, bisogna lessarlo, sfilettarlo e a piacimento friggerlo, altrimenti può anche restare lessato e accompagnare così i peperoni. Non disdegniamo anche quello in umido, con un po’ di sugo e un paio di capperi. Per chi si trovasse da quelle parti durante il periodo estivo, nell’ultimo fine settimana di agosto si svolge da anni la sagra a lui dedicata.
Il baccalà ha un’origine popolare e povera, perchè è un cibo molto nutriente ma allo stesso tempo poco calorico: ricco di proteine, di sali minerali (fosforo, calcio, iodio e ferro) e con pochissimi grassi. In particolare, contiene i famosi omega 3, preziosi acidi grassi polinsaturi che rivestono un ruolo importante nei meccanismi fisiologici di controllo della pressione sanguigna, ostacolando l’accumulo di sostanze grasse nelle arterie e contribuendo così ad abbassare il tasso di colesterolo nel sangue.
Infine, non dimentichiamo che siamo in Basilicata, terra inconfondibile e indimenticabile. E il nostro baccalà ben si sposa anche con un bel bicchiere di vino rosso. A pochi chilometri da Avigliano sorge la Mecca degli enologi: Rionero in Vulture. Per chi ancora non lo sapesse qui si produce un vino divino, l’Aglianico in Vulture, dal carattere forte e ben marcato, come quello dell’Azienda Agricola di Elena Fucci. Un vino così intenso non poteva che richiedere una lavorazione artigianale d’eccezione: bottai e barilai garantiscono da secoli i manufatti destinati a contenere il vino, e ancora oggi vi capiterà di passare davanti a vecchie botteghe camminando per il paese vecchio di questa piccola cittadina. Credo sia interessante la ricostruzione antropologica non solo della produzione di un buon bicchere di aglianico, ma anche l’aspetto artigianale legato alla produzione di ciò che andrà a contenere quel vino, a garanzia della sua conservazione. Basti pensare che nel 1700 vi erano 148 cantine con 1.154 luoghi di botte.
Dunque, amanti del baccalà e del buon vino, per me non c’è luogo più giusto di Avigliano in Basilicata.