La prima immagine del D’O di Davide Oldani che tutti vorrebbero avesse due stelle Michelin
Come sarà il nuovo D’O dello chef stellato Davide Oldani? Incredibilmente legato al design. Perché a realizzarlo è Piero Lissoni.
A raccontare i dettagli del locale che apre tra qualche settimana è Maurizio Bertera in un’intervista esclusiva su Stile, l’inserto del Giornale oggi in edicola.
L’amicizia ormai decennale con uno dei maestri dell’architettura italiana, nasce grazie alla celeberrima cipolla caramellata. Lissoni voleva portare i collaboratori del suo studio a cena da Oldani per festeggiare i 20 anni di attività. Finì come finisce spesso per molti clienti: impossibile prenotare in tempo.
Dopo 6 mesi dalla cena in un orribile thai, Lissoni rielabora le parole di Marchesi che di Oldani è stato maestro, proprio assaporando la cipolla caramellata: “Il cibo non è solo un modo di sopravvivere ma qualcosa di più complesso, che si tratti di un panino o di un piatto di alta cucina”.
Il design ha incrociato la strada di Davide Oldani che ha sempre avuto la “fissa delle cose belle e utili” che l’ha messa a frutto aprendo 13 anni fa il ristorante che ha preso subito la stella Michelin. Ed ha disegnato oggetti come il cucchiaino da caffè che non rompe la schiuma.
Il concept del secondo D’O – molto più grande e articolato del primo – esprime in modo totale la personalità di Oldani che ha studiato il lay-out su due piani, disegnato la cucina (“pensata per chi lavora con me da sempre”), ragionato sull’illuminazione e recuperando il concetto di tinello. “Uno spazio ‘casalingo’ dove chi si siede su prenotazione, accetta ogni mia scelta a differenza degli altri cinquanta ospiti che decidono in base alla carta”.
Lissoni, l’amico architetto è intervenuto sul layout che doveva assecondare la voglia di mettere al centro una cura maniacale del proprio lavoro oltre che, ovviamente, il cliente. Spazi diversi a seconda delle attività da svolgere.
Nasce così un “ristorante & bottega o ancora meglio fabbrica, nel senso di luogo del fare”, spiega Lissoni.
“Ha toccato le finestre, la pensilina, le vetrate, la porta del bagno: mi ha dato il bello che non avevo, trasformando un posto normale in un’opera d’arte. Il nuovo D’O è un ristorante che entra in piazza ma anche la piazza che entra in un ristorante”, sottolinea Oldani.
L’attenzione è nei dettagli come le sedute disegnate per accogliere anche occhiali e cellulare ed evitare che finiscano sul piano del tavolo.
Non era d’accordo Lissoni che getterebbe nel pentolone di acqua bollente tutti i telefoni.
Insieme a molti ristoranti e non solo italiani. Pollice verso per le sale rumorose in cui è impossibile parlare e per l’eccessiva influenza degli chef o all’opposto per la poca personalizzazione di ambienti che non hanno equilibrio.
Si salvano, invece, le cucine al 90% ben pensate e realizzate.
E il nuovo D’O, molto più grande e con questo dialogo con la piazza di San Pietro all’Olmo? Cosa diranno i clienti?
“Sono convinto che il pubblico si dividerà in due categorie: quelli che diranno ‘ma cos’è?’ e quelli che rimpiangeranno il vecchio” dice il cuoco, con grande serenità. Lissoni aggiunge una terza categoria, “quelli che resteranno a bocca aperta”.
Tra qualche settimana sapremo se il progetto dello chef pop aiutato dal maestro italiano sortirà l’effetto voluto: far sentire tutti a casa propria, clienti e lavoratori.
E convincere anche la guida Michelin che forse è il caso di esprimere una nuova valutazione.