Milano. Com’è (buono) il nuovo Liberty di Andrea Provenzani
C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria, anzi, d’antico: Il Liberty.
Brutto, vero?, come attacco. Ci riprovo.
Vi avevamo preannunciato e atteso il rinnovo del ristorante di Andrea Provenzani (ci eravamo stati tempo fa, e ve lo avevamo raccontato qui). Aperto nel 2002, qualche ritocco nel corso degli anni, Il Liberty era rimasto sostanzialmente lo stesso – mentre Andrea è cambiato, si è evoluto, insomma non ci si ritrovava più.
Traslocare (no, per carità), buttar giù tutto e rifare tutto quanto, o che altro? La cucina era stata rifatta qualche anno fa – ora è una cucina a vista, concessione al desiderio di vedere e un po’ partecipare in toto all’esperienza gastronomica. E poi?
Ci hanno pensato a lungo, Provenzani e Carlo Donati, architetto amico e cliente abituale – e dopo mesi di pensieri e ripensamenti, quando entrambi si sono trovati sulla stessa lunghezza d’onda, quando è arrivato il momento giusto – insomma, il concetto è chiaro: pochi mesi fa, sono partiti. E Il Liberty è cambiato, ma è rimasto lo stesso.
Il nuovo Liberty
Anzitutto, le pareti, di un nuovo colore blu notte, che rendono il locale più caldo e accogliente, dando nuovo risalto alle vecchie stampe (motivi liberty al piano di sotto e naturalistici al piano soppalcato), alle applique, alla balaustrata e a tutti gli altri dettagli liberty. Lo stare in un palazzo primo Novecento, in una zona rimasta in un certo senso “popolare” nonostante lo spuntare come funghi a poche decine di metri di distanza di grattacieli e palazzi (siamo nei pressi della Torre Unicredit, dei Diamanti delle ex-Varesine), il mantenere appunto quell’aria appena vagamente rétro ma assolutamente contemporanea, sono uno dei motivi di fascino di questo locale. Ovvio, assieme alla cucina – ma in cucina ci ritorneremo.
Ben ha detto Donati, l’architetto, parmense (che è una nota di merito), esperienze internazionali, un’unica incursione nella ristorazione prima di questa (altra nota di merito): Il Liberty è diventato un locale più “maschile”, ma senza che questo si traduca in “anti-femminile”. Mi pare che comunichi quella sensazione di mascolinità che suppongo possa corrispondere a quello che una donna desidera, della mascolinità – calore, tranquillità, desiderio di (com)piacere.
Per dire, anche le tovaglie, in un tessuto originale, contribuiscono all’atmosfera (e va segnalato il ritorno alla tovaglia, anche se non bianca: mood diverso o captatio benevolentiae verso il principe dei critici milanesi, Valerio Massimo Visintin, fautore del tovagliato?). Atmosfera che poi ritroviamo nella cucina di Andrea, curata e originale, delicata e virile. (Passaggio ardito, vero? Ma che ci volete fare, la concorrenza è agguerrita, devo ben inventarmi qualcosa… se pensate che devo competere anche con le classifiche dei più sexy nel mondo del food…).
Insomma: ma cosa è cambiato, al Liberty, oltre al look? Il menù?
Il menu del nuovo Liberty
In realtà no, ma anche sì. Il menu è rimasto lo stesso – ovvero, è mutato, non stravolto, e muterà come sempre, a seconda delle stagioni, dei risultati delle sperimentazioni, della crescita continua della cucina.
“I classici” – questo il nome del menù dedicato ai piatti che hanno costruito l’immagine del Libery nel corso degli anni – continuano a costituirne la colonna portante: la Parmigiana di melanzane incartata, con stracciatella e fili di zucchine croccanti (ricordiamo il motto di Andrea: “Non è buona perché è strana è buona perché è parmigiana”; e il mio “Non è buona, è buonissima”), gli Spaghettoni Benedetto Cavalieri al cipollotto brasato (ci vogliono 16 minuti di cottura, specifica il menù), la Costoletta alta di vitello rosa alla milanese (me la ricordo ancora adesso), il Libertyramisù (ottima crema al mascarpone, gelato al caffè, crumble alle nocciole e cacao).
A 55 €, più 15 € per l’abbinamento vini o birre (interessanti queste ultime).
Ma sono stato invitato alla presentazione del nuovo Liberty – e quindi non ho (ri)assaggiato i piatti vecchi, peccato, ma, e meno male, ho assaggiato qualcosa di nuovo. Come Mais e calamari: una crema di mais fresco preparata con burro e aglio in camicia, con una punta di vaniglia per dare dolcezza e una punta di zenzero per l’acidità, con un calamaro (proveniente dalla Liguria; e ora è anche di stagione) appena arrostito, e con sopra un taco sempre di mais bianco, con un carpaccio di calamaretto (crudo, quindi molto iodato) con zenzero e lime, un poco di avocado per dare grassezza, e coriandolo (lime coriandolo e avocado: una citazione del guacamole). E un pizzico di peperoncino di Aleppo (approfittiamone fin che ce n’è…). Come si sarà capito, mi è piaciuto molto.
Sempre fra gli antipasti, ho mangiato questa cosa – più di una a dire il vero – in cui devono entrarci del pane ai cereali, la vaniglia e le arachidi tostate, usate per barricare il burro (?), del limone, un’acciuga del Cantabrico: giuro, ho cercato di stare attento, ma ero rapito dal gusto, sono un patito delle acciughe…
Così, di quest’altro piatto distinguo vagamente nel ricordo una panella (al forno), ricordo delle vacanze estive di Provenzani, direi su un pane, assieme a del caviale (lombardo: la Lombardia è il primo produttore mondiale di caviale, ci ha ricordato lo chef). E a un crudo di gamberi (Provenzani usa il crudo con discrezione, e con attenzione, non lasciandolo mai da solo a farla da protagonista, ma accompagnandolo sempre, e mi sembra con garbo).
I Ravioli di zucca invece sono preparati usando due dischi di pasta per i dim sum, con una purea al naturale di zucca e radici di curcuma; vengono appena scottati e poi passati alla piastra; serviti con finferli e vongole veraci, e una salsa al curry fatta con cipolla e l’acqua delle vongole. Un piatto che si guarda in giro per il mondo, come molti altri piatti. E come tutti gli altri piatti che ho assaggiato, che avrei volentieri mangiato in quantità industriali.
E poi il Libertyramisù. Posso essere d’accordo sulla sostituzione dei savoiardi – specie con questo crumble di nocciole, e ho qualche piccolo dubbio sul gelato al caffè: ma con questo mascarpone Andrea potrebbe metterci anche un crumble di mattoni rossi, che mi andrebbe bene lo stesso.
Inutile dire che Il Liberty mi piace come prima, ma diversamente da prima., per gli stessi motivi, probabilmente: l’idea generale, l’atmosfera, e la cucina, che stanno perfettamente assieme.
Il Liberty. Viale Monte Grappa, 6. 20124 Milano. Tel. +39 0229011439.
[Immagini: iPhone Emanuele Bonati, Carlo Casella]