Napoli. Il conto di 16 € mi fa pensare che il Gambrinus deve rivedere i servizi ancor prima del caffè
Come ogni piazza europea che si rispetti, anche Piazza Plebiscito si trasformerà –finalmente – in un salotto buono dove sorseggiare il caffè lasciandosi accarezzare dai raggi del sole.
Si tratta di un progetto vecchio come il cucco ma che pare, in queste ore, stia prendendo concretamente piede: nei prossimi giorni, infatti, il Comune di Napoli metterà a bando gli spazi sotto il colonnato che sì son belli per andarci con lo skate, ma magari facciamoci altro.
In men che non si dica, quindi, la piazza, ad oggi sottodimensionata rispetto ad un’aspettativa turistica sistematicamente disattesa, pullulerà di bar e baretti, caffetterie e pizzettari, con buona pace del Gambrinus, storico caffè cittadino, che da un secolo e mezzo tiene banco nella piazza, affermando una supremazia indiscussa.
Ma sarà davvero così? Quello che fu il ritrovo di Marinetti e D’Annunzio, Hemingway ed Oscar Wilde, inserito tra i dieci migliori Caffè d’Italia può dormire davvero sonni tranquilli? Forse no.
Non fino a quando, almeno, il suo personale non imparerà quella che al di sotto del Garigliano chiamiamo ‘creanza’ ossia, le buone maniere.
Le divise di un bianco abbagliante e gli stucchi liberty che incorniciano capolavori del primo Novecento creano un effetto quantomeno distonico con i modi del personale in servizio: forse il dott. Gambrinus confida negli effetti stranianti di una sindrome di Stendhal che confonda e neutralizzi l’inconsapevole avventore?
Qualche volta funziona, dott. Gambrinus, ma non sempre.
Non ha funzionato con me, ad esempio, creatura mitologica composta per metà donna e metà insofferenza (indovina il film?) che sì, li vuole anche spendere 16 € – diconsi S-E-D-I-C-I EURO – per una brioche (peraltro non freschissima) e due ginseng (il caffè, anch’esso nel computo, è davvero mediocre) ma non basta il servizio al tavolo per giustificare quella cifra. Soprattutto quando il servizio comprende anche un non richiesto accordatore di pianoforte che per DUE ORE, si è trastullato tra un do e un fa, noncurante della molestia che procurava ai clienti in sala.
Dice ma quello è accordatore, che deve fare? Niente. Ma forse, pover’uomo, avrebbe pure smesso se uno dei ciondolanti camerieri a cui ho chiesto ripetutamente di interrompere lo strazio si fosse fatto carico della mia istanza. Devo avere la faccia di quella che non lascia la mancia, evidentemente, sennò non si spiega.
O di quella che pensa di entrare in uno stimatissimo caffè e andare in bagno senza dover essere taglieggiata da un’anziana signora. Provate, se vi capita, è una specie di esperienza extracorporea: pensi che stai nel caffè più figo della terza città d’Italia e ti ritrovi nel cesso dell’autogrill di una Napoli-Pompei a caso.
No dott. Gambrinus, non funziona, non funziona di nuovo.
E non certo per l’anziana custode cui va solo il riconoscimento dello svolgere un lavoro non esattamente dignitoso, ma perché in quei sedici euro di cui sopra, ci devi infilare un servizio che sia all’altezza dell’aspettativa di una città che ambisce a raccontarsi come una capitale europea, di un locale che detiene un primato assoluto, devi, insomma, rispettare la tua storia, i tuoi clienti, la tua città e quanti vi vengono in visita, la memoria di coloro che si sono seduti a quei tavoli scrivendo una pagina di storia. O no?
P.S.
E’ doveroso precisare che la signora in bagno l’ho incontrata in due occasioni precedenti a quella che mi ha portato a scrivere questo pezzo. Oggi l’ho trattenuta, non tenevo spiccioli.
[Link: vesuviolive.it, JungleKey.it, Luciano Furia, Napolike]