Perché Top 50 Pizza è una classifica non affidabile
L’anno della pizza si è chiuso con una serie di successi a Napoli.
Dall’affermazione della pizza canotto che non è più una moda ma uno stile certificato dall’apprezzamento dei consumatori che si affianca alla tradizionale e alla ruota di carro, all’impiego delle farine “alternative” alla 00 e alla 0, all’indagine sull’applicazione della biga e sulle capacità degli impasti diretti, al definitivo sdoganamento del forno elettrico modello napoletano con due aziende che propongono ottimi prodotti, al recente e decisamente globale riconoscimento dell’arte del pizzaiuolo napoletano come patrimonio immateriale Unesco reso in immagini da un quartetto variegato di pizzaioli cioè Gino Sorbillo (ruota di carro), Enzo Coccia (pioniere della qualità), Antonio Starita (ortodosso tradizionalista) e Ciro Oliva (nuova generazione).
Un anno sfolgorante in cui il dato comune sul fronte web è stata la crescita esponenziale di Instagram come migliore mezzo per comunicare la pizza che si è sommata alla ricerca spasmodica da parte di siti, blog, giornalisti, critici di nuovi pizzaioli e pizzerie in grado di esaltare il canone massimo di bontà, cioè la digeribilità che fa rima con scioglievolezza ed ha aperto una serie di confronti con le infinite possibilità di impasti e di tecniche in abbinamento alle farciture che avvicinano sempre di più la pizza popolare al piatto di alta cucina. Ci sarà tempo per parlare di questo innalzamento di qualità e di qualche deriva. Come del terzo pilastro della pizza, cioè la cottura, indagata in una puntata di Report che ha fatto scuola ed è diventata lo spartiacque tra un prima nebuloso e un dopo in cui la cottura della pizza si misura dal fondo del disco.
Per ora dobbiamo registrare la battuta di arresto segnata dalla guida Michelin che, come vi avevamo anticipato, non ha assegnato alcuna stella nonostante le pressioni, rectius, i desiderata dei tanti osservatori esterni.
E poi è stato anche l’anno di nuove e vecchie classifiche e delle mappature cui tutto il mondo web ha concorso. Lo abbiamo fatto noi con l’indicazione dei 10 pizzaioli di nuova avanguardia, la nuova serie La Pizza della Settimana, le classifiche per l’estate. Lo ha fatto Dissapore riproponendo il Campionato della Pizza e ennemila altri siti per sfruttare l’effetto Buzz Feed che si è impossessato da tempo dell’italico suolo.
C’è stata anche la reazione alla classifica non dichiarata del libro della Phaidon curato da Daniel Young (del 2016) che, partito come atlante, ha poi messo insieme le preferenze espresse dai contributori (giornalisti, appassionati, addetti stampa, pizzaioli, influencer) per stilare una classifica mondiale. Un’operazione che ha suscitato polemiche e che ha creato un vero e proprio caso di colonizzazione in tipico stile italiano: dove non siamo stati capaci di creare noi, “proprietari” almeno culturalmente della pizza, ci sono riusciti gli stranieri.
La risposta propositiva è stata Top 50 Pizza, la classifica costruita su una serie di recensioni di 100 ispettori distribuiti dal nord al sud dell’Italia. 150 pizzerie che hanno ricevuto una visita in anonimato certificata dall’altro mantra dei duri e puri della critica: lo scontrino. Ovviamente le preferenze di ciascun ispettore sono state espresse sulla base della propria/e visita/e e del sentito dire, cioè del fidarsi del giudizio di un altro ispettore. La formula scelta per compilare la classifica, infatti, è il sondaggio. Il modello è quello della classifica dei ristoranti, la The World’s 50 Best Restaurants. Impossibile, infatti, prevedere che tutti e 100 gli ispettori possano andare in tutte le 150 pizzerie dell’elenco.
Il tentativo di evitare commistioni tra critica, comunicazione e pubblicità non ha centrato completamente l’obiettivo. I curatori della classifica, l’amico Luciano Pignataro insieme agli inventori de Le Strade della Mozzarella, Albert Sapere e Barbara Guerra, hanno siglato un accordo con Formamentis – società di consulenza, formazione e avviamento al lavoro – che già aveva preso in carico alcuni eventi come il confronto tra pizza napoletana cotta nel forno a legna e in quello elettrico.
A Luciano Pignataro a luglio, dopo l’uscita della classifica, avevo posto una domanda: “Formamentis fa corsi per pizzaioli?”.
Risposta secca: “No” .
“Ah. Ok e quindi per forza di cose non li farà mai”, specifico.
“Questo non lo so. Entro il 2017 sicuro no”, la sua precisazione.
Peccato che non sia così. A far data da luglio e fino ad oggi, sul sito di Formamentis c’è un Corso Professionale La Pizza Napoletana (500 €) tenuta dai fratelli Salvo che hanno la pizzeria a San Giorgio a Cremano e sono al numero 3 della 50 Top Pizza (e vincitori del Campionato di Scatti di Gusto nel 2014). E scorrendo la lista c’è anche un Corso tutti i segreti della pizza, dall’impasto al condimento (750 €), sempre tenuto dai fratelli Salvo in collaborazione con lo chef stellato Cristian Torsiello
Una svista che ovviamente inficia le premesse di costruzione di una classifica che ha il merito dello sforzo di realizzazione ma pecca negli assunti di impermeabilità di giudizio. Un tesoro difficile da accumulare a quanto pare e che investe anche altri soggetti, in primis la Guida dell’Espresso ai Ristoranti in cui sono citate anche le pizzerie.
Il direttore Enzo Vizzari, che questa estate si è scagliato contro la Guida Michelin rea a suo dire di commistione tra critica e pubblicità per il progetto Michelin Days, è il consulente scientifico dei corsi di formazione food cui collaborano importanti protagonisti del mondo della ristorazione.
Ovviamente ben vengano tutte le occasioni di innalzamento della conoscenza, ma la pretesa impermeabilità non può essere accampata quando le attività possono entrare in conflitto di interessi sottolineato da quel “senza tralasciare gli aspetti legati alla comunicazione”.
Lo segnala anche la polemica che si è accesa su Facebook proprio sul fronte consulenze tra Luciano Pignataro e Paolo Vizzari, il figlio di Enzo, che ha consigliato un determinato ufficio stampa ad alcuni chef e ristoratori. Anche qui un normale pour parler che fa venire meno solo il preteso carattere dell’anonimato di molte visite. Ma guarda caso alcuni di quei richiedenti fanno parte del pacchetto di collaboratori dei corsi di Formamentis. Una situazione di impasse che ha portato Luciano Pignataro ad abbandonare la sua posizione di responsabile per la Campania, la Puglia, la Basilicata e la Calabria della Guida Espresso.
Io faccio sempre salva la buona fede di tutti (anche perché mi ci metto prima io davanti a tutti), ma dà un po’ fastidio la voglia di chiamarsi sempre sopra le parti anche quando non è il caso.
Il mondo della pizza è in gran fermento per cui questo scorrere magmatico ha bisogno di assestamenti. Lo abbiamo visto con i salto carristi della pizza Unesco, gente – pizzaioli in primis – che hanno deriso l’iniziativa lanciata da un solitario Sergio Miccù, presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, che ha avuto l’appoggio di pochi all’inizio dell’avventura (e Scatti di Gusto è tra questi pur con il dubbio espresso in conferenza pubblica che sarebbe stato importante continuare anche il percorso di tutela del prodotto pizza napoletana sul fronte STG).
Tutto è bene quel che finisce bene, ma permettetemi anche di segnalare una stupenda contraddizione in termini dell’astioso Attilio Albachiara, pizzaiolo di Acerra che fa delle pizza e della sua pizzeria la clava per soddisfare la voglia di protagonismo. Non mi sta simpatico perché dopo un invito alla conferenza di riappacificazione tenuta all’Associazione Mani d’Oro, di cui è presidente, e la richiesta di esporre il mio punto di vista in quella riunione ha vilipeso l’operato di Scatti di Gusto. Un abominio: così lo avrebbero bollato gli antichi Greci che dell’ospitalità avevano un sacro rispetto tanto da affidare la buona condotta dei padroni di casa alle mani di Zeus. Si vede che Acerra non faceva parte della Magna Grecia al tempo e non ha potuto apprendere la regola di civile condotta.
La premessa è dovuta perché Attilio Albachiara su Facebook si dichiara “Contributor Pizza Luciano Pignataro Wine Blog”. In effetti da quella riunione, finita anche sugli schermi di Report nell’inchiesta che ha fatto luce sulle commistioni tra informazione e comunicazione, in cui ha difeso Luciano Pignataro dalle accuse mosse su consulenze grigie che sarebbero state fatte da collaboratori a sua insaputa, ha condotto il giornalista napoletano alla scoperta delle pizzerie di Acerra.
Ovviamente, ne desumiamo che le pizzerie di Acerra non potranno entrare nella nuova classifica 50 Top Pizza 2018 per la quale si preannunciano importanti novità.
La più importante dovrebbe essere proprio l’uscita di Formamentis dal ruolo di editore. Sul sito nella tendina dedicata al team il link alla voce Editore riporta alla classifica. Sembra, come si dice a Napoli, che si siano rotte le “tazzulelle”. E quindi avremo un nuovo editore, cioè Le Strade della Mozzarella, anche se una traccia “dell’imparzialità” è rimasta in un editoriale di presentazione del progetto.
Buon anno e buona pizza a tutti.
PS. È un articolo tutto invidia perché non faccio parte dei 100 ispettori (così almeno i detrattori a prescindere avranno su cosa commentare).