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Vino
13 Ottobre 2019 Aggiornato il 13 Ottobre 2019 alle ore 09:17

Cos’è Bolé, la bollicina romagnola che insidia il prosecco

Dopo l'Asprinio di Aversa, anche la Romagna rivendica il suo posto tra le bollicine storiche d'Italia. Terra dalle antiche tradizioni spumantistiche, la
Cos’è Bolé, la bollicina romagnola che insidia il prosecco

Dopo l’Asprinio di Aversa, anche la Romagna rivendica il suo posto tra le bollicine storiche d’Italia. Terra dalle antiche tradizioni spumantistiche, la Sciampagna romagnola si riaffaccia sul panorama vinicolo con Bolé, da uve Trebbiano 95% e Famoso 5%, vinificato in autoclave, che punta a scalzare l’egemonia dei prosecchi sulle tavole italiane.

nuovo vino spumante

Nasce da una modifica del disciplinare della Doc Romagna, voluta dal Consorzio stesso e approvata dal MIPAAF il 30 maggio scorso, che aggiunge, alle tipologie di spumanti già presenti nel testo, anche i Romagna Doc Bianco e Rosato, ottenuti rispettivamente da uve Trebbiano e Sangiovese (in percentuale non inferiore al 70%) e vinificati con metodo Classico o Charmat. Così come voluto dal Consorzio è il marchio collettivo Novebolle (nove come il numero dei colli romagnoli e come Novecento), con cui i futuri produttori dei due nuovi spumanti romagnoli potranno identificarsi sul mercato.

spumante brut da uve trebbiano

Per ora la produzione è in mano a due giganti, Caviro e Terre Cevico, che per questa occasione hanno creato una nuova società, Bolé Srl, e tenuto a battesimo le prime bottiglie nell’estate scorsa, grazie a una speciale deroga visto che per il disciplinare la prima vendemmia utile per la produzione con denominazione Romagna Doc Spumante è quella in corso.

Vino romagnolo

Dotate di impianti moderni e ad alta efficienza, che lavorano centinaia di migliaia di tonnellate di uva, Caviro e Terre Cevico insieme immettono sul mercato circa 300 milioni di bottiglie all’anno, da uve conferite da 17.500 produttori (socio piu socio meno), e il giro d’affari del prosecco, che sfiora i 5 miliardi di euro, è preda ambita anche con i fatturati a sei zeri delle due aziende.

spumante brut da uve bianche

Dal produttore alla bollicina

Ma non c’è solo il fattore economico da considerare. La Romagna è un territorio fondamentalmente agricolo, i panorami si colorano di tutte le sfumature di verde possibile. Case e casolari distanti tra loro, basta uscire dal centro città, iniziano a punteggiare strade alberate da cui scorgere contadini al lavoro, il viavai silenzioso di braccianti in bicicletta, motorini che infilano strade sterrate che appaiono ai lati della carreggiata. Sembrerebbe che il turismo si sia fermato a Bologna, qui si coltivano i campi e si alleva il bestiame.

vino genuino

Sono quasi tutte aziende familiari, con pochi ettari, coltivati dai proprietari, e i vignaioli che conferiscono le uve per la produzione del Bolé non sono diversi. Naturalmente non tutti i soci entrano nella produzione del Bolé e non tutta l’uva dei soci prescelti diventa bollicina. “C’è stato un lavoro di selezione delle uve fatto in modo capillare – mi spiega Daniele Rossi, l’agronomo di Terre Cevico, che mi accompagna nelle vigne prescelte per diventare Bolé – per capire quali zone di ciascun vigneto erano le più vocate per lo spumante, e comunque sono l’annata e la vendemmia ad avere l’ultima parola“.

bolla da aperitivo

Bolé è uno spumante brut chiacchierino, leggero, piacevole e di ottima beva, spinta soprattutto dal Famoso, vitigno antico che sta vivendo un momento positivo dopo decenni di abbandono. Oggi coltivato soprattutto nelle zone di Forlì, Faenza e Bagnacavallo, presenta sentori che ricordano la ricchezza aromatica del moscato, e agisce quindi sulla componente fruttata dello spumante, piuttosto spiccata, che sta bene con i formaggi morbidi tipici della zona (ad esempio lo squacquerone). Bolé non è pensato per stupire per ampiezze e struttura, ma per accompagnare la convivialità, è la bollicina scacciapensieri tra una tartina e una risata, e costa (in enoteca) tra gli 8,50 e i 10€ .

bolla a tutto pasto

La maggior parte qui sono piccoli produttori che non hanno una cantina propria – mi dice Giovanni, uno di loro – costerebbe troppo. E’ normale conferire le uve alle cooperative. Ma ci dispiace non sapere dove va a finire la nostra uva. Una volta immessa nel circuito delle cantine sociali potrebbe essere dovunque, dalla bottiglia di punta al vino in brik. Il progetto Novebolle dà piu dignità al nostro lavoro, quando vedo una bottiglia di Bolé posso dire che è fatta anche con la mia uva.

Nel nome del territorio

Spumante di territorio

Dunque Bolé rappresenta l’affermazione di un’identità territoriale che viene ribadita anche dal basso, e su cui il marchio Novebolle appone un sigillo anche visivo, poiché riprende un carattere mobile tipografico liberty che è un inedito romagnolo dei primi del secolo scorso, digitalizzato per la prima volta proprio in questa occasione.

Lodevoli le intenzioni del Consorzio Vini di Romagna, cioè la volontà di creare movimento intorno a un vino di territorio, che tuttavia contrasta abbastanza con quanto consentito dal disciplinare, cioè la possibilità di vinificare le uve atte al Romagna Doc Spumante anche in Veneto, Marche, Piemonte e Lombardia. Era proprio necessario?

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