Uomo nero e razzismo al ristorante. Il caso Visintin – Passera
Ciao a tutti. Uomo nero e razzismo sono le parole della settimana.
Ha iniziato il pizzaiolo Gabriele Berbenni che si firma Uomo Nero e non vuole i bambini maleducati in pizzeria.
Ha messo il suo un telefonista di Just Eat con il menu sbagliato di IGPizza (caso risolto in 8 ore).
Ma hanno sparato i veri fuochi d’artificio Valerio M. Visintin e Carlo Passera.
Ho fatto fatica a ricostruire tutto. Mi è costato una notte insonne per scandagliare le vite parallele dei due giornalisti e mi sono rammaricata di non avere il telefono dell’uomo in grigio di Incite (brividi).
Inizia la storia un post dell’Uomo Nero mascherato.
Eccolo.
Il ristorante è Terrammare, a Milano. E la foto di gruppo viene pubblicata su Identità Golose in data 15 novembre 2019. “Lo staff al completo”, dice la didascalia. Ma i volti sono dieci. Mentre i nomi sono soltanto nove. Il signor Passera, autore del pezzo e coordinatore della redazione, si è dimenticato di Saidur Rahuman, il giovanotto del Bangladesh schierato al fianco della patronessa, Stefania Lattuca. Penso sia stata una semplice disattenzione. Ma il razzismo – sociale o di pelle che sia – si annida anche nelle pieghe sottili della noncuranza, della superficialità, del cattivo giornalismo.
Cavoli, ho pensato, qui ci andiamo duro se un articolo del 15 novembre 2019 viene riesumato per una didascalia.
E lo confesso, il mio brivido che deve essere quel pizzicorio dell’Uomo Ragno mi ha scosso tutta.
Cambiamo solo supereroe, dal ragno al cavaliere mascherato che insegna come e cosa scrivere.
Il mio capo mi cazzea quando sbaglio i nomi di chef e pizzaioli o – peggio ancora – eresia – se non è chiaro cosa contiene un piatto (telefonista albanese, hai tutto il mio appoggio).
Una didascalia deve essere scritta iniziando a descrivere da sinistra verso destra. E io sono invidiosa di quelli che recitano la formazione dell’Italia Campione del Mondo come se avessero la foto davanti agli occhi. O i miei compagni di scuola che snocciolano l’elenco di classe passando dall’ordine alfabetico al sinistra – destra della formazione accosciata sui gradini del liceo.
Ok, sto divagando. Il punto è: perché Carlo Passera, giornalista di Identità Golose, ha dimenticato il nome di – copio-incollo – Saidur Rahuman?
La risposta la dà Carlo Passera 6 ore dopo con un post su Facebook.
E non è delle più accondiscendenti. Tipo: ho dimenticato.
Mi trovo a Madrid per Madrid Fusion, ma mi tocca perdere del tempo per rispondere a una repellente, nauseabonda porcheria scritta sotto forma di post Facebook dal “docente di giornalismo enogastronomico” (o qualcosa del genere), signor Valerio M. Visintin. Lo pubblico qua sotto, in foto.
Il “docente di giornalismo enogastronomico” Visintin è libero di non amare me, il mio lavoro, di contestare Identità Golose, di farmi e farci le pulci, di scrivere insomma quello che vuole: me ne frega meno di zero (avrei molto da dire anch’io sul suo modo di fare giornalismo, sulla sua pluridecennale attività di ahimè limitatissimo successo, con tutte le frustrazioni che ne derivano. Ma ho rispetto delle persone e delle loro vite, quindi non l’ho mai fatto e non lo farò. Peraltro ho ben di meglio di cui occuparmi).
Il “docente di giornalismo enogastronomico” Visintin non è però libero di accostare il mio nome a orrori che mi ripugnano; di insinuare pubblicamente schifezze personali sul mio conto. Specie – il docente di giornalismo (?!) – senza aver nemmeno tentato di accertare i fatti, di trovare riscontri o conferme, di vagliare fonti, di interpellare gli interessati. Di operare cioè qualsivoglia verifica prima di schizzare guano in giro. Il docente!
Se lo avesse fatto, avrebbe scoperto facilmente come la mancanza di un nome, su dieci, in una didascalia, non fosse affatto dovuta a mio strisciante razzismo (mi disgusta solo l’idea), ma a una banale disattenzione. Non mi sono accorto che era stato omesso un nome, quel nome – immagino del tutto involontariamente – nella lista mandatami dallo stesso ristorante per iscritto; la conservo, la posso pubblicare. (Andò così: scattammo NOI la foto, ovviamente senza escludere nessuno, senza vagliare il colore della pelle, chiedendo poi la gentilezza di fornirci l’indomani tutti i nomi. Ciò, per puro scrupolo professionale, perché ad appuntarseli al volo su un taccuino ci scappa sempre l’errore, specie se i nomi sono stranieri, quindi persino a maggior riguardo nei confronti di questi ultimi).
Se l’esimio docente di giornalismo, o qualsiasi altra persona, si fosse premurato di segnalarmi l’involontaria omissione, l’avrei corretta subito; son passati due mesi, e mi tocca leggere questa immondizia.
Io, giornalista professionista da 20 anni, ho commesso un errore: non mi è saltato all’occhio che mancava un nome, su dieci, in una didascalia fornitami dagli stessi interessati. Il docente di giornalismo, invece, che ha fatto, con questo post? Lascio a ciascuno le conclusioni. Che imbarbarimento. Che schifo
Carlo Passera ha fatto quello che farebbe chiunque: chiedere la lista dei nomi per evitare di sbagliare. Solo che chi ha compilato la lista ha dimenticato – suppongo – il nome più difficile da scrivere. Mi imagino un “ehi scusa, qual è il cognome di Saidur?”
La distinzione per Visintin è in quel “Ma il razzismo” che non è l’accusa di razzismo bensì il pensiero che qualcuno possa pensare che quella dimenticanza potrebbe essere tacciata di razzismo.
Io sarò anche l’Uomo Ragno con questo mio pizzicorio, ma capisco anche le osservazioni di chi sente i polpastrelli strisciare sulla parete di vetro su cui il super eroe mascherato vuole farci arrampicare.
E dall’altra parte, leggendo la risposta di Passera e i commenti al suo post, mi viene da pensare che il casus belli di cui dovevamo parlare per spiegare lo scoppio della I Guerra Mondiale al tempo dei social sarebbe un post come questo.
Le fazioni si armano. Visintin che con Doof vuole raccontare il food al contrario cioè bene perché tutti ne parlano male facendo marchette e marchettine, soprattutto le fluffblogger. La corazzata di Paolo Marchi (inventore e dominus con il suo socio di Identità Golose) che si unisce a quella di Enzo Vizzari (direttore della Guida dell’Espresso) per fare fuoco su Visintin.
Una guerra a colpi di like, commenti e condivisioni.
Io voglio mantenermi neutrale come la Svizzera.
Mi direte che sono codarda ma vorrei fare un invito: facciamo buon visintin a cattivo gioco. Prima o poi passerà.