Coda alla vaccinara, ricetta originale intensamente romana
Diciamolo subito, se andate di corsa e avete poco tempo la coda alla vaccinara non è il piatto tipico romano che fa per voi, poiché richiede lunghi e pazienti tempi di cottura.
Idem se siete particolarmente schizzinosi. Per mangiare la coda alla vaccinara ci si deve sporcare le mani, perché è un vero peccato non provare l’ebrezza di spolparla senza la forchetta, semplicemente addentandone i “rocchi” (le ossa che la compongono).
Come mai la coda alla vaccinara si chiama così
Chi si chiede perché si chiama così, sarà curioso di sapere che, un tempo, con l’espressione “coda alla vaccinara” si intendeva la carne macellata destinata ai vaccinari, ovvero gli abitanti nel rione romano Regola. Dove la ricetta era così diffusa che ai residenti restò appiccicato a lungo il poco simpatico soprannome di “vaccinari-mangia-code”.
Oggi, invece, alla parola vaccinaro si tende a dare il significato di macellaio, venditore di carne vaccina.
Chi ha inventato il piatto tipico romano aggiungendo cacao
L’invenzione della coda alla vaccinara viene comunemente attribuita all’osteria Checchino dal 1887. L’intuizione della sora Ferminia, figlia dei fondatori del locale, fu di introdurre nella ricetta un ingrediente inizialmente tenuto segreto e solo molto svelato ai clienti: il cacao amaro.
Era il lontano 1890, e i lavoratori del mattatoio di Testaccio consegnavano a Ferminia i pezzi di coda ricevuti come paga per passare poi a riprenderli cucinati a fine turno.
Regina del quinto quarto con guancia, trippa e coratella, la coda alla vaccinara si è trasformata negli anni in un piatto ricco, con uvetta, pinoli e cacao, che le conferiscono un gusto agrodolce in grado di ingentilirne il sapore.
Oltre che in un ingrediente abbastanza costoso e difficile da reperire. Pe trovarla, persino a Roma, fuori dal rione Regola dove è nata come abbiamo visto, bisogna tampinare il macellaio.
Le ricette di Ada Boni, la strong e la raffinata
Sul tema “Come si mangia la lingua” molto ci sarebbe da dire. La si può bollire per imbottire sostanziosi panini. Si può fare al forno o inserire tra i pezzi di un bollito misto. Tipica della cucina ligure è la ricetta della lingua salmistrata.
Sulla cottura invece sono due le scuole di pensiero. La prima è quella indicata anche da Ada Boni nel suo libro “La cucina romana” (1929). L’autrice, per ragioni di economia domestica, propone di lessarla, ricavandone così un brodo, e poi di ripassarla in padella.
L’altra versione, che preferisco e che si è andata ormai consolidando, è quella di stufarla, lasciarla cuocere per almeno tre ore e accompagnarla ad abbondante sedano. Il tempo di cottura è indicativo perché, badate bene, la carne è pronta solo quando comincia a staccarsi dall’osso.
La coda alla vaccinara può essere un secondo gustoso e succulento ma anche un ottimo sugo per la pasta.
E qui vi proponiamo i tonnarelli di Checchino e i rigatoni di Sora Maria e Arcangelo a Olevano Romano.
Oggi, nelle declinazioni più raffinate, la coda alla vaccinara viene usata come ingrediente principale nel ripieno di ravioli o tortelli, come quelli di Oliver Glowig, o spolpata e servita in terrina.
La ricetta della coda alla vaccinara
Ingredienti per 4 persone
1,5 kg coda di bue
1,5 kg pomodori pelati
50 g lardo o guanciale
1 carota
6 coste di sedano
1 bicchiere di vino bianco
Prezzemolo
1 spicchio d’aglio
Sale
1 peperoncino
4 chiodi di garofani
1 manciata di pinoli
1 manciata di uvetta
2 cucchiai di cacao amaro o cioccolato fondente grattugiato
Procedimento
La coda si vende ormai già porzionata ma, nel caso in cui non lo fosse, la taglio con un coltello da cucina seguendo le giunture delle ossa e ottenendo i cosiddetti “rocchi”.
Lavo i pezzi in acqua corrente e li tampono per asciugarli.
Preparo un trito con l’aglio, la cipolla, la carota e una costa di sedano.
Se, come nel mio caso, uso il guanciale, lo faccio rosolare con poco olio.
In alternativa, avendo a disposizione del lardo per la coda alla vaccinara, lo taglio grossolanamente e lo verso in una pentola capiente.
Quando è sciolto, o quando il guanciale è cotto, aggiungo il trito di verdure, un pezzetto di peperoncino, unisco la coda, la faccio sbianchire e dopo qualche minuto bagno con il vino bianco.
Lascio evaporare la parte alcolica e metto i pomodori pelati.
Copro con un coperchio, controllo ogni tanto, aggiusto di sale e lascio cuocere fino a che la carne non inizia a staccarsi dall’osso.
Intanto pulisco il sedano rimanente, lo lesso e lo taglio a pezzetti regolari di circa 1 centimetro.
Quando la coda alla vaccinara è quasi pronta, lo aggiungo al sugo insieme a una manciata di pinoli tostati, una di uvetta precedentemente ammollata nell’acqua e a un paio di cucchiai di cacao amaro.
Lascio sobbollire la salsa ancora per qualche minuto e la servo insieme ai pezzi di coda.
Spolvero con del prezzemolo tritato.
Coda alla vaccinara
Equipment
- padella
- pentola
Ingredienti
- 1,5 kg coda di bue
- 1,5 kg pomodori pelati
- 50 g lardo o guanciale
- 1 carota
- 6 coste sedano
- 1 bicchiere vino bianco
- Prezzemolo
- 1 spicchio aglio
- Sale
- 1 peperoncino
- 4 chiodi garofano
- 1 manciata pinoli
- 1 manciata uvetta
- 2 cucchiai cacao amaro o cioccolato fondente grattugiato
Istruzioni
- La coda si vende ormai già porzionata ma, nel caso in cui non lo fosse, la taglio con un coltello da cucina seguendo le giunture delle ossa e ottenendo i cosiddetti “rocchi”.
- Lavo i pezzi in acqua corrente e li tampono per asciugarli.
- Preparo un trito con l’aglio, la cipolla, la carota e una costa di sedano.
- Se, come nel mio caso, uso il guanciale, lo faccio rosolare con poco olio.
- In alternativa, avendo a disposizione del lardo, lo taglio grossolanamente e lo verso in una pentola capiente.
- Quando è sciolto, o quando il guanciale è cotto, unisco la coda, la faccio sbianchire, aggiungo il trito di verdure, un pezzetto di peperoncino e dopo qualche minuto bagno con il vino bianco.
- Lascio evaporare la parte alcolica e metto i pomodori pelati.
- Copro con un coperchio, controllo ogni tanto, aggiusto di sale e lascio cuocere fino a che la carne non inizia a staccarsi dall’osso.
- Intanto pulisco il sedano rimanente, lo lesso e lo taglio a pezzetti regolari di circa 1 centimetro.
- Quando la coda è quasi pronta, lo aggiungo al sugo insieme a una manciata di pinoli tostati, una di uvetta precedentemente ammollata nell’acqua e a un paio di cucchiai di cacao amaro.
- Lascio sobbollire la salsa ancora per qualche minuto e la servo insieme ai pezzi di coda.
- Spolvero con del prezzemolo tritato.