Barrique a Monte Porzio Catone. Lo splendido ritorno di Oliver Glowig
In una Roma e dintorni che molti vorrebbero al collasso gastronomico dell’alta cucina e in preda solo a carbonare, cacio e pepe e amatriciane, il ritorno di Oliver Glowig in una postazione diversa dalla trattoria de’ noantri sembrerebbe un controsenso.
Il già due stelle Michelin ha lasciato definitivamente la sua postazione al Mercato Centrale di Roma per trasformare la consulenza al ristorante Barrique della cantina Poggio Le Volpi in un impegno in prima persona.
Corsi e ricorsi storici si sono consumati sulla scia delle due stelle che Oliver Glowig ha portato appuntate sulla sua giacca da chef. Le ha perse per la chiusura del ristorante omonimo ospitato all’Aldrovandi Palace di Roma acquisito dalla turca Dogus già proprietaria del Capri Palace Hotel da cui Glowig era andato via e che per mettere mano alla ristrutturazione dell’immobile chiuse il ristorante. Scherzi del destino che si ripetono: la Dogus ha ceduto il Capri Palace al fondo inglese Cerberus e la gestione ora è del Jumeirah Group con i due ristoranti L’Olivo (nuovamente bistellato) e il beach club Il Riccio (stellato).
Ed eccolo Oliver Glowig nella sala del ristorante che la cantina Poggio Le Volpi – siamo sulle colline di Monte Porzio Catone a una manciata di chilometri da Roma proprio all’uscita del casello della bretella che mena all’autostrada del Sole – ha allestito per creare il ristorante Barrique.
Che in effetti era e rimane una barricaia con vere botti e vero vino a riposare. Temperatura costante di 21°C che accomuna uomini e vino.
Ristorante elegante, molto curato nella decorazione della nuova destinazione. I più critici potranno puntare l’occhio sull’illuminazione non proprio eccelsa e su un certo effetto monotinta.
Ma a parlare ci penseranno i piatti illustrati dal nuovo maître Dario Campanella che sovrintende alle operazioni di raccordo tra sala e cucina.
La carta si apre con un solo menu degustazione con 7 portate a 95 € che diventano 75 se non si desidera la carne e la selezione di formaggi.
Tre pensieri in fila.
- Meno male, ci sono le amatissime eliche cacio e pepe con ricci di mare.
- Benedetta la possibilità di scegliere tra degustazione e piatti alla carta (un classico con 5 piatti per ciascuna portata).
- Ancor prima di pagare il conto c’è da interrogarsi sul feticcio degli appassionati dello scontrino/anonimato in rapporto al sistema super blindato degli ispettori della Guida Michelin.
Pensieri cancellati dalla domanda sull’aperitivo e sul vino. Siamo in una cantina, perché non provare i vini che qui producono? Si inizia con un Frascati Metodo Classico che, mi assicura Campanella, nulla ha da invidiare agli champagne. L’Asonia si difende egregiamente sulle barricate del confronto Italia – Francia.
E accompagna i benvenuti in cui spiccano i supplì burro e alici.
A Poggio Le Volpi producono anche olio extravergine di oliva in blend che riempie la ciotolina per gli assaggi con il pane fatto in casa.
Non prima di aver assaggiato lo sgombro con il finocchio.
Olio nostrano o burro francese del nord? Il pane con le nocciole è ottimo accompagnamento di entrambi e il rimpiazzo del cestino vuoto corre insieme al nostro piacere.
Il fiano è dell’altra azienda del gruppo. Il pugliese L’Uetta di Masca del Tacco è molto profumato.
Ed accompagna l’aceto di lampone della marinatura del cotto e crudo di frutta e verdure. Ottimo piatto nonostante l’evidente poca stagionalità delle melanzane di base e di qualche frutto. Lo stare in campagna non avrà contagiato del tutto le movenze urbane dello chef. Ma allo scoccare della primavera, Glowig avrà una tavolozza ben più ampia e di stagione per questo piatto.
Ritorniamo a Poggio Le Volpi con un classico della cantina, il Donnaluce, malvasia con chardonnay e greco.
Cui è affidato il compito di accompagnare una strepitosa tartare di tonno con puntarelle, alici e salsa di ricotta di bufala del Caseificio Costanzo di Aversa, uno dei fornitori abituali di Glowig.
La malvasia puntinata di Poggio Le Volpi per molti esperti di vino è una delle migliori Roma Doc in circolazione.
Ancora un abbinamento centrato con il foie gras, vero cavallo di battaglia delle tavole “gommate” che Oliver Glowig interpreta accostando il torcione a cozze e capperi. Veramente buono pur in questa inconsueta veste.
Il Frascati riserva Epos è chiamato a sostenere il mio imperituro apprezzamento per le eliche cacio e pepe con ricci di mari, piatto cult della cucina oliveriana che lo chef mise in carta subito all’arrivo a Roma ispirato da una cena in un ristorante romano doc. Un piatto che è la quintessenza dell’evoluzione della tradizione in chiave alta cucina. Piacione come sa essere una cacio e pepe e nobilitato nell’equilibrio dei sapori. Giudizio sospeso per manifesta superiorità e totale affezione (tradotto, non ve lo fate mancare).
Difficile superare le eliche, ma Oliver Glowig non si sottrae alla sfida e mette al centro gli spaghetti alle erbe di campo e anguilla affumicata. Che in un sol colpo spazzano il pregiudizio da inurbamento dello chef. Le erbe sono quelle che crescono spontanee tra i filari di viti. La salsa intingola in maniera elegante la pasta e l’anguilla affumicata ci sta divinamente bene.
Ancora Puglia, ancora Masca del Tacco con questo pinot nero rosato che gioca un po’ a fare il rosso per accompagnare il baccalà con riso venere, finocchi e salsa di arancia. Il piatto si posiziona al di sotto dell’asticella che fin qui ha segnato la cena.
Ma è un attimo. Il poco diffuso Susumaniello accompagna uno splendido capriolo in crosta di olive e frutta secca con topinambur. Galattico, stellare.
Starei per arrendermi alle insegne di Poggio Le Volpi che fugano la banalità che l’alta cucina ti fa morire di fame.
Ma il nostro percorso prevede anche un piatto di formaggi innaffiati da un robusto Primitivo di Manduria riserva che spero seguirà il paradosso francese dei grassi.
Sul pre dessert si inalbera una fogliolina che accetta la mia resa e prepara al dessert.
La meringa che ricopre la mousse alle castagne e cuore di cachi è un po’ fuori stagione. Ma è molto buona. Me ne farò una ragione pensando ad abbattitori&co che fanno parte della strumentazione di una cucina (anche di quelle basiche con alici marinate un tot al chilo, o almeno dovrebbero farne parte).
Impossibile resistere alle coccole di Oliver Glowig che si materializzano sotto forma di bombette fritte con l’accompagnamento della crema in cui inzupparle. Marò, le bontà di Capri sono sempre presenti.
E speriamo che sia riconosciuto universalmente il valore del rapporto qualità – prezzo che fa parte della lista dei 5 punti fondamentali della Guida Michelin.
Barrique non è la trattoria da tutti i giorni, ma almeno una volta nella vita lo vorrete fare il triello tra eliche, spaghetti e capriolo per stabilire chi vince?
Voto: 8,5/10
Barrique By Oliver Glowig. Via di Fontana Candida, 3. Roma. Tel. +39069416641