Birra. Laudi e Serra nell’avventura Turan
Orazio Laudi e Massimo Serra sono i due soci che hanno dato vita al birrificio Turan. Birraio Orazio, comunicatore Massimo, ma complementari in un’attivita che sta regalando soddisfazioni anche agli appassionati di birra.
Orazio Laudi, il birraio, nasce 54 anni fa a Messina, si trasferisce da piccolo a Civitavecchia, e inizia a lavorare con l’ENEL, quando frequentava la facoltà di Chimica all’Università, occupandosi di ricerca nel trattamento delle acque. Viene trasferito in un settore più amministrativo, ma la passione per la birra artigianale, nata con l’homebrewing nel 2003, lo trova ben disponibile ad affrontare una nuova sfida. Frequenta con passione i blog americani, più che gli appassionati nostrani, e molto del suo stile odierno deriva da questa esperienza, unita all’esigenza ed al gusto di realizzare prodotti bevibili ed equilibrati.
Fra i suoi numerosi esperimenti, ricorda un’antenata della “Sfumatura”, la Ateus, una belgian ale scura di 10° alcolici, con 6 mesi di affinamento in bottiglia e molto speziata, con cannella, anice stellato e chiodo di garofano. La fece assaggiare al birraio del B.O.A., che lo incoraggiò a proseguire su questa strada.
Al termine del 2008 partecipa ad un corso sulla birra artigianale, “Il fermento dei grani” tenuto a Civitavecchia dal fiduciario Slow Food, Fabrizio Gabrielli, con la partecipazione di Mirco Mirko Caretta. Lì conosce Massimo Serra, ed inizia l’avventura societaria, del Birrificio Turan.
Massimo Serra, addetto alla comunicazione, è un personaggio fantasioso e creativo, ed anche molto innamorato: il logo della birra Turan è quello dell’anello della sua compagna, opportunamente ritoccato.
Nasce 43 anni fa a Roma, ed entra in contatto con la birra a 13 anni in Germania, nel SaarLand a Homburg, per scambi culturali. Nella famiglia che lo ospita c’è un birraio, il capofamiglia. Da giovane lavora come musicista, di rock elettronico, in un Jazz Club a Nettuno, in seguito come disegnatore autocad in un ufficio di servizi per l’architettura, che, nonostante una buona carriera e buoni guadagni, abbandona, per aprire a Montefiascone un Jazz Club, l’Artò Cafè, che sente più affine alla sua natura. Insieme alla musica, sua grande passione, si diletta a servire diverse birre artigianali Grado Plato, Amiata, Birra del Borgo, Panil, Baladin.
La passione per Grado Plato risale al 2005, quando a Chieri, conosce a Chieri Gabriele Ormea di Grado Plato e si appassiona alle sue birre: la Sveva, la Sticher e la Melissa le sue preferite dell’epoca.
Grazie all’Artò Cafè conosce Leonardo Di Vincenzo ed altri produttori. Da queste frequentazioni nasce l’idea di aprire un birrificio artigiano.
Dopo aver conosciuto Orazio a Civitavecchia, inizia a far assaggiare i suoi esperimenti da homebrewer ai clienti del pub con riscontri più che positivi che uniti a quelli di Mirko Caretta, lo spingono al grande passo.
Il birrificio Turan nasce a Montefiascone, grazie anche ad un terzo socio finanziatore ed inizia ad essere operativo nel febbraio di quest’anno. L’impianto è costruito in economia, artigianalmente, con una capacità in cottura di 8 hl e fino ad agosto ha prodotto circa 100 hl.
La filosofia produttiva di Orazio prevede birre di buona bevibilità, ma costruite utilizzando luppolature generose, e con molti luppoli di varietà diversa, equilibrate e spesso con maltosità predominante, grazie all’utilizzo di malti e tecnologia che lascia numerosi zuccheri residui.
Con loro ho degustato 3 birre:
Oops. Una pale ale al cardamomo che mi colpì molto all’IBF di aprile 2010 a Roma. Questa spezia affascinante e caratterizzante è difficile da dosare e molte volte, nelle diverse birre che avevo provato copriva tutti gli altri sapori ed aromi. Nella Oops, così chiamata per la sorpresa che suscita quando si beve, la spezia si percepisce all’inizio, ma dopo svanisce lasciando spazio a sensazioni del malto ed infine agli aromi dei luppoli, in un insieme complesso, con tante sensazioni diverse che si susseguono l’una dopo l’altra.
La ricetta attuale è il risultato di 5 prove, nelle quali le quantità di luppolo, Changeller in particolare e di malto caramello, sono state incrementate per fornire un insieme equilibrato. Base pale ale, ambrata, 5,5°, olfatto ricco di spezie, sentori balsamici, caramella mou, orzo tostato, miele e agrumi, corpo pieno, rotondo, con gusto iniziale speziato, poi di malto tostato e finale lungo con aromi del luppolo. Adoperati il Columbus, il Challenger, l’Hallertau e in dry hopping il Cascade.
Ultrasonica. Belgian ale di 7°, colore fra il dorato carico e l’ambrato. All’olfatto si presenta ricca di aromi di frutta tropicale, mango, ananas e poi pompelmo, dagli oli essenziali dei luppoli, equilibrata al gusto, con buon corpo, sensazioni maltose iniziali e di aromi di luppolo nel finale, Amarillo e Simcoe. I suoi 60 IBU sono una sorpresa, perché risulta corposa, bevibile e molto equilibrata, grazie al giusto dosaggio di malti caramello e alla tecnologia di produzione, con molti zuccheri residui.
Sfumatura. Una simil imperial stout di 7,2° . Durante una cena 3 anni fa, il paragone con la Ghisa e la Rauch Marzen della Schlenkerla, convince Orazio a proseguire nell’affinare la ricetta. Birra scura, all’olfatto ricca di sentori di caffè tostato, cappuccino, ma anche di fichi e di prugne, con sullo sfondo sensazioni affumicate che regalano una buona complessità. Anche al gusto si rivela una birra bevibile, grazie ad una maltosità evidente, equilibrata però da una luppolatura abbondante e da una sensazione di affumicato altrettanto generosa.
Non resta che augurare ai soci di questo giovane e particolare birrificio di confermare le felici intuizioni avute fino ad ora.