Confesso che ho mangiato anche io la misteriosa Melanzana Rossa
Davide Paolini, giornalista, è per tutti il Gastronauta e il motore di Taste of Firenze. E ora anche autore di Confesso che ho mangiato che si aggiunge alla collezione di libri che ha scritto in 40 anni di attività. Un libro confessione nato nel periodo peggiore per un viaggiatore del gusto: il lockdown. Chiuso in casa e chiusi i ristoranti con il cibo ridotto a minima funzione di sopravvivenza. Un concetto lontano per chi è abituato a rappresentarlo come momento di scoperta di ingredienti preziosi e di convivialità.
La navicella di Confesso che ho mangiato cambia andamento. E invece di essere spinta dal vento che mira lo sguardo in avanti, si gira e guarda al ricordo. Forte della memoria di scoperte di luoghi e di cibi in un lungo itinerario che si dipana in 55 capitoli. E in altrettante avventure alla ricerca di un vello d’oro che è quello dell’emozione di un incontro a tavola.
Tappe che ripercorrono il vissuto di un esploratore del gusto ammaliato da ingredienti semplici come il miele e il pane caldo o il panino alla mortadella al mercato (ma con Rémi Krug).
Ricordi che partono dall’infanzia e dall’adolescenza mentore nonno Domenico “Mingon”, commerciante di carni e produttore di salumi. Un’operazione di recupero che affonda nelle delizie dei cappelletti in brodo e che rappresenta ancora oggi un importante lascito. Che porta Davide Paolini a chiedere al macellaio di fiducia la coda di bue per il brodo. La vera differenza con un brodo di maniera.
Confesso che ho mangiato la melanzana e anche i panini
Ma ovviamente in Confesso che ho mangiato non mancano esplorazioni in terra straniera, intesa al di fuori dell’Italia o in territori lontani dai suoi. Come a Crucoli con il peperoncino e le sardelle: il cosiddetto caviale dei poveri sulla spiaggia della provincia di Crotone.
Di aneddoti ce ne sono quanti ne può contenere una miniera opulenta e a scorrere Confesso che ho mangiato è facile incrociare i propri ricordi con quelli dell’autore. Potrete confrontarli assaggiando le pagine dedicate ai filindeu della Barbagia o ai masculini siciliani. Preparati da Carmelo Chiaramonte che vi si contrappone in un cortocircuito di nomi e di luoghi le moleche del ristorante Le Cirque di Sirio Maccioni a New York.
O nella Melanzana Rossa che per molti è misteriosa a meno di non aver frequentato Rotonda nel Parco Nazionale del Pollino. O Policastro Bussentino. La differenza tra la merligiana a pummadora del libro e la sagra della melanzana pummarò è micidiale, in questo caso.
L’alto e il basso della cucina – ammesso che vogliate così catalogare i diversi modi di preparare piatti buonissimi – si incrociano nell’hamburger accompagnato dalla birra a San Diego Bay. O le alette di pollo fritte del Dinosaur Bar-B-Que ad Harlem da assaggiare dopo una passeggiata sulla riva dell’Hudson. “Piatto improbabile ma di successo” che fa il (personale) contrappunto con un panino gigante di Katz’s Delicatessen a margine di una fiera al Javits Center.
Leggere Confesso che ho mangiato di Davide Paolini ha questo doppio effetto: ricordare e avere fame. O forse più semplicemente ricordare di avere fame.
Confesso che ho mangiato. Davide Paolini. Giunti Editore. 272 pp. 18 €