Covid. Con Luisa Lomazzi è scomparsa una panettiera storica di Milano
Muore di Covid Luisa Lomazzi, panettiera storica di via Padova a Milano
Luisa Lomazzi era, è, una prestinaia. Luisa Lomazzi è morta di Covid-19 l’11 aprile scorso. Due brevi frasi che racchiudono tutto il senso dei tempi, tragici, che stiamo vivendo. La pandemia, che continua a mietere vittime, nell’alternanza di zone hiallo-arancio-rosse, con varie striature. E la lenta scomparsa di una generazione (la signora Luisa aveva ottant’anni) ancora attiva, al lavoro nel suo negozio di prestinèe, di fornaio.
La panetteria di Luisa, in via Padova al 135, non era una raffinata bottega gourmet, di quelle votate alla ricerca di grani e farine nobili, di ardite sperimentazioni lievitatorie. Era un negozio di quartiere, in una zona popolare, popolata anche da persone di tante nazionalità diverse, solo in anni recenti arricchitasi della definizione di NoLo. North of Loreto, il grumo di strade a nord di piazzale Loreto. La Panetteria Lomazzi faceva pane, ed era uno dei punti d’incontro, identitari, del quartiere.
Lo esprime benissimo un post dei fratelli di Luisa, di un panificio “concorrente”, il Panificio Danelli in piazza Gobetti, pubblicando la foto del panificio di Luisa.
Il ricordo della famiglia
“Perché postiamo la foto di un altro Panificio? Perché prima di tutto avere un Panificio Storico a Milano significa sentire la vicinanza a tutti gli altri che lo sono. Seconda cosa perché Luisa Lomazzi da pochi giorni non c’è più, vittima anch’essa della pandemia. È una perdita triste e dolorosa per tutti i panificatori che l’hanno conosciuta. Una donna caparbia che non ha mai mollato il suo forno in Via Padova e ha rappresentato per anni un ruolo attivo nell’Associazione Panificatori Milanesi.
Milano non ha più la stessa memoria, lo sappiamo bene. È cambiata molto, nel bene e nel male. Una delle cose che secondo noi è negativa è la perdita della tradizione e della semplicità. È inevitabile per una città che è diventata sempre più europea e multiculturale, ma quello della vicinanza e della “milanesità” è un valore oggi sbiadito. Sostituito da un immaginario parodistico quanto mai vanziniano e adatto ai meme che vede il milanese come “l’imbruttito”.
Peccato, la milanesità come la intendiamo e ricordiamo noi è un’altra cosa, completamente diversa e genuina, basata sul lavoro e sulla solidarietà, e sulla conoscenza reale delle persone. Oggi tutto questo lo si comunica o (lo si compra) sui social. Ma entrare dalla “Lomazzi” per certi versi era ed è ritrovarsi dentro una Milano che non c’è più. La Milano del pacchettino con il panino chiuso nella carta oleata senza sacchetto, una Milano che sa ancora de Milàn. È vero che bisogna rinnovarsi ma è anche vero che non bisogna dimenticare, questo è l’insegnamento che secondo noi lascia Luisa. Ciao Luisa e buon lavoro a chi porterà avanti.
P.S. in questo periodo non sappiamo se la notizia gira nelle pagine di quartiere ma sarebbe bello che qualcuno ci andasse a prendere due panini.”
Luisa Lomazzi, una delle prime donne panificatrici a Milano
Nata a Rovigo 80 anni fa, Luisa Lomazzi aveva aperto il suo negozio in via Padova megli anni Cinquanta. Uno dei primi a conduzione femminile.
“Luisa e io abbiamo collaborato per anni agli eventi di Emergency in via Dante, dove offrivamo ai cittadini pane e focacce di nostra produzione per raccogliere fondi da destinare ai progetti,” racconta Milena Pizzocchero, che con Luisa è stata la prima donna far parte del Consiglio di Associazione Panificatori.
“Insieme abbiamo partecipato anche alle due edizioni della grande manifestazione benefica “Pane in Piazza” in piazza del Duomo. Ad unirci era il grande amore per il nostro lavoro, capace di plasmare l’alimento che più di tutti rappresenta la pace e la speranza. Luisa è stata la compagna con cui ho condiviso tante fatiche e altrettante soddisfazioni ma soprattutto un’amica indimenticabile. Rimarrà nei ricordi e nei pensieri di tutti noi per sempre.”
La signora Lomazzi lavorava ancore, dopo 60 anni e passa, nel suo panificio, che è ancora aperto, grazie al lavoro delle due commesse.
“Nonostante l’età avanzata, aveva ancora le ‘mani in pasta’ come quando aveva iniziato all’età di 18 anni,” racconta uno di loro, Annalisa. “Amava il suo lavoro e portava avanti le sue idee di prodotti da forno realizzati con prodotti genuini, seguendo ricette tradizionali, e non accettava proprio di vendere prodotti preconfezionati.”
Il nome di Luisa va a unirsi, in un immaginario “Pantheon” dei panificatori milanesi, a quello di Gianni Bernardiniello, detto Berni, deceduto anch’egli per Covid nel novembre 2020.
[Link, immagini: MilanoToday, la Repubblica Milano]