Davide Oldani prepara un laboratorio per il nuovo D’O e investe in ricerca
Lo Stato investe poco nella ricerca alimentare e nutrizionale e i ristoranti pensano da soli a colmare questo gap.
Lo fa Davide Oldani che, tra una stella Michelin, il D’O, vari progetti in canna e qualche programma televisivo, al futuro della cucina ci pensa ogni giorno.
Per questo motivo l’inventore della “cucina pop” è intervenuto a “Le Lezioni sul Progresso – cosa mangeremo sulla Terra quando saremo 10 miliardi?“, dibattito organizzato dalla Fondazione Telecom Italia al Teatro Palladium di Roma. Sul palco il genetista vegetale membro dell’Accademia dei Georgofili, Michele Stanca, e – appunto – Davide Oldani, moderati da una raggiante Natasha Stefanenko di nero vestita.
La serata, che fa parte di una serie di appuntamenti preparati da Telecom con lo scopo di diffondere la cultura scientifica fra i più giovani, è stata inaspettatamente educativa. Che noi italiani fossimo melodrammatici, lo sapevamo già, ma che gli organismi geneticamente modificati (OGM) rappresentassero un’innovazione che può essere usata per rispondere ai cambiamenti climatici e al loro effetto sulle coltivazioni dell’uomo – forse – lo ignoravamo in tanti (e sì, mi ci metto in mezzo anche io).
Usati molto spesso con un’accezione negativa, gli OGM invece possono non solo moltiplicare la resa dei raccolti, aiutando a sfamare i 700 milioni di persone che oggi soffrono la fame (e più in generale la popolazione crescente), ma possono persino trasformarsi in uno strumento utile a combattere le malattie di vegetali e animali.
Tuttavia “per me le nuove tecnologie in cucina sono le camere di lievitazione, i forni ventilati statici o trivalenti e il sottovuoto, che influiscono poco su un prodotto OGM, che più che definire tecnologico lo definirei il frutto di uno studio, di scienza. Sono prodotti già presenti sul mercato e che si tratti di fragola, tartufo o altro…devo essere onesto…non sono ancora pronto a mangiarli. D’altronde la mia cucina è definita ‘pop’ perché ogni cosa che cucino ha un nome per poter essere riconosciuta. Parlo di cucina italiana, di ricette del territorio e di prodotti di qualità. Non sono abituato a parlare di prodotti non stagionali, né di prodotti poco buoni o difficilmente accessibili”, ha spiegato Davide Oldani.
Sul versante culinario si è parlato di insetti, di pastiglie che possono donare al corpo umano tutto il fabbisogno necessario, “come ipotizzava Marchesi nel lontano 1985”, spiega Oldani.
Ma, soprattutto (sì, dai, è un appello anche a voi lettori), di sprechi.
“Non è vero che ci sono troppe persone e poco cibo. Il cibo c’è e anche tanto, ma ne va sprecato troppo. Perciò una delle questioni di cui dobbiamo farci carico tutti è proprio relativa allo spreco. Non dobbiamo stressare la terra producendo più di quanto ci serve. Inoltre se non producessimo più di quanto ci serve, riusciremmo a consumare esclusivamente cibo fresco: cosa che però non sempre avviene. Mangiare un qualcosa di non fresco significa ammazzare l’uomo: non si avrebbe lo stesso apporto organolettico di un prodotto fresco”.
Quale sarebbe il rimedio, secondo Oldani? “Andrebbero porzionate e studiate meglio le quantità da coltivare per non causare una sovrapproduzione”, ha spiegato dal palco insieme a Michele Stanca. “Anche perché quando saremo dieci miliardi, qualcosa dovrà cambiare”, chiosa quest’ultimo.
La sfida del futuro è legata al terreno microbiologico: a 40 centimetri sotto terra e in uno spazio di poche decine di metri ci sono oltre 70 quintali di microrganismi.
Un aspetto, quello della ricerca sul terreno, sul fabbisogno nutrizionale e sui cibi sani, che hanno toccato particolarmente anche ristoratori e chef. “Io credo che tra qualche anno si potrà parlare di un periodo ‘pre-Expo‘ e di un periodo ‘post-Expo‘ – ancora Oldani che ha portato un risotto dedicato nel suo piccolo padiglione – nel senso che questa Esposizione Universale ha dato una scossa a temi importanti come la sostenibilità e il vivere sano”.
“Per questo, da privato, investo l’8-10% nella ricerca e nello sviluppo. Il mio ristorante sarà presto affiancato da un laboratorio che studierà la qualità delle materie prime e la stagionalità dei prodotti: in base a queste si definiranno i piatti che finiranno nel menu. Bisogna rispettare la produttività della terra, le stagioni e il clima: tutto questo determina il futuro del nutrimento dell’umanità”.
E voi cosa pensate mangeremo in futuro? Insetti, OGM, pastiglie o i piatti dei trisavoli?