Diario di Sicilia. Il tempio del gusto di Pino Cuttaia
Sicilia, terra magica e ricca di tesori. Tanto apparentemente isolata quanto meravigliosamente immersa nella storia e nella cultura. Oltre alle numerose proposte in campo gastronomico, sono immancabili per un buon viaggiatore, le escursioni nel panorama artistico. Dalla residenza a Menfi la prima tappa obbligatoria è la Valle dei Templi di Agrigento, testimonianza dell’antica dominazione ellenica e patrimonio dell’Unesco. Passeggiando tra i resti delle colonie greche nel tardo pomeriggio, la mente si lascia trasportare in un viaggio dove il tempo sembra fermarsi, regalando momenti unici. Si attraversano rapiti da tanta bellezza, il tempio di Ercole, quello della Concordia e il Giardino della Kolymbetra. Mentre il sole tramonta tra le imponenti colonne, lo spirito gourmet comincia a farsi largo (insieme ai primi segnali di fame). Proseguendo sulla costa mi diventa irrinunciabile la tappa a Licata, impaziente di perdermi nei sapori del noto ristorante La Madia.
L’accoglienza di Pino Cuttaia. Il viaggio si rivela lungo ma piacevole, come piacevole è l’ospitalità nel bel locale dello chef Pino Cuttaia. Pino è un personaggio straordinariamente cordiale e singolare. Lo si nota subito all’entrata, intento nel bel gesto di aprire personalmente la porta per poi accompagnarti al tavolo. La sala interna è piccola ma accogliente. Pochi coperti ed una semplice ma curata mise en place sono ben supportati da un sottofondo musicale. L’altra gradita particolarità dello chef è quella di occuparsi direttamente delle ordinazioni insieme al capo sala, cercando di venire incontro alle esigenze ed ai gusti del cliente, descrivendo con cura le caratteristiche dei piatti della carta. Nel mio caso, armatosi di eccezionale pazienza, Pino ha costruito un ricco percorso in grado di includere sia le proposte del menu degustazione creativo (con i piatti più recenti del locale) sia quasi tutte le preparazioni del menu classico, con i piatti storici del ristorante. Il servizio pur mantenendosi preciso e professionale si dimostra allo stesso tempo molto “familiare”.
La cucina di Cuttaia è costruita su sapori semplici ed immediati. Il lieve ritardo nella consegna del pane è ben ripagato dalle squisite tipologie della casa servite e rifornite più volte nel corso della cena: pizza bianca e al pomodoro, pane alle cipolle, al sesamo, pane con pistacchi, fichi secchi e mandorle, mini-sfilatino sfogliato e grissini ancora caldi. Il tutto accompagnato da un sale di origine vulcanica ed un eccezionale olio extra vergine Mandranova di oliva Biancolilla, dal profumo intenso e dalle note ben fruttate. La cucina di Cuttaia è costruita su sapori semplici ed immediati, dove tecnica e territorio si fiancheggiano alla perfezione, regalando spesso emozioni inaspettate. Lo chef autodidatta ci rivela che per lui è stata fondamentale l’esperienza formativa in Piemonte, tanto da sottolineare che non avrebbe mai potuto aprire un locale di questo stampo da semplice siciliano, senza prima acquisire la precisione e le metodologie di lavoro tipiche della ristorazione del nord Italia.
Gli antipasti: da non perdere il merluzzo. Il benvenuto testimonia subito l’abilità creativa dello chef: una mozzarella di bufala destrutturata e lavorata con una minima aggiunta di panna, poggia su una cialda di pane croccante seguita da panzanella al pomodoro pachino e salsa al basilico. La parte destrutturata viene inoltre ricoperta da una sottile pellicola realizzata con il latte della mozzarella stessa. Tripudio assoluto di freschezza, profumi e consistenze. La lunga serie di antipasti comincia all’insegna della delicatezza, con il mare a fare da protagonista. Il “Battutino di crostaceo, maionese di bottarga di tonno e olio al mandarino” esalta splendidamente la qualità della materia prima ben bilanciando la dolcezza del crostaceo con la particolare e saporita maionese di bottarga. Le note agrumate con la loro rinfrescante acidità, infine, completano il piatto. Ed ecco una preparazione simbolo del ristorante, che racchiude un elemento chiave della cucina di Cuttaia: la memoria. Il “Merluzzo all’affumicatura di pigna, condimento alla pizzaiola” rievoca i momenti della gioventù di Pino, che riesce a costruire un piatto di altissimo livello dove tutti gli elementi rendono il gusto protagonista assoluto. Semplicità che riesce a stupire: dal delicato letto di patate su cui poggia il pesce affumicato alla puntuale presenza di capperi, olive e pomodorino, tutto è al proprio posto; non serve altro.
La soddisfazione del cliente attraverso il mare. “L’importante è saper dosare creatività, tecnica e tradizione mantenendo sempre i piedi per terra per lasciare spazio ai sapori. La realizzazione del piatto non deve mai rimanere solo fine a se stessa, ma deve essere in grado di soddisfare il cliente, appagandolo e regalando emozioni ad ogni assaggio”. Parole inattaccabili, che avevo già in parte sentito da un “modenese” di passaggio a Roma e che si ritrovano nel terzo antipasto della serata: “Parmigiana riveduta e corretta alla moda della Madia”. In una coppa Martini lo chef propone a strati gli ingredienti della classica parmigiana scomposti e rielaborati in veste creativa, servendo il tutto freddo quasi a mò di dessert quasi per ricollegarsi all’usanza popolare di consumare la preparazione anche il giorno dopo per apprezzarne meglio i sapori. Sensazioni che divertono e stuzzicano il palato con grande equilibrio, dalla crema di melanzane con cubetti di pomodoro alla spuma di parmigiano sormontata dalla melanzana croccante. Il mare torna ad imporsi nella portata successiva, dove già il nome è sintesi perfetta del piatto: “Sapore di mare… Sapore di sale”. Accostamenti insoliti, ma sapientemente dosati, allietano e stupiscono ad ogni boccone riportando un’armonia sconvolgente di consistenze e sapori. Fondo di latte di mandorla, cedro candito e vongole con il loro sugo abbracciano in un valzer di freschezza salina “tagliatelle” di seppia e zucchine. Pura estasi marittima. Si conclude l’esaltante ciclo di antipasti con lo “Spiedo di polpo verace, crema di ceci e salsa al rosmarino”. Preparazione che si contraddistingue per il carattere nettamente più deciso, dove la tecnica concede maggiore spazio al gusto mantenendo comunque un ottimo risultato.
I primi piatti e l’Uovo di seppia. La rotta della cena prosegue in alto con un bel crescendo di primi piatti. Il “Cannolo di melanzana perlina in pasta croccante con ricotta, pomodorino e ragusano dop”, splendida rivisitazione della pasta alla Norma, dove persino il semplice sughetto di pomodoro riesce ad emozionare il palato, si passa a due portate indimenticabili, manifestazione assoluta della grande tecnica dello chef. Il “Raviolo di calamaro ripieno di tinniruma di cocuzza e salsa di acciughe” esplode golosamente in bocca con un equilibrio eccezionale tra le note tendenzialmente dolci della farcia (realizzata con i germogli della pianta della zucchina) e la sapidità del condimento. Sorprendente il calamaro lavorato alla perfezione a mo’ di pasta ripiena, con la cicala di mare poggiata sopra a completare un piatto da bis. Arte, memoria e creatività si fondono poi magistralmente nell’ “Uovo di seppia”. Dalla classica ricetta della seppia ripiena di pomodoro, Cuttaia elabora un gioiello che difficilmente dimenticherò. Il pesce viene abilmente cotto con albumina come fosse un uovo, con il tuorlo interpretato dai tentacoli della seppia stessa diversamente lavorata. Il tutto accompagnato da un meraviglioso cuscus al nero portato a cottura con il sugo della seppia e condito con pomodoro fresco. Si torna alla tradizione nei due primi conclusivi. Delizioso l’omaggio a Trapani nel “Raviolo estivo, ricordo del pesto trapanese”, in cui Pino racchiude due tipiche preparazioni della città siciliana. La sfoglia di pasta, tirata alla perfezione, ospita un profumatissimo ripieno di pesto alle mandorle e pomodoro, su di essa poggia una tenera gallinella che per usanza locale viene accompagnata da chips di patate tagliate a julienne, conferendo al piatto l’elemento croccante.
“Solamente” molto buono nel finale l’ “Arancino di riso con ragù di triglia e finocchietto selvatico”, che lascia qualche perplessità sull’amalgama interno del risotto. Lo chef mi confermerà infatti che la cottura in forno non lo soddisfa pienamente e verrà in futuro sostituita dall’impiego dell’azoto.
Secondi di terra e di mare. Merita sicuramente uno spazio anche il capitolo secondi, con uno strepitoso “Maialino dei nebrodi con lenticchie nere” e lo “Spada su carbonella di mandorla”‘ in grado di sciogliersi meravigliosamente in bocca. Quest’ultimo, paragonato scherzosamente da Cuttaia ad un’anguria (non si sa mai come è dentro finché non lo si apre), viene inizialmente cotto a bassa temperatura, conferendo al pesce una consistenza strepitosa, e poi terminato sulla griglia con le mandorle in veste di brace intente a sprigionare le loro note aromatiche. Contorno perfetto per il trancio di spada si rivelano le patate cotte sotto la cenere con olio al timo e cipolle agrodolci.
I dolci e una granita indimenticabile. Non c’è neanche il tempo di riprendere fiato che in tavola arriva un eccezionale pre-dessert, ennesima esaltazione della semplicità: una tradizionalissima brioche col “tuppo” fatta in casa da farcire con una granita di limone che da sola vale il viaggio! Giunge dolcemente al termine il mio lungo percorso tra i piatti dello chef, con un buon tiramisu in coppa, realizzato con gelato al caffé, ed una commovente “Cornucopia in cialda di cannolo ripiena di ricotta, marmellata all’arancia e gelato al Marsala” (rivisitazione del celebre dolce isolano) che mi strappa un sorriso appagato a fine pasto. Potrà sembrare esagerato paragonare l’arte espressa da Pino nella sua cucina con i monumentali resti dorici contemplati nel pomeriggio, ma di sicuro vale la pena di arrivare a Licata, al di fuori di qualsiasi circuito turistico, per lasciarsi emozionare dalle abili mani dello chef nel tempio del gusto chiamato La Madia.
Ristorante La Madia. Corso F. Re Capriata, 22 – Licata (Agrigento). Telefono: +39 0922.771443
La foto di apertura è di Davide Dutto.
[Il ritratto di Pino Cuttaia tratteggiato da Nicola Massa, frequentatore della tavola siciliana da tempo, è stato pubblicato in questo stesso mese.
Le prossime puntate del Diario di Sicilia di Lorenzo Sandano riguarderanno (2) la cucina tradizionale di Maria Grammatico e di Nino Bentivegna e (3) il cibo da strada]