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25 Ottobre 2010 Aggiornato il 13 Febbraio 2011 alle ore 18:02

Eataly, tutti in fila per la spesa a New York

Cerchi qualcosa che sia commestibile e italiano? Vai a Eataly, il Circo Massimo del cibo. E' l'avvio del reportage che il New York Times dedica al grande
Eataly, tutti in fila per la spesa a New York

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Cerchi qualcosa che sia commestibile e italiano? Vai a Eataly, il Circo Massimo del cibo. E’ l’avvio del reportage che il New York Times dedica al grande contenitore gastronomico che ha aperto i battenti il 31 agosto al n. 200 di Fifth Avenue, a New York. Ideale per volenterosi dello shopping, ironizza l’autore Sam Sifton, disposti a faticose maratone pur di non mancare all’appuntamento con le mete della spesa critico-gourmet-trendy nella Grande Mela.

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Ecco, dal 31 agosto il carnet d’adresses dei newyorkesi in pellegrinaggio nei santuari del cibo si è arricchito di un nuovo nome. Dopo Zabars, il negozio di Manhattan visitato da 35 mila persone a settimana o le catene di specialità alimentari Trader Joe e Fairways. Dopo Whole Foods, i negozi di cibo biologico e naturale o i farmer’s market, i mercati degli agricoltori, presi d’assalto dopo l’endorsement della first lady.

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Tra i passaggi obbligati dello shopping dei residenti nel week-end o dei turisti in vacanza c’è ormai anche Eataly. “Enorme ed enormemente affollato”, lo definisce Sam Sifton dalle colonne del New York Times, “5000 metri quadrati tra ristoranti, pescivendolo e macellaio, un bar espresso, un negozio di vini, uno di formaggi, una ‘macelleria vegetariana’ (dove puliscono le verdure comprate a Eataly n.d.r.), una scuola di cucina, un negozio di accessori per la cucina e molto altro”.

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E fin qui tutto bene. Poi arrivano le domande maliziose. Eataly è un luogo del vendere che conquista la fascia medio-alta della Grande Mela? O è un grande “rivenditore di massa” che fa leva sulla fama dei suoi soci più famosi, come gli chef-star Mario Batali, Lidia e Joe Bastianich? E ancora: Eataly tocca le corde di chi è alla ricerca di cibo a km 0 o inquina più degli altri con la sua pasta e i suoi prosciutti trasportati dall’Italia? La risposta è si, Eataly è tutto questo contemporaneamente.

Su un aspetto il giudizio del New York Times è netto. “La fila è pazzesca. E siccome non c’è nessuna fontana della giovinezza ma solo generi alimentari, un’attesa di mezz’ora per entrare in un  negozio non è giustificata”.

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Poi inizia il viaggio nell’affollato mondo di Eataly. Cominciando dai ristoranti. Del ristorante dedicato al pesce, l’autore segnala che “trovare un tavolo è difficile perché non sono ammesse prenotazioni, perché lo chef è Dave Pasternack e i suoi crudi, le sue sardine affumicate e i fritti di pesce valgono una visita”. Senza prenotazione anche Le Verdure ma qui è più facile sedersi, “forse perché si servono solo verdure”.

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Chi ultimo arriva, male alloggia è la formula anche del ristorante La Pasta (“eccellenti i piatti di pasta cucinata alla Batali”) e della Pizza dove “veri pizzaioli Napoletani” cucinano in un forno napoletano “portato qui da Napoli, probabilmente a pezzi”. Il consiglio, per evitare di aspettare un’ora e mezza, è di arrivare alle 11,30 per pranzare e alle 17,30 per cenare. Sconsigliata ai troppo bassi una sosta a La Piazza dove il piano appoggio per assaggiare salumi e formaggi italiani è stato pensato per avventori (e personale) almeno nella media.

Giudizio molto positivo sul Manzo (finalmente prenotabile) per “l’eccezionale lista dei vini”, il servizio più che ottimo, la varietà dei piatti (soprattutto carne) proposti dallo chef Michael Toscano, già al Babbo di New York. Come l’ottimo vitello affumicato al fieno o gli agnolotti (“persino migliori della versione proposta al ristorante La Pasta”). Il consiglio è di andarci almeno una volta anche se la posizione del ristorante è infelice (troppa confusione, vicino com’è alla scuola di cucina e al pescivendolo).

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E’ la spesa, secondo Sifton, il vero punto di forza di Eataly (lo è nelle intenzioni dei suoi proprietari). Ecco i motivi: “L’assortimento di pasta è straordinario, forse senza paragoni a Manhattan”; “ci sono le ottime salse confezionate di Batali o i sublimi ingredienti per prepararsi a casa la salsa con i barattoli di San Marzano; ci sono il peperoncino, i carciofi marinati, le acciughe salate e altre bontà italiane”. C’è “il pane buono dietro il forno” e c’è il cioccolato.

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Pollice verso invece per Pat LaFrieda, il gioielliere della carne che impazza nei ristoranti di Manhattan (“Troppo costoso”) mentre nell’area, un po’ stretta, dedicata alle verdure, c’è un “favoloso assortimento di funghi freschi e pomodori”. Senza dimenticare, però, ricorda Sifton, che il mercato di Union Square, a pochi isolati di distanza, non ha nulla da invidiare a Eataly (ma “a New York c’è sempre un alternativa!”).

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L'”Eatalian” shopping tour proposto dal New York Times per glissare sulle interminabili file e portare a casa una busta della spesa gonfia di bontà italiane parte da Lavazza per un espresso, prosegue per un acquisto di paccheri di Gragnano, salsicce e pane al prosciutto. Altra tappa sono i negozi sul lato che costeggia la West 24th Street per fare scorta di salse, condimenti, olio e mozzarella (salsa di pomodorini niente male). Proseguendo in direzione sud, verso la West 23rd Street, ancora uno stop alla macelleria vegetariana e per comprare basilico. Il tour si conclude con una bibita a La Nostra Gazzosa e con una capatina al negozio di vini. Magari per un dolcetto che “dovrebbe andar bene con la pasta”.

Foto: passportsandplacemats.blogspot.com, Nicole Bengiveno/The New York Times, psfk.com, viniesapori.com, glenwoodnyc.com, media2work.net

[Fonte: New York Times]

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