Gambero Rosso, no grazie. Perché guide e classifiche sono criticate
72 gelaterie hanno i Tre Coni della nuova guida del Gambero Rosso 2025, anzi dovremmo dire 71. Durante la premiazione che si è svolta al Sigep, Stefano Dassie dell’omonima gelateria Dassie Vero Gelato Artigiano di Treviso ha deciso di rinunciare al premio.
E ne ha dato annuncio social corredando il testo con l’immagine dell’Intelligenza Artigianale che mette la croce sui Tre Coni.
Il motivo, meglio, l’accusa sono i criteri di valutazione ritenuti poco chiari e trasparenti. E lontani da logiche che rispecchiano i valori del vero gelato artigianale. Ecco il testo integrale.
Tre Coni, no grazie: il post della gelateria Dassie
Un messaggio dal cuore di DASSIE Vero Gelato Artigiano
Durante la premiazione dei Tre Coni del Gambero Rosso, ho preso una decisione importante: ho rinunciato al premio e ho chiesto di non essere più inserito nei futuri sistemi di valutazione.
Questa scelta nasce da una profonda riflessione.
Sono grato al Gambero Rosso per la motivazione che ci ha spinto a migliorare anno dopo anno, ma credo fermamente che il nostro settore meriti criteri di valutazione più chiari e trasparenti, lontani da logiche che non rispecchiano i valori del vero gelato artigianale.
La qualità, l’etica e la passione che mettiamo ogni giorno nei nostri gelati parlano per noi. È con questa dedizione che continueremo il nostro cammino, fedeli ai valori che da sempre ci guidano.
Grazie a tutti voi che ci sostenete e credete nella nostra visione.
Restate sintonizzati per i prossimi aggiornamenti: il futuro del gelato artigianale inizia da qui.
Il rifiuto di premi, guide e classifiche
Dassie non è il primo caso né probabilmente sarà l’ultimo a manifestare dissenso per premi, guide e classifiche. Si va dalla storica richiesta di Gualtiero Marchesi alla Guida Michelin al divieto di ingresso per gli ispettori della Rossa affisso alla porta del lussuoso ristorante aperto da Marc Veyrat a Megève in questi giorni. L’estate scorsa ha tenuto banco la rinuncia alla stella Michelin del ristorante Il Giglio di Lucca con seguito di polemiche e discussioni.
La Guida Michelin è probabilmente la più bersagliata. Nonostante un sistema di valutazione ermetico che prevede anonimato degli ispettori (e del direttore Sergio Lovrinovich), pagamento del conto, 3 prove tavola ravvicinate nel corso dell’anno per assegnare (o togliere) la stella.
Anche il Gambero Rosso ha ricevuto il suo divieto di ingresso per la guida alle pizzerie. Il cartello lo affisse Gabriele Bonci alle vetrine di Pizzarium a Roma (correva l’anno 2011) che ha contestato anche 50 Top Pizza. Almeno fino a quando non è diventato numero 1 dell’asporto (dalla posizione 51 della classifica generale).
Tra l’altro, la Guida alle pizzerie del Gambero Rosso era nata dalla contestazione dei pizzaioli napoletani che protestavano contro l’inserimento di un’unica pizzeria nella guida ristoranti (siamo nel 2012). Quella di Simone Padoan in Veneto e l’esclusione delle pizzerie di Napoli, culla della pizza. E non molto d’accordo sulla classifica è stato in un paio di occasioni (2019 e 2024) anche Francesco Martucci.
Ma sono oggetto di critiche anche tutte le altre guide che costellano l’anno gastronomico con uscite a ripetizione e premi speciali. E ovviamente le classifiche come 50 Best Restaurants e 50 Top Pizza. O i campionati, da quello mondiale del Pizzaiuolo a Napoli a quello di Scatti di Gusto delle pizzerie in Campania.
Le accuse e il malessere per tutto quello che classifica
Il mondo della ristorazione è diventato tutto un mio: la mia cacio e pepe, la mia margherita, il mio gelato al cioccolato. Classificare, non in senso di stilare una classifica ma di classificare un tipo di proposta gastronomica – tradizionale, creativa, contemporanea – è già visto con il fumo negli occhi. È il contrario di quanto proposto dallo storytelling dai soggetti che producono piatti. L’egocentrismo è alla base delle necessità virali dei social. L’imperativo è distinguersi, non confondersi in una massa che si inscrive in un filone. La conseguenza diretta riguardo a guide, classifiche e campionati è che chi vince o è premiato esulta, chi è escluso o perde critica. Ma il sistema, non i colleghi di lavoro perché Canis canem non est (anche se ci sono anche le eccezioni).
Quindi, i cattivi sono quelli che curano guide, stilano classifiche, organizzano campionati. Si è contro il sistema percepito non come insieme di regole ma come meccanismo per ordire complotti a danno di un ristorante, una pizzeria. O appunto una gelateria inserita in Guida.
Perché non si crede a classifiche e campionati
Le motivazioni sono più o meno identiche.
- Opacità dei criteri di valutazione
- Segretezza dei risultati
- Conflitti di interesse
- Influenza degli sponsor
- Incapacità dei giudici
Ma sarebbe come contestare che il voto dei cittadini sia segreto o che le operazioni di comunicazione dei soggetti giudicati non dovrebbero esistere al pari dei social. E della voglia di emergere di chef, osti, pizzaioli, gelatieri. Che hanno la loro personale classifica che li vede in testa.
E cosa dovrebbe fare una guida, una classifica, un campionato? Essere semplicemente credibile perché la verità assoluta non è di questo mondo. Il che vuol dire – terra terra – che un secondo in classifica potrebbe essere primo o terzo. Ma non sicuramente quindicesimo date le premesse di un regolamento interno. Difficile crederci dall’altra parte della barricata. Ma di una cosa si può essere sicuri: “Classificheremo baby, classificheremo”. Anche nel 2025.