Pizza. Impasto gourmet vs romano con tendenza napoletana
Pizza, pizza gourmet, pizza italiana, pizza napoletama. Quante declinazioni conoscete oltre a pizza buona e pizza cattiva?
Se dovessimo dividere il mondo dell’impasto lievitato e condito con un topping, potremmo portare ad esempio due pizzerie che seguono strade diverse e che si sono incontrate a Roma.
Eccole.
La Gatta Mangiona di Roma con la sua interpretazione tendenzialmente napoletana e non solo per Dna del patron Giancarlo Casa.
‘O Fiore Mio da Faenza di e con Davide Fiorentini e Matteo Tambini.
Due pizze ciascuno in uno scontro – incontro tra filosofie diverse.
Giancarlo Casa parte da un impasto che oseremo definire “normale”. Farina Agugiaro blu con 15% di Solina abruzzese e lievitazione secondo le ricette usuali, ma ovviamente è il manico a fare la differenza.
Il team di ‘O Fiore Mio vanta la consulenza di Beniamino Bilali e dispone anche dell’impasto da idrolisi. Tecnica che, però, in questo appuntamento è rimasta a Faenza. Dei tre impasti, c’è una pizza con grano tenero e un’altra con grano arso.
La sequenza parte con il classico di casa a Faenza, la pizza ‘O Fiore Mio. Impasto di grano tenero macinato a pietra su cui è adagiato fior di latte, burrata di putignano e prosciutto Sant’Ilario 26 mesi. La scuola è quella della “focaccia” ad alta idratazione e lunga lievitazione a temperatura controllata.
Il risultato è una pizza di pane in cui la corretta lievitazione gioca un ruolo molto importante. Le temperature relativamente basse (stimate a 280°C) e il tempo lungo di cottura danno il rapporto del crunch esterno e della morbidezza interna che si allunga dal cornicione al centro della pizza con una differenza di spessore evidente ma non elevata come nella pizza napoletana classica. L’effetto “surmaturazione” da fermentazione spontanea insomma è dietro l’angolo, ma la perizia dei pizzaioli di ‘O Fiore Mio controlla bene. Pizza un filo bagnata nel cuore del cornicione ma molto buona. Addirittura superiore al mio ultimo assaggio in pizzeria a Faenza.
La classica della Gatta Mangiona è la Delicata. Che lo è come una carezza con guanto d’acciaio visto il topping a base di broccoli romaneschi ripassati e coppa artigianale di Vito Bernabei. La teoria della scrocchiarella romana è rivista da Giancarlo Casa che sforna un incrocio a metà via con Napoli. Cornicione poco importante, alveolatura fitta e spessore costante con la croccantezza in evidenza. Una pizza non arrendevole e contraria alla teoria della scioglievolezza ad ogni costo. Gli anni di sperimentazione hanno portato a un impasto che lascia poco spazio alle sorprese e grande differenza la fa il forno (temperatura dichiarata un pelo sopra i 400 ° C). Per vedere una pizza diversa, insomma, Giancarlo Casa dovrebbe virare con decisione sulle alte temperature e cambiare il forno con un napoletano a cupola larga.
Anche la pizza Romana (pomodoro, fior di latte, filetti di pomodoro, acciuga, origano) conferma l’impostazione croccante ma con giudizio delle pizze della Gatta Mangiona. L’impasto di Giancarlo Casa è una base in grado di sostenere topping piuttosto asciutti, come nel caso della Delicata, che abbondanti di liquidi come in questo caso.
L’ultima pizza della carrellata è di ‘O Fiore Mio realizzata con farina di grano arso, quella dei chicchi tostati quando si bruciavano le stoppie. La pizza Tutto fumo niente arrosto propone un topping quattro volte affumicato: scamorza affumicata, patate e cipolle cotte sotto la cenere, ricotta affumicata grattugiata. Cui si aggiunge il fior di latte. E un impasto “fumé” con una quota parte di farina da grano arso che oltre a conferire il colore sembra rispettare l’idea di maggiore secchezza al solo sguardo. La pizza arrivata al nostro tavolo era più asciutta al cuore del cornicione rispetto alla classica e con una alveolatura di maggiore respiro. Segno che i processi di fermentazione reggono meglio al trascorrere del tempo e alle variazioni di condizioni ambientali del trasporto da Faenza a Roma?
In abbinamento 4 vini per allontanarsi dal cliché pizza – birra.
Vi offro, in cambio di una domanda, anche la chicca del supplì con ragù bianco di cinghiale alle spezie di macchia della Gatta Mangiona. Un supplì che arriva da un “impasto” diverso rispetto ai tradizionali supplì di riso. Qui si prepara un risotto impanato, in pratica.
Mentre voi provate a decidere l’impasto che vorreste assaggiare, vi chiedo se avete effettuato confronti tra le pizze delle tre scuole che geograficamente si confrontano (Veneto/Emilia Romagna, Roma, Napoli). Con quali risultati?